Antonio Colangelo

alias Nebbius, è nato a Stigliano (Mt) ed è studente presso la facoltà di scienze politiche dell’Istituto Universitario Orientale di Napoli.
Ha 22 anni produce (e beve) dell’ottimo vino, suona la chitarra a mo’ di Hendrix…. e divora
continuamente tutto ciò che Bukowsky ha pubblicato.

IL FUOCO DI Nebbius

Carmine se ne stava lì, seduto, davanti alla macchina da scrivere, consumata e impolverita, a sorseggiare un bicchiere di vino rosso. Il direttore del giornale locale gli aveva chiesto, per cinquecentomilalire, di scrivere un articolo sulla (per la ) festa del partito. Gli sarebbero servite per pagarsi i debiti del bar ed il motel dove si scopava una studentessa. Carmine odiava insegnare. Odiava essere "il professor Greco". Gran parte delle mattine andava a scuola stanco e incazzato, nelle assemblee pomeridiane, per lo più, era anche ubriaco. Finì il bicchiere e se ne riempì un altro. Infilò il foglio nella macchina e si accese una sigaretta. Si mise ad osservare il fumo ; la luce giallastra della bajour sembrava colare sempre di più mentre le ombre degli oggetti avanzavano lentamente sul tavolo. Si rese conto che era troppo beatamente ubriaco per sprecare il suo tempo in puttanate del genere, così finì il bicchiere e decise di abbandonarsi al sonno, rimandando il tutto al giorno seguente. Spense la sigaretta e si avviò verso il letto, si tolse i vestiti e rimase in mutande, si grattò il culo, caricò la sveglia e cadde di peso. Il mattino seguente squillò il telefono, alle sette e venti, prima della sveglia. Non aprì gli occhi . Il telefono continuò a squillare . Con gli occhi ancora chiusi cercò di afferrare il telefono e urtò una bottiglia di birra che cadde a terra e si ruppe . La stanza era ancora buia, le tapparelle basse e puzzava di chiuso. Colpo di tosse e rispose : "Che cazzo vuoi ?" con voce roca . "Carmine, sono io, Laura, ti ho svegliato ?" "Si" rispose, masticandosi la bocca "come sempre" " Scusami . Anch'io sono sveglia da poco più di dieci minuti . " " Io da molto meno" ribattè seriamente . "Comunque ascoltami" disse Laura "I Miei sono appena partiti e staranno via per tre giorni .Ti và di venire a trovarmi, che ne so, magari stamattina, tanto per cominciare ?" "Si . Ma non vai a scuola ?" "Come ?" disse Laura che non aveva sentito a causa della musica altissima . "Ho detto di si" "In classe nostra finisci alle undici e mezza, potresti venire subito dopo, se non hai altre ore di lezione" "Non lo so, non mi ricordo, a dire il vero non mi ricordo neanche cosa insegno" "Nemmeno io, se è per questo" rispose ridacchiando Laura . "Non stò scherzando" disse Carmine . "Più che un insegnante, infatti, sei un educatore, un pedagogo dionisiaco". "Si, è vero . Il mio motto è educane una e ammazzane cento ". " Infatti . Ami troppo te stesso anche se fai il comunista " "E' vero . Amo troppo me stesso ed è per questo che sono comunista " "Sai sempre rigirare la frittata, vecchio stronzo, eh?" disse Laura alzando il tono . "Soprattutto quando mi friggono le uova a prima mattina" rispose con voce pacata . "Vaffanculo" disse Laura accompagnando con un leggero riso "Comunque sia io ti aspetto alle undici e trenta a casa mia . Vieni e porta da bere" "Certo piccola, ma ora lasciami dormire" "Non chiamarmi piccola, mi irrita" "Ok baby, scusami . Ma sai com'è, ho una certa età ed il confronto con i miei coetanei mi fa venire i complessi paterni" rispose Carmine, accennando un sorriso . "Io non sono tua figlia, ne la figlia di mio padre, ma se proprio dovessi scegliere non sceglierei ne l'uno, ne l'altro" "E chi sceglieresti ? " rispose Carmine, curiosando tra i suoi sogni adolescenziali . "Non lo so, probabilmente mia nonna " "Che cazzo dici ?" "Davvero ! Penso che i vecchi anche se ci tollerano di meno, ci comprendano di più" "Non ho nulla contro i vecchi, anche perché fra non molto lo sarò anch'io e non mi conviene, ma tua nonna è femmina" "Infatti, e questo è ancora meglio" "Perché ?" "Perché la donna non ha bisogno di un padre . Lei sa da quando nasce cosa vuole . Lei esce da ciò che sarà" "Oggi non si direbbe sia così . Forse in un futuro non molto lontano saranno gli uomini a partorire" "Fino ad oggi gli uomini hanno partorito solo mostri" disse Laura con tono un po' più triste "E poi non mi stavo riferendo a quello ma a qualcosa di più primordiale" continuò . "Per quanto mi riguarda, spero solo di continuare a fottere senza soffrire" disse Carmine, un po' stufato della conversazione.

"Tu pensi solo a te stesso ed al comunismo. Non riuscirò mai a capire come concili questi due antipodi nella tua vita" riprese Laura con tono comprensivo e quasi materno. " Il vero comunismo è femmina. Ma non saranno certo le donne di oggi a partorirlo" " Esatto. Io non penso al comunismo, né tantomeno a partorire" ribadì alterandosi Laura. " Appunto" rispose Carmine con tono basso, quasi per non farsi sentire. "Come?" gridò abbassando lo stereo. " Ehm, neanch'io, dicevo. Neanch'io voglio che tu resti incinta, piccola" "Bene almeno su questo siamo d'accordo. A proposito non dimenticarti di comprare i cappucci e, mi raccomando cerca di essere puntuale ed evita di ubriacarti prima, anzi porta da bere, anche se te l'ho già detto prima, e poi è l'unica cosa che non dimentichi mai" "A quanto pare sì" rispose. " OK professore, ci vediamo presto, SMACK" "Non ..." si accorse che Laura aveva attaccato e cascò di faccia sul cuscino, di petto sul materasso; richiuse subito quel filo di palpebre che a tratti era riuscito a tenere aperto e con kla mano sinistra cercò di spegnere la sveglia, prima che suonasse. Ci riuscì; la anticipò e si rimise a dormire brontolando l'ennesimo "Vaffanculo" mattutino. Le stava dicendo di non chiamarlo professore. Anche se detto da un amante poteva essere un complimento. Ma il tono affettuoso ed al contempo affettuoso con il quale Laura si rivolgeva a lui lasciava alludere più ad una presa per il culo piuttosto al fatto che era stato il primo a leccargliela, nonché il più bravo. Ma glielo perdonava. In fondo adorava l'ironia, anche se odiava essere chiamato professore. Non riuscì a dormire, Laura riusciva sempre ad eccitarlo. Si rigirò un paio di volte e decise di alzarsi. Non accese la bajour per evitare che lo accecasse, si infilò le scarpe slacciate, e, passando sopra i vetri della bottiglia rotta che scricchiolarono, sperò in una giornata soleggiante. Non che gliene fregasse molto, solo che a volte stranamente riuscivano a metterlo di buon umore. Tirò su le tapparelle. Era nuvoloso. Sorrise e penso che Laura non scopava poi così male, anche se aveva solo ventunanni. Insomma, quando stava con lei non si sentiva un pedofilo, anche perché Laura non aveva per niente l'aria di una fanciulla innocente. Il suo corpo non era per niente innocente né tantomeno il suo sguardo. Aveva tutti i requisiti per potersela menare, soldi compresi, ma non lo faceva. E poi non si reputava una persona intelligente, per questo in fondo andavano d'accordo. Era la presa di coscienza della stupidità che li accomunava, forse l'unico elemento di lucidità presente nel loro rapporto. Per la maggior parte della gente, tanto, loro restavano comunque la puttana drogata e il comunista alcolizzato. Ma per fortuna a loro questo non interessava, come molte altre cose. Carmine vuotò il vino che aveva lasciato la sera prima ed accese una sigaretta, con i fiammiferi da cucina. Il fuoco illuminò il suo volto e proiettò il riflesso sui vetri della finestra. Si osservò indifferente per qualche secondo, poi spense il fiammifero. Osservò il grigiore aprirsi lentamente in spiragli luminosi, che entravano nella stanza. Bussarono alla porta. Lui sapeva già che era sua madre, la quale controllava se si era svegliato. " Sono sveglio " disse. "Apri" rispose la mamma. Andò ad aprire un po' scocciato e barcollante. Sua madre era una signora piccola e vivace, rincoglionita e schizzata. Aveva due grandi occhi azzurri e lucidi, uno sguardo molto ambiguo che oscillava tra la gioia fanciullesca e la rassegnazione fatalista. Si volevano molto bene anche se non se lo dimostravano apertamente, anzi il tutto lasciava pensare il contrario. " Che puzza" disse la madre. " Hai ragione. E' quello che penso sempre anch'io". "Non fare il cretino" rispose aggrottando la fronte e spalancando gli occhi. "Non rompere i coglioni" " L'ho sempre detto" disse ironicamente la madre " Tu hai sbagliato mestiere, dovevi fare il poeta ..." " E' quello che pensavo anch' io poco fa" la interruppe "Ho un'animo grande e dilaniato" Il sole nel frattempo aveva sconfitto quel grigiore autunnale, e troneggiava nella stanza, quasi fastidiosamente. " ... invece ..." continuò, alludendo, la madre. "Invece sono un professore di liceo, frustrato e fallito? ... Ah Ah" "Invece sei un alcolizzato" " Colpa del materialismo storico, ma le intensioni ci sono sempre state" "Non sembrano belle intensioni " "Molte cose non sembrano belle, eppure sono necessarie" "Tu avresti bisogno d'aiuto" disse la madre rattristandosi, fissandolo, insospettita, negli occhi. " Davvero? Ah Ah Ah Ah" rise abbondantemente. "Hai già bevuto eh ! Ti vedo strano, allegro."

"Non esagerare, Ma!" "Mi stai dicendo che non hai bevuto?" "No, mi stavo riferendo all' allegria" " Figlio mio" ansimò la madre, allungandosi verso di lui e sfiorandogli il viso con la mano. La donna sorrise malinconicamente, si voltò e uscì chiudendosi la porta alle spalle, senza voltarsi. Carmine scuotette la testa, anche lui leggermente malinconico. Spense la sigaretta in una tazza di caffè incrostata con altri mozziconi e si avviò stiracchiandosi verso il bagno. Si lavò i denti e la faccia. Mentre si asciugava il viso vide le legioni del sole avanzare su ogni fronte. Si rigirò verso lo specchio e fissò la sua immagine direttamente negli occhi, senza soffermarsi su altri particolari, insignificanti. Sorrise e uscì allo scoperto.

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Laura riattaccò il telefono. Era in camera sua. Nuda. Stesa su un grande tappeto orientale, nell'angolo della stanza. Sul tappeto c'erano tanti cuscini ricamati disposti quasi a cerchio intorno ad un tavolino cinese basso. Il sole illuminava quasi tutta la stanza ma lasciava in penombra il piccolo harem. Accese una bacchetta d'incenso, aspirò intensamente il profumo che emanava. Chiuse dolcemente gli occhi. Sospirò e ringraziò la vita con un luminoso sorriso. I lunghi capelli neri e luccicanti gli scendevano sui seni. Si stiracchiò, i capelli scesero, esplorando il suo corpo. Laura era fisicamente perfetta, tutti gli uomini che conosco, e anche qualche donna, non ci avrebbero pensato su due volte. Era alta, sinuosa; carnagione olivastra, labbra scure, grandi e carnose, e due gran begliocchi verdi che le brillavano sempre. Sembrava una dea della foresta, perfetta, un sogno archetipale. Aveva lo sguardo selvaggio e spaventato, ma non innocente. Si alzò e si avviò, seminando aria mistica, magica. Il suo corpo danzava ed il suo viso gioiva. Si avvicinò alla finestra, cinque vecchetti che stavano chiacchierando simpaticamente si girarano, sgranarono gli occhi, e sogghignarono con complicità e perversione. Lei non se ne accorse nemmeno. Decise di prepararsi un tè. Passando per il tavolino notò un pezzettino di hashish che gli era avanzato dalla sera prima. Lo prese, sorrise e lo odorò. Cercò anche le cartine ed un cartoncino per fare un filtro. Il cartoncino lo strappò dal pacchetto di sigarette ma non riusciva a trovare una cartina. "Vaffanculo, dove cazzo le ho messe" esclamò mentre frugava sotto i cuscini. " Vabbè ho capito, sacrificherò le riserve". Si diresse verso la mensola, prese un libro, lo capovolse, lo sfogliò velocemente con un mano, mentre con l'altra lo teneva, e caddero sul pavimento un paio di cartine. Ne prese una e si avviò verso l'impianto stereo ed inserì una raccolta di Jimi Hendrix. Digitò la numero sei. " Fire". E cominciò a danzare e cantare. ALLRIGHT , NOW DIG THIS BABY / YOU DON'T CARE FOR ME, I DON'T CARE ABOUTE THAT / YOU GOTTA NEW FOOL, HA / I LIKE IT, I LIKE THAT. I HAVE ONLY ONE BURNING DESIRE / LET ME STAND NEXT TO YOUR FIRE / LET ME STAND NEXT TO YOUR FIRE / LET ME STAND NEXT TO YOUR FIRE / LET ME STAND NEXT TO YOUR FIRE, FIRE, FIRE ... Sbraitava i versi della canzone e volteggiava i capelli nell'aria. Aveva una voce magnifica e cantava benissimo, anche se non ne era consapevole. Sparò il volume a palla e fece, correndo, a braccia aperte, il giro della stanza, danzando. Adorava il blues. Era sofferente, minimale, sincero, selvaggio. Come lei. Ritornò vicino lo stereo e riabbassò il volume, il suo volto si illuminò nuovamente; sospirò, si rilassò. Andò in cucina e mise a bollire l'acqua per il tè. Cercò un accendino, accese il fornello e preparò lo spino. Sorseggiò con calma il te caldo e fumò mezzo spino. Fumava e arrotola con classe. Emanava il fumo dalla bocca e dal naso, che gli si espandeva tutto intorno, delicatamente. Aveva lo sguardo dilatato, aperto, estatico, sembrava stesse respirando fuoco magico. Aprì gli occhi lentamente e decise di andarsi a fare un rilassante bagno caldo con i sali profumati. Adesso che il suo corpo così sensibile e ricettivo, se lo sarebbe goduto tantissimo. Si alzò e si diresse verso il bagno. Passò davanti allo specchio, non si girò. Preparò il bagno, abbondando nelle dosi. Quando lei si immerse lentamente un po' d'acqua e schiuma scivolarono fuori dalla vasca, ma lei non se ne accorse. Era troppo presa da quel morbido calore avvolgente. Il suo viso fu illuminato da un sorriso aperto, e lei si immerse in un sogno caldo, magico, beato. Dopo un'ora si alzò e si asciugò, con gli occhi che si aprivano e si chiudevano, come se stesse ancora godendo. Si avviò, scalza, in camera sua e si infilò un paio di mutandine azzurre, semplici. E una maglietta bianca intima da uomo, del padre. Non se fregava un cazzo del look. Amava sperimentare altre cose nella sua vita, e poi non aveva bisogno di valorizzare in qualche modo ciò che offriva, a questo ci pensavano gli altri forse, a lei non gliene fregava niente. Assolutamente niente. Andò in cucina e prese una mela, la morse senza pietà e ritornò nella sua camera. Non sapeva che cazzo fare, mentre aspettava Carmine, così decise di prendere un foglio di cartoncino abbastanza grande. Distenderlo sul pavimento e cominciare a imbrattarlo liberamente. Stava troppo fuori per pensare di farlo con i pennelli o con la spatola, o con il corpo nudo e magari imbrattata di colori, come fanno le persone comuni. E poi era appena uscita dal bagno e non aveva voglia di imbrattarsi di nuovo. Ci teneva a conservare quella sua purezza. Si girò intorno e vide una boccetta di inchiostro di china color porpora, lo prese in mano. Si girò intorno nuovamente, in cerca di qualcosa che neanche lei sapeva. La sua opera stava prendendo forma già in quel momento là, era un'iniziazione ad un rituale che neanche lei sapeva come ogni volta si sarebbe svolto. Erano le cose che magicamente andavano a lei. Sembrava vivesse in un presente continuo, ed evocasse le cose dal mondo non attimo dopo attimo. Cioè prima, lei non viveva un prima o un dopo. Stava perennemente sulla cresta del mentre. Non era automatismo. Né surrealismo o tantomeno misticismo. Cos'era mi domanderete, allora, giustamente? Era lei, vi rispondo; ma chi non l'ha conosciuta non potrà immaginare mai. Può darsi che in questo momento mi starete prendendo per fanatico. Beh, forse avete ragione, ma non riesco a non augurarvi di incontrare una donna così nella vostra vita, anche se diverrete sicuramente come me. Prese un gessetto, lo sgretolo bene con un temperino e lo mescolò all'inchiostro di china. L'amalgama papposa che ne uscì la fece gocciolare sul foglio nero. Guardava il tutto espandersi liberamente e godeva, godeva tantissimo. Non riuscì a non macchiarsi la maglietta, ma non se accorse e continuò a tenerla. Alla fine guardò soddisfatta il suo capolavoro. Non che lo fosse veramente. Però lei era soddisfatta, questo è l'importante. Non le interessava che lo fossero gli altri, anche se inconsapevolmente riusciva a coinvolgere tutti. Aprì il frigo e prese un campari. Lo mise in un bicchiere conico di cristallo, insieme ad una fetta di limone. Diede un bel sorso, prese il mezzospino, se lo accese e aspettò che il quadro si asciugasse. Fu tentata di continuare ad imbrattarlo. Ma si trattenne. L'esperienza le aveva insegnato che così poteva rovinarlo, e lei era più soddisfatta quando lo metteva nel ripostiglio insieme ai tanti altri, e non quando lo buttava nella spazzatura, senza neanche stracciarlo. Si. Perché non è questo che le importava. Non era l'opera, ma la sua realizzazione che le interessava. Lei godeva, godeva. E sapeva farlo bene, meglio di molti altri che se la menano di spassarsela. Molto meglio. Lei non tirava cocaina, non ne aveva bisogno. Non le interessava minimamente una cosa del genere. Non la prendeva neanche in considerazione, anche se economicamente poteva permetterselo ( e questo voglio sottolinearlo), come poteva permettersi molte altre cose di cui faceva tranquillamente a meno. Janis Joplin era la sua eroina. Qualche canna, vino (odiava la birra) e ogni tanto qualche trip terapeutico in buona compagnia. Non è esistenzialismo, ragazzi. Era colori fluidi che si mescolavano con il mondo. Lenta ma dinamica. Non ferma. La sua goduria non stava nell'essere, no. La sua vita non era un'esistenza. Scorreva triste, armoniosa, annoiata, vitale, paranoica, piena, vuota, rumorosa, silenziosa, viva, morta. Lei scorreva, scorreva e godeva, madonna come godeva.

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Alle undici e mezza il professor Greco uscì dall'aula sorridente, strano. Non aveva fatto lezione, non gli andava. Era stato per due ore a cazzeggiare e sfottere ogni elemento della classe, senza pietà. Quando era di buon umore era curioso, e quando era curioso i ragazzi lo adoravano. Sapeva come prenderli. Le ragazze le adescava con l'ambiguità, i ragazzi li prendeva per le palle. Loro lo adoravano ma non lo ammiravano. In alcuni momenti era come loro, in quei momenti lo odiavano, era antipatico e rompicazzo. Comunque sia non c'era un momento in cui aveva tutti dalla sua parte, in fondo egli non lo voleva nemmeno. Quando faceva lezione, qualche volta, molti lo adoravano, soprattutto quando si appassionava e urlava a squarciagola, con gli occhi rossi e le vene fuori, a sbattere i palmi aperti sul tavolo. In quei momenti forse avrebbe preferito essere odiato. Non portava niente dietro, neanche la penna per firmare, non firmava mai, aveva incaricato dei ragazzi per ogni classe che badavano alle questioni del registro, compresa la firma, compresi i voti. Non per cattiveria o malignità ( per questo ho sottolineato i voti), ma perché se ne dimenticava. Anche i ragazzi molte volti se ne scordavano che lui era il professore e lo mandavano affanculo. In quei momenti era felice realmente. Questa era una di quelle giornate. Era un po' brillo, e quando gli prendeva bene si divertiva veramente con chiunque. Da compagno a compagnone. Da uomo nella massa a uomo della massa. Le torri d'avorio erano troppo alte, fredde, fuori mano, per contenerlo; spesso si rifugiava, ma non lo faceva apposta, non viveva sulle alture. Uscì dall'aula come un uomo qualunque, senza salutare, senza essere salutato, passando lo sguardo su tutte le paia d'occhi che lo guardavano e non; la campanella era suonata e ormai ognuno pensava ai cazzi suoi, compreso lui. Si avviò lungo il corridoio. Incrociò un paio di sguardi che lo spiarono, e quando lui con un sorriso li invitò ad uscire allo scoperto, questi cercarono rifugio in qualche conversazione fittizia, di copertura. Qualche docente era radunato in gruppo. Qualche altro sbraitava teoremi di matematica, non accorgendosi nemmeno della campanella, figuriamoci del

fatto che i ragazzi non ce la facevano più. Si diresse ai bagni per pisciare; mentre stava per entrare uscì dal bagno delle femmine la giovane e profumata professoressa di psicologia che lo guardò e lo sorrise. "Questa prima o poi me la scopo" pensò mentre ricambio il sorriso. Lei lo capì. Almeno lui pensò di sì. Entrò nel bagno e pisciò. Uscì. Si mise in bocca una sigaretta e notò un macchia di vino sulla camicia, poi un'altra sui pantaloni, poi non trovava l'accendino e lasciò perdere le macchie. Uscì dalla porta un ragazzino di primo, lo guardò e, come se stesse parlando ad un barista di periferia gli disse: " Fammi accendere " " Non fumo, professore" "Che c'entra, t'ho chiesto una sigaretta per caso?" prese a sfotterlo. " No " rispose timidamente il ragazzino. " Allora fammi accendere e non fare il cretino, ragazzino santarellino" " Davvero professore. Se vuole posso chiedere in classe a qualcuno, ma io ..." " Ti fai le seghe almeno ?" disse con tono serio, preoccupato e leggermente ironico. " Ma ..." disse il ragazzino acnoso e occhialuto, arrossendo. " Non mi dire che scopi già, lo spero per te, altrimenti devo pensare che ti sfoghi davanti ad una play-station" Il ragazzino arrossiva sempre di più, sembrava scoppiare, ma non lo faceva, lui voleva quello. Non era sensibile, era molto di più, ma sembrava uno spietato e freddo sanguinario. Il ragazzino non vedeva l'ora di fuggire via di lì e cominciava a guardarsi intorno, quasi in panico. Carmine se ne accorse, si accorse anche che il ragazzino non sarebbe uscito da dove l'aveva cristallizzato questa società, nemmeno con un pianto, non ci sarebbe riuscito, già voleva dire esporsi troppo, era meglio comprimere tutto, arrossire fino a scoppiare, ma non esplodere mai, era la prima cosa che le nuove generazioni imparavano dalla e nella nostra società, piccoli dolci giovani freddi psicopatici. Carmine non amava fare il profeta o il saggio, per cui si girò. Gli disse "Vaffanculo", alitando vino qua e la nell'aria e si incammino verso la porta senza girarsi, senza pietà. "Carmine, pssssss. Compagno Carmine, psssssss, compagno" udì una voce furtiva ma non riusciva a localizzare da dove veniva né cosa diceva. " Compagno ... pssssss ...... ehiii ...... porco giuda" bisbigliava la voce rimbombante e indistinguibile. Cominciò a girarsi insospettito. " Come cazzo è, sei diventato sordo" urlo la voce. Si girò e vide Peppino, il bidello, chiamato da tutti lo Zio. Barcollava leggermente, bassotozzo, pelato, viscido e vivo, nonostante i suoi sessantesette anni e la sua provata militanza nelle cantine e nei bar. Si girò, lo guardò e scoppiò a ridere. Tutti e due scoppiarono a ridere. Si affacciò timidamente qualche occhio critico e curioso dalle porte delle aule, loro se ne accorsero e continuarono a ridere. Il preside aveva provato a parlare ad entrambi, separatamente, e non aveva concluso un bel niente. Ma insieme facevano proprio paura. A chiunque. " Vieni qui " disse lo Zio. " Come va la lotta, comandante? " disse Carmine con pathos. " Le scorte di cioccolata americana sono finite, ma per fortuna abbiamo la grappa. Bevi un sorso, compagno. E' buona, l'ha fatta un mio amico, di nascosto GLUP GLUP, è illegale GLUP GLUP GLUP, tié." disse passando la bottiglia. " ... Però ti riscalda il petto GLUP GLUP ... e ti annebbia il cervello, GLUP GLUP è un'ottima arma per la rivoluzione, GLUP, tiè. AHHHHHH" Si asciugarono entrambi alla manica della camicia e risero. " Non si direbbe lo stesso per fegato, però ... " disse lo Zio. " Ogni rivoluzione comporta dei sacrifici ..." " Estremamente necessari " " AH AH AH AH AH AH AH AH AH " risero. " Come va il vecchio serpentone " disse Carmine strizzandogli amichevolmente le palle. " Mi dice che sto invecchiando, non faccio più per lui ed ha intenzione di trovarsi un altro padrone, se continuerò a darmi da fare solo con mia moglie, sua sorella, con la signora del terzo piano, con la professoressa di francese ..." " Vabbene basta, ho capito che sei un purosangue ..." " Il sangue è rosso, e scorre ..." " ... E tu sei porcovecchioubriacone ..." " Mi santificheranno ..." " ... Io non voglio morire su una croce davanti a tutti o per tutti, spero ! " " Io non voglio morire e basta, amico. Ho sessantasette anni ma me la sento benissimo, e poi pratico sesso orale solo da venti anni, vorrei fare un altro po' di esperienza, sai ... " " Te lo Auguro compagno, con tutto il cuore. E me lo auguro anch'io di continuare a fare sesso orale, e non solo, ma non voglio campare troppo, non voglio correre il rischio di diventare saggio." " ... E chi lo corre? Vedi me, ti sembro un saggio ?" " No, mi sembri un bambino, un vecchio bambino ubriacone e comunista" " I vecchi e i bambini hanno un qualcosa in comune. So che non riusciranno ad arrivarci mai, scientificamente voglio dire, ma è una delle poche cose di cui sono certo. Nei loro occhi c'è un qualcosa che ha il sapore della totalità, strano, qualcosa di comune." " Stai parlando da saggio" disse Carmine. " Qualcosa di serio la devo pur dire qualche volta. Ho sessantasette anni. Meglio essere un bambino di sessantasette anni che un bambino di sei anni. Non trovi ? ". " Non lo so. Non so cosa è meglio per l'uomo. Posso fare qualche ipotesi sull'umanità ma adesso devo andare, lei mi aspetta a casa sua ed io devo fare ciò che è meglio per tutti." " Per tutta l'umanità ? AH AH AH " " No. Per tutti e due ." " Per me e te ? " " No. Per me e lei. " " Ed io ? ..." " Vai a fottere anche tu, ti sentirai meglio per tutto il resto della giornata. Hai più scelta di me, da come dici" " Anche so che ne hai più di una, porcone, ehh, eeeeehh " " Io non sono sposato AH AH AH " " Povero te AH AH, ne hai una in meno AH AH AH" " AH AH AH AH " " Ciao compagno" " Ciao compagno, ci vediamo al bar stasera" Si strinsero energicamente la mano e Carmine si avviò verso l'uscita della scuola, poi lungo il parcheggio. Vide la professoressa di psicologia vicino la macchina con un altro giovane docente e le lanciò un'occhiata che fu corrisposta con successo. Trovò la sua macchina. Una 131 fiat color caffellatte ( per non essere volgare ). Aprì la portiera dal finestrino ( lo lasciava aperto apposta perché la maniglia esterna era rotta). Si sedette nell'abitacolo polveroso, puzzava di anni settanta. Cercò le chiavi nel cruscotto, poi nelle tasche, poi nel portamonete, ed infine si accorse che erano già inserite. Dopo vari e rumorosi tentativi riuscì a mettere in moto e partire. Si ricordò che sarebbe dovuto passare dalla farmacia e dall'alimentare prima di andare da Laura. Uscì lentamente dal parcheggio, quasi con lo scrupolo del "non dare nell'occhio", e proseguì fischiettando chissà quale melodia degli anni cinquanta

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Laura riconobbe il rumore della sua macchina e cominciò ad eccitarsi tutta. Sentì un brivido caldo percorrere tutto il suo corpo, chiuse gli occhi, respirò profondamente, e sorrise. Ascoltò il rumore avvicinarsi sempre di più, giungere vicino casa sua, e fermarsi. Da quel momento in poi, quando sentì lo sportello aprirsi, immaginò tutti i movimenti, le azioni, le espressioni e le emozioni di Carmine, che attraversava il cortile. Lui goffo, lento, barcollante, qualche sputo per terra, la testa alta e trionfante, il cavallo dei pantaloni alle ginocchia, una mano nella tasca mentre l'altra reggeva la busta con le bottiglie, che sbattevano tra di loro, e le suole che strusciavano per terra. Per lei era un'immagine molto poetica, le sembrò che stesse quasi sognando. Ma Carmine era realmente così, era lei che in tutto ciò ( e non solo ) ci vedeva della poesia. TOC TOC TOC TOC e Laura si destò, fece uno scatto in avanti verso la porta, poi rallentò, cercando di fare la vaga e mostrandosi più dignitosa. Aprì. " Spostati, fammi entrare " disse Carmine, penetrando il suo sguardo, sorridendole e fuggendo via. La scansò con il braccio ed entrò. " Hai paura che ti veda qualcuno ? AH AH AH " disse Laura troiescamente. Carmine non rispose. Poggiò le bottiglie

sul tavolo del salone, si girò e disse, indifferente: " Dammi un cavatappi" " Non perdi tempo " " SNIFF ... SNIFF ... neanche tu vedo, anzi ... SNIFF ... sento" " Vado a prenderlo. E' in cucina " disse Laura. Carmine si tolse la giacca, la lanciò su una poltrona e prese a camminare, con le braccia conserte, intorno al tavolo, con la testa alta. " Siamo nell'epoca delle americanate" " ... AH AH ... sentilo l'intellettuale che gioca con la sintassi ... preferirei essere chiamata drogata, grazie ! " " OK, drogata " " Hai detto OK, AH AH AH " rise arruffando le sopracciglia. " Passo molto tempo con i ragazzi, ci contaminiamo a vicenda" " Ah sì ... Allora spero che quando ritornerò a scuola mi ritroverò in una classe di alcolizzati bucovskiani." " Adesso sei tu che parli da intellettuale, e poi è questo che pensi di me ? O di Bukovski ?" " No di certo " " Meno male. Non mi piace che la gente pensi la vita in generi letterari o narrativi. Sai, una volta, quando studiavo a Napoli, mentre facevamo un giro con altri studenti nei miseri e rumorosi vicoli del rione Sanità, ed io mi ero immerso nel calore che la gente sprigionava dai loro cuori e dalle loro catapecchie, uno di loro, uno studente disse, allisciandosi il pizzo: DeFilippico tutto ciò. E gli altri asserirono simpaticamente." " E tu che facesti ?" " Niente, risi. E poi pensai che le immagini che i grandi uomini riescono a sollevare da terra opprimono e raggelano la mente dei piccoli uomini, i cosiddetti intellettuali o critici. " " Non sembrano le parole di un comunista" " Ogni tentativo di sconfinare il limite della propria pelle ha qualcosa a che fare con il comunismo." " Ma tu parli di grandi e piccoli uomini. Che c'entrano con il comunismo ? Quasi come se ci fossero delle distinzioni gerarchiche, quasi naturali, tra gli uomini." " E ci sono. Non so se sono naturali o meno, solo che i grandi uomini stanno in basso, con i piedi radicati. Il potere è fatto per i piccoli uomini, ai grandi uomini non interessa nemmeno." " Penso che questa, senza offese, sia una tua consolazione. Non che io pensi il contrario di ciò che stai dicendo, però ti stai esaltando troppo." " Forse hai ragione, però ho ragione anch'io." " E' proprio vero che dio è morto. " " Dio ha solo cambiato identità, sta nell'alto dei cieli con una nuova maschera, anzi con tante nuove maschere, e non ci mostrerà mai il suo vero volto. A questo punto preferisco credere che non esiste." " ... E poi il diavolo è più simpatico." " Anche lui ha delle maschere" " Tutti hanno delle maschere" " Basta, il discorso sta scadendo nei luoghi comuni paranoiciadolescenziali" " Dovresti essere felice, Compagno. AH AH tu che parli di comune, comunità, comunismo, comunione" " Basta !!! Mi rotto i coglioni. Piuttosto prendi di nuovo il cavatappi e beviamo un'altra bottiglia di questo nettare. Abbiamo già sprecato molto tempo in chiacchiere". " Ah è vero! Dato che voi comunisti, allora, amate l'azione perché non ti alzi ed agisci, te lo vai a prendere tu ?" " Eccolo ! Era sotto il posacenere " " Già ! Non connettiamo più tutti e due" " Allora approfittiamone " disse Carmine, strizzando l'occhio. Laura stava seduta sul divano, di fronte, dall'altro lato del tavolo. Si alzò sensualmente davanti a lui. E fu improvvisamente il silenzio. Caldo il silenzio, quando il fuoco ricominciò a danzare.