Riccardo Cecchetti

nacqui in un ridente paesino dell'entroterra marchigiano (rozzi e diffidenti figuri, tanto quanto le montagne che lo popolavano, nessuno è mai riuscito a capire che cosa avesse tanto da ridere) e qui ancora oggi, prigioniero, mi dimeno tra rocce scoscese e terremoti da ristrutturare. Sono granata da quando sono nato, a buon conto anche prima. Di tanto in tanto mi trastullo in logoranti vezzi letterari, tutto qui, (..) forse
Per dirla in altre parole mi barcameno tra scritti ed illustrazioni; infida pusillanime letteratura si potrebbe ben dire.

Oblivion

Il caldo della sera, come dire, asfissiante caldo che non cessa di tormentarti tutto qui, forse – discrepanze a basso costo – o magari il più banale pretesto per poter incominciare – passato quel po’ di tempo, appena sufficiente – dicevo passato quel tanto che può bastare per poter ricominciare a leggere qualche cosa, sfaccendato lettore, senza ch’io lo giuri – che questo figlio del mio intelletto – spero tu mi creda – fosse il più intelligente e gagliardo che immaginarsi possa – che immaginar si possa . Parlavo del caldo, credo, specie certe sere – senza che avessimo il tempo soltanto per (…..) asfittico, asfissiante caldo che non cessa di tormentarti ( già ti vedo irrimediabilmente grondante, gentile lettore) – specie certe sere – come lampade incessantemente puntate sul viso, e tu, troppo pigro per spegnerle, continui stremato ad asciugarti con il bordo del lenzuolo, quello che basta per non riuscire più a dormire . – Una mezz’ora, dammi almeno una mezz’ora per farmi una doccia – tutto per un sorriso di troppo – intanto pensavo. Troppo disordine per riuscire ad essere appena più comprensibili – ed il barocco, in certe occasioni, diveniva quasi una necessità (tra la infinite altre) né più né meno di questo caldo. –ritardi ogni volta più pressanti ed ingiustificabili – tanto da ridursi a fare letteratura. E allora a noi, mio gentile lettore, con l’augurio che questo mio diletto figlio possa, in qualche modo, sollazzare le tue insipide serate – detumescenti, asfittiche serate – sudi di nuovo, non è vero? – e di nuovo ritardi, attese imperdonabili, vili e pusillanimi rese.Tutto per un sorriso di troppo, magari anche non voluto - me podras creer, querido lector – senza ch'io lo giuri – esto hijo de mi entendimento – almeno spero, che questo mio figliuolo fosse il più intelligente. Davanti le solite montagne, avide e diffidenti come la gente che le popolava, immutabili desolazioni ad ogni angolo di strada – e colori di giorno in giorno più appassititi – un quadro morente – agonizzante nelle assordante foschia di quelle sere, la stessa di molti anni dopo. Lento soffocare, in una tiepida mattina d’autunno – quadro morente – sempre più avido e sospettoso – la foschia, dicevo, rendeva ogni contorno più vago, e tutto sembrava doversi dissolvere di lì a poco. Tele- sottili tele di ragno sulla mia macchina da scrivere e nastro quasi terminato – Roma costretta ad aspettare – saper rimandare, minuziosamente, senza possibile scarto di errore, ogni gesto, anche il più insignificante – quasi che le tele di ragno potessero andar via da sole, o l’inchiostro del nastro rigenerarsi. Sorprendersi, ogni volta, della propria avvilente ripetitività. Precisione nei dettagli – questo sì – ma ci si stanca, a volte, di descrivere cessi, o grasse, sfatte signore di mezza età – ci si stanca – in ordine di distanza (da destra a sinistra) bicchiere con spazzolino e dentifricio – a coprire lo specchio – collirio antistaminico – scatola di aspirina (non effervescente) – deodorante, dopobarba – tre bic usati. In quel periodo provavo a riordinare – così , tanto per riuscire a tirare avanti, almeno quel poco da riuscire ad alzarsi ad un’ora decente. Sorrisi azzurrognoli di commessi viaggiatori in vacanza – per una volta fermi – in questo rivoltante caldo di fine secolo, e non è per niente facile, ripeto, non è affatto facile pensare a qualcosa di convincente in questi mortiferi pomeriggi alla griglia – alberi che si muovono frementi, tra questo lento nastro- vecchiezza alle porte avvolta in un bluelettrico – di nuovo in questo assurdo terrazzo.

Pound non avrebbe mai pisciato in un lavandino – diresti in ogni caso – dopo serate passate a distruggere tutto ciò che ancora si poteva – macchine comprese – con una certa predilezione per la ruota anteriore destra –pssssssssss – ma che cosa c’è di meglio – dopotutto che pisciare in un lavandino, oggetti posati in ogni dove, senza il minimo rispetto, adagiati lì a morire, e Pound, a buon conto, nemmeno avrebbe guardato dalla finestra – specie quelle sere – troppo lontano. E lui, ormai stanco di anni, appeso in una gabbia che ti scrive i pisan cantos – beauty is difficult – niente, niente di meglio – un vero poeta, lui, che in ogni caso avrebbe capito.

 

Detumescat in pacem

Bagliori della notte precedente, vinci strepitanti vacanzieri soggiorni nel caldosòle eccùlo in panciolle aitròpici, appena impastato di pessimo vino scoppiettante rigùrge. Come dire, recessione che incombe, ogni volta più pressante sui miei pallidi insipidi incubi, forse tutto qui, forse. Rumori di auto a confondere, tutto come qualche tempo fa, o quasi — mia zia, a buon conto, starà ancora dormendo. Numerosi accorrete alla più grande rapina del secolo!! In altre parole sete milioni di autoradio possono bastare per una vita, magari semplicemente per un mese (il solito logorante circolo vizioso della distribuzione delle ricchezza). Si parlava di circolo vizioso, per quello che offre la quota di iscrizione è anche troppo bassa, non che accettino cani e porci, sia ben chiaro — i miei sbarrati occhi assassini a contorcersi alle prime lucidèlsole. Timidamente a schiudersi cristalline maestranze del dilaniato corpo di vecchiezze anticaglie a fremere e aperitivi troppo lunghi. Bum di etilifùmi — fiumi sgorganti fumi — al semplice alzarsi da una sedia, impiantiti a muover inconsapevoli marosi piancìti.

ed ogni rapina

divenne la più grande rapina del secolo, ma di questo sapete ormai tutto.

Dimanièra manicaretti al granvegliòn di fine anno ammanicati accorrete affròtte. Si mangiava delpiù eddelmeno, tanto per farla breve,

si ricomincia!

Svezzati vezzi e puerpere depresse nel torbido pudrido meriggio assolato di sugna del nereggiante autunnale frastuono Scroshhhhhhhhhhhhhh di foglie, alcune rosse alcune no, a frastornare i piuccheleganti invitati.

Da non crederci, davvero da non crederci

Di un volgare inaudito.

E il padreeterno che fa, in tanto ambaradan, intanto?

Sonnecchia panciuto e guardone, eccocheffà. — a ripetersi, quasi autoplagio, oh quale ardire! — lippercaso,

labbra a strofinarsi in tanto assordante frastuono, fu vero amor?

Mariemmonti al terzo piano, il signor Gino e la gran porcona di sua moglie a combinar festini — lo so io il povero cornuto quello che ha dovuto soffrire, non fosse stato per la santa donna della cognata (……!) — dove eravamo rimasti? — veramente non ci siamo mossi di qui — ma era per dire imbecille, con te non si può mai (…….)— come dire, non mi vorrei vedere costretta a cesurare, oaddirittura a non pubblicare dei brani(…..) ,quale ardimentoso sentire, mia dolce signora! Quasi sarcasticamente a titillare le voluttuose fiottanti cosce (e non venite a dirmi — addirmi, una parola sola — che questa non è pungente satira) ribolli di fine stagione, senza saldi però.

"L'oggetto della creazione umana è lo stesso uomo autoctisi non c'è la volontà, già in essere, con la capacità di fare (….) Confusi ce ne stavamo sorseggiando sudicie bevante per pura piaggeria di caffè troppo luminosi, nella ripresa, al sedicesimo, il comunale esplode; Ciccio Graziani si destreggia alla sinistra, il Toro è di nuovo campione d'Italia (16 maggio 1976; Torino vs. Cesena 1-1). Lo so, lo so ,lo so, non ne potete proprio più, non ne potete, ecchecciposso fare, dopotutto io?

Meno dieci, meno nove, meno otto, (………) Bang!!!!!!

e alla finifìne il sparo do una pistola non è che sia poi così diverso da quello di un petardo, tanto basta per approfittarne, sprovveduto maldestro giocattolo, se non se ne toccasse con mano la prorompente efficacia.

Buon anno amore.

Buon anno a te.

E ancora labbra a strofinarsi ed alitosi mai risolte. Fremente incessante carrellata di ricordi ed occhio fuori sincro, tu inarrestabile ad affondar fendenti. — Ma guarda un po' tu cosa vado a pensare, sarà forse la stanchezza, sarà. — Fugaci immeritate notti d'amore, forse, repentini cambi d'umore ed angosce — trepidanti cosce — di colpo a sfocare offensivi turbanti per qualche animo sensibile sparso quaellà. E allora? Non ti resta che interrompere l'insana lettura, gentile lettore. Fu molti, ma molti, anni dopo che la succhiosa principa si decise alfine di ingoiare il pisello (per intero, questo va detto).

FINISTERRE incantati silenti inespressivi ossevavano il desolante vuoto — verigini a perdere — dicevano che era tonda, dicevano — il prodigio, signora mia, ma prima lasciate che vi descriva questo naufragio, da non crederci, proprio roda danòn credere. — Azzurrognoli sorrisi di commessi viaggiatori in vacanza in questa rivoltosa calùra di inizio secolo — Quarantadue gradi, mica roba da scherzarci! Altezzoso saltellante bluelettrico a rarefarsi in fetidi marosi di vento.

Mah, ho preferito defilarmi, tutto qui, a te posso anche dirlo.

 

Tecla dalle bionde natiche

Tunf tunf — stantuffando fiottanti arditi sospiri in fragranza colta di passioni antiche

Cielo mio marito.

Ed ora inizia a raccomandare la tua sbocconcellante anima al padreeterno, laido faccino da troja. — Bang! (lo sparo è lo stesso di qualche riga fa)

Tecla dalle frementi natiche

turgide cosce a stringer costati di camere ad ore. Titolo; la sordida inutile fine della dolce Tecla. — Ancora se ne parla, qui in paese (…..) lui si impiccò in carcere, l'anno dopo credo. Beh, Tecla era veramente qualcosa di speciale e lui un povero idiota. Una così non si sposa. — Rigagnoli sempre più rossomarròn a ricoprire l'ormai inutile capezzolo, pallido fiore reciso di assolati frastuoni di un pomeriggio di agosto Tecla morì nell'ultimo disperato ansimàr d'amore senza preti né prefiche bagnata ancora di notti fugaci. — lacrime spezzate dal rosso di un quartino, — povera la mia Tecla, povera.

E allora?

Cambio di scena. Tanto per finire con un becero straripante moralismo da quattro soldi. Sfrontate movenze di poppute baldracche, finocchi sempre più in voga a maneggiar bevande e telefoni carpòn carponi senza ritegno alcuno. Ecchessivuole dipiù?

 

Mamma ed io si vorrebbe sapere,

Immagina per un istante - gentile lettore - dicevo, immagina, solo per un attimo, che un coccodrillo sia mollemente adagiato sulle tiepide campagne del tuo sonnolento borgo; panico, lancinante panico in crescendo - si è voluto, in questo filmato, amplificare, portare alle estreme conseguenze l'infinitesimale istante nel quale la vittima è ormai inerte carne per il predatore. Ultima, evanescente immagine sono i denti dell'assassino carnivoro, almeno così dicono, tanto da rimanere nella memoria collettiva oggetto di terrificante disgusto. - Tutto bene a casa? Salutami tutti, allora.

continua, continua a fumare, ma non senti quanta gente muore, ne fumassi sette, otto - devi assolutamente portarmi tutta la documentazione massimo entro domani - sinuose montagne — davanti a me che cercano di sedurmi - un pacchetto di Camel morbide, grazie -. Quando pensi di chiamare l'oculista, vuoi forse diventare cieco? io proprio non lo so (……) questo da quando ho quattro anni.

— Hagen: Mr. Woltz, I'm a lawyer, I have not threatened you. Woltz: I know almost every big lawyer in New York, who da hell are you? - allora domani ci vieni a cena, ci siamo praticamente tutti, non fare come al solito che all'ultimo minuto (…….) - stai diventando stronzo ultimamente, non trovi? Mah, che te lo dico a fare, lo so benissimo, sì, sì, contaci, poi come al solito ti divincoli - non ci piove che la tassa sulla spazzatura sarebbe più giusta se calcolata a persona e non a superficie, semplice questione di buon senso - in ogni caso, sempre benvestito, mai una, dico una, cosa fuori posto.

Domenica — tutto detto — o quasi — ma si può sapere come cazzo la pensi? —ed io lì, paralizzato - tutto detto o quasi — vi seppelliremo — un tempo lo credevo, questo sì, e la solita malinconia di certe domeniche — come cerchi alla testa— e queste sinuose montagne, davanti a me che cercano di sedurmi, la solita sottile malinconia di — specie certe sere— come dire — esta es la vida — magari andare a passeggio — specie quelle domeniche — è una questione di tempi tutto qui — ne sono certo a questo punto — velocità alterate — ne potrei anche essere felice — c'è gente che dilapida capitali per poter corroborare appena il suo insignificante sentire no, non mi segui? — ma per te è veramente (…..)? - qualsiasi domanda - credi sia veramente così facile poter rispondere? No, non a questa. ———eh? tu stai lì, con la massima disinvoltura e domandi domandi domandi domandi domandi domandi domandi domandi domandi domandi domandi domandi domandi

[domandi

— scusa sai per caso che ore sono? — !Mavaffanculo

Non era certo stato il migliore dei risvegli, si tirò su mettendosi seduto sul letto, alzò il capo per poi scuoterlo, ripetutamente, un leggero - sebbene insistente - dolore al collo, dover aver dormito male.

perché me la prendo così tanto — deliri da dormiveglia, a buon conto — ma certe sere — specie certe domeniche — anche la più stronza, insignificante domanda — magari fatta da una persona che non esiste — può farti impazzire -questo si - lasciatemi solo -vi prego non chiedo più dì tanto - detestatemi, se volete - non è cosi importante per me -davvero - come questi strani cerchi alla testa - un'aspirina, è proprio quello che ci vuole - no, non è il caso di restare - e nemmeno vi chiedo di seguirmi - me ne torno tra i miei splendidi fogli di carta

qualcuno bianco ed altri colorati — tutto qui — e non si dovrebbe scrivere — specie di domenica troppo amaro per le stanze — e la Malinconia, a volte, degenera in tristezza —questo sì, il tanto che basta per farti diventare un deviante, insopportabile, melenso signore di mezza età, malgrado tu sia, dopo tutto, molto, ma molto più giovane.

AUTOBUS - Diiiio come li odio.

Io sono magro — questo da quando ho quattro anni che lo sono — molto magro - e adoro ascoltare questi rumori - ed ho due, chiodi in una gamba, la cosa mi fa sentire molto Achab - e sono nella mia stanza - o quasi, no sto mentendo - non saprei proprio dirvi dove sono — in ogni caso sono magro, e parlo a vanvera, il più delle volte.

Corleone: Good. (The Don puts his hand on Bonasera's shoulder) Some day, and that day may never come, I'll call upon you to do a service for me. But uh, until that day - accept this justice as a gift on my daughter's wedding day.

Bonasera: Grazie, Godfather.
Corleone: Prego. (in italiano nel testo)

il volatile pianta grane, il volatile si attarda, zoppica qua e là, si posa, si addormenta perfino e ronfa.

Decise di non toccare più una goccia di pernoud per il resto della sua vita - un'aspirina, grazie.