Racconti di paglia
di Daniele Boccardi 
collana Millelire - Stampa Alternativa
pp.48, f.to 10,5x14,2 cm

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Scritti a 16-17 anni, quando ancora frequentava il liceo, questi racconti anticipano e svelano temi e stile di Daniele Boccardi, grossetano, morto suicida a 32 anni.
Leggerli significa entrare nel tempo - troppo breve - in cui Daniele ha segnato i confini della sua ricerca: da espistemologo, interrogandosi sui limiti della scienza e da poeta sul senso da dare alla sua vita.


Un autore da riscoprire: Daniele Boccardi
di Elena Brachini - elenabrachini@libero.it

Commentare gli scritti di Daniele è un compito difficile, tanta è l'emozione che accompagna la mia lettura. Per rompere il gelo della pagina bianca e farmi coraggio, ricorro ad una quartina di Angelo Maria Ripellino, che mi è parsa quanto di più appropriato a sintetizzare la sua breve vita e la sua preziosa opera.

Vivere è attendere il sole
nei giorni di nera tempesta,
schivare le gonfie parole
vestite con frange di festa.

Mi piace pensare che il drammatico gesto sia stato dettato dalla volontà di non omologarsi ad un mondo che Daniele sentiva ogni giorno meno suo, ad una visione generale delle cose ormai snaturata, sorda alla sua sensibilità. È come se, da un certo punto in poi, lo scrittore avesse realizzato che non c'era più alcuna materia umana degna di essere testimoniata. In tal senso la rinuncia alla vita di Daniele andrebbe intesa come un congedo triste e al tempo stesso sereno, lungi dal raptus di disperazione: l'unico epilogo, per lui plausibile, del proprio Bildungsroman.
Il Boccardi prosatore è un fedele e poetico cronista della propria vita e dei tempi storici che la ospitano. Le sue pagine sono magistrali per semplicità e per stile, le sue frasi non scadono mai in orpelli e frange. Daniele racconta storie quotidiane che filano via di un sol fiato, ma che sortiscono fastidiose punture nella coscienza del lettore, provocandogli una smania tale da indurlo alla rilettura su un piano ben diverso dalla semplice narrazione dei fatti.
I racconti sono ambientati nella provincia e nei suoi piccoli sottoinsiemi, microcosmi apparentemente sani e tranquilli ma biecamente maligni. Fanno da sfondo a Boccardi l'ipocrisia della scuola (Osservazioni), la comoda e bugiarda intimità delle mura domestiche (Tre piccioni con una borchia), la noia dell'ufficio postale, la supponenza delle forze dell'ordine (Chi la dura la vince). Poco sotto la patina protettiva dell'istituzione, mal celato dietro la normalità della burocrazia e delle regole del quieto vivere, qualcosa stride.
Nella raccolta "Racconti di Paglia" (scritti da Daniele tra i sedici e i diciassette anni) coabitano la freschezza del ragazzino spaesato e curioso del sesso e la saggezza di chi, nonostante l'età, non può fare a meno di andare al fondo delle cose. Il risultato è un "lavoro culturale" (e cito Luciano Bianciardi per affinità non solo geografiche con Daniele) di grande spessore umano e di grande abilità stilistica.
Il racconto qui pubblicato, Esco dal fastidio di casa per pensare…, (datato 1977), pare essere una sorta di dichiarazione di poetica; qui Boccardi, nello spazio di poche righe, dispiega il suo sguardo sul senso dell'esistenza e della propria alterità rispetto a tutto ciò che sta fuori. Il giovane protagonista si dirige con grande agitazione verso la casa di Ketty, una sua coetanea; mentre sta camminando una sorta di epifania lo distoglie dalla sua meta: scorge ai suoi piedi un sasso e si ricorda di averne trovato uno simile da piccolo durante le vacanze in una colonia.
In quella occasione scoprii una verità.
Il babbo, prendendo il sasso che avevo scartato mi disse: "Questo tienilo, ha una macchia bianca". Avevo sempre pensato che le macchie fossero nere. Quel puntino bianco non era scampato ad una colorazione imperfetta. Quella ovvietà fu una rivelazione. Non tutto nasce bianco, e ciò che non lo è non è tinto artificialmente, o sporco.
Per chi, come me, si rammarica di non aver avuto il tempo di conoscere di persona Daniele Boccardi, c'è adesso la concreta speranza, che i suoi scritti possano essere letti da un pubblico sempre più numeroso.

Sul sito: www.stampalternativa.it si possono leggere molti inediti di Daniele Boccardi e scaricare i racconti in formato e-book. Presto il libro con tutti i racconti e le poesie.

[per gentile concessione de "Il Foglio letterario", http://www.ilfoglioletterario.it, e-mail ilfoglio@infol.it]


Daniele e la provincia
di Elena Brachini - elenabrachini@libero.it

La provincia doveva essere un po' tutta così, fosse America, Russia o la nostra città. I fenomeni, sociali, umani e di costume, che altrove sono dispersi, lontani, spesso alterati, indecifrabili, qui li hai sottomano, compatti, vicini, esatti, reali. (Luciano Bianciardi, Il lavoro culturale)

"Uno scrittore dovrebbe vivere in provincia, dicevamo: e non solo perché qui è facile lavorare, perché c'è più calma e più tempo, ma anche perché la provincia è un campo di osservazione di prim'ordine". Ma la provincia di Daniele Boccardi non è più quella di Bianciardi: il fervore intellettuale e i buoni propositi del dopoguerra si sono assopiti e Daniele non ha mai pensato che della cultura se ne potesse fare un mestiere. Lo scrittore massetano, e non si sottovaluti l'importanza che la sua provenienza geografica riveste nelle sue pagine, vive nel tempo e nel luogo della disillusione letteraria; il disagio più grande del Boccardi sta forse nella sua solitudine interiore, nella sua incapacità di farsi capire. Massa Marittima è un insieme perfetto di colori e di odori. L'armonia degli edifici che campeggiano in piazza Garibaldi e l'intimità dei vicoletti che da qui si diramano, incantano il visitatore che, dopo aver esplorato ogni pertugio, si siede spossato sulla scalinata del Duomo a respirare l'aria pungente anche in agosto. Massa, un po' come la "sorella maggiore" Siena, dà l'impressione di essere in sé compiuta, immobile, perfetta, impenetrabile ai più. I racconti sono in gran parte ambientati in luoghi intimi e familiari; Daniele scrive cose semplici, senza usare parole ricercate né lasciarsi andare a narrazioni di eventi straordinari. La vita quotidiana, quella "minima", che a prima vista sembrerebbe non avere niente di accattivante, è il soggetto preferito da Boccardi: così quello che a prima vista può sembrare scontato e banale, acquista nelle sue pagine valore narrativo altamente poetico. Nei suoi personaggi sono riconoscibili uomini e donne del posto e lo stesso vale per i luoghi, i locali, le vie. Ed è questo uno degli aspetti più geniali della sua opera: la fedele e stupefacente cronaca di ciò che ci succede intorno, senza pedanteria letteraria. Massa Marittima è il teatro di molte sue storie e lo è anche della sua vita: leggendo le parole di Daniele ho avuto la sensazione che si sentisse soffocare dalla compiaciuta chiusura della cittadina e dei suoi abitanti. Giancarlo, il padre di Daniele, racconta dei tempi dell'Università e di come nell'arco di quegli anni di studio a Pisa, lo vedesse felice e realizzato come non mai; poi la laurea in filosofia e il ritorno a Massa Marittima. Da allora la lunga e dilaniante ricerca del lavoro mai risolta e il tentativo di omologarsi a un luogo e a una mentalità che non gli appartengono. La provincia per Daniele non è il luogo della calma e dell'appagamento, gli procura piuttosto un senso di claustrofobia, di inadeguatezza, di frustrazione. Non riesco a togliermi dalla testa l'idea che la sfida di Daniele, evidentemente persa, fosse quella di farsi accettare dalla "sua" gente e dai "suoi" posti, sposandone i modi, i ritmi e le chiacchiere, inseguendo la presunta normalità. Dopo aver conosciuto il padre di Daniele ho capito quanto Giancarlo abbia sempre letto nella mente del figlio indovinandone le fobie e i desideri e sono sicura che Daniele riconoscesse in lui un complice fedele e un animo affine al proprio. Ma ci sono momenti in cui non ci si fa.

[per gentile concessione de "Il Foglio letterario", http://www.ilfoglioletterario.it, e-mail ilfoglio@infol.it]