Simone Fregonese

nato a Venezia 26 anni fa scrivo racconti umoristici per passione e necessità. Fanno ridere.

CACCIA
Dramma in un unico, ma più che sufficiente, microatto

Scena: una ridente cittadina del nord Europa.

Il vecchio cacciatore, con molta pazienza, prendeva la mira aspettando che la preda assumesse la posa più propizia per essere freddata all’istante. Un anziano signore, sorreggendosi sul bastone, si fermò ad osservarlo.

—Guardi che è troppo lontano, per colpirlo.

—Eh?— si girò quello di scatto —Che modi sono? A momenti mi viene un collasso.

—Ma va’. Lei piuttosto, punti da un’altra parte quel coso; non vorrei che m’impallinasse.

—Non la impallino, no, sempre che lei non continui a seccarmi.

—Comunque è troppo lontano: è già tanto se arriva al semaforo.

—Al semaforo? Ci arrivo eccome!

Per dimostrare la gittata del fucile mirò un po’ più a destra e fece fuoco.

—Vede? Beccato!

—Grosso com’è, sarebbe stato difficile altrimenti.

—Non creda, quelli in motorino non sono poi così semplici da abbattere.

—Effettivamente… Però non l’ha mica ammazzato, è lì che grida.

—Lo so, gli ho sparato alla gamba. Senta, se proprio vuole restare si sieda qui a fianco, altrimenti mi spaventa la preda e chissà chi la becca più.

L’anziano si sedette.

—E’ una buona postazione, questa.

—Questa zona del parco è l’ideale per la caccia, si riesce a vedere senza essere visti e… eccoti!

Un proiettile fu sparato.

—Centrato?

—Macché, porca puttana, si è chinato. Sapevo che mi scappava: sono ormai due settimane che provo ad accopparlo.

—Io sono contrario.

—Ecco, un altro contrario alla caccia. Senta, il referendum c’è stato quindi…

—Non si scaldi tanto, è solo che mi fanno pena.

—La legge parla chiaro, ho tanto di licenza.

—Legge o non legge, io rimango contrario.

—Non verrà a dirmi che lei…

—Mai, mi rifiuto di sparare.

—Guardi che non è solo per sport, è una questione di equilibrio: ce ne sono troppi. E’ un po’ come per i caprioli che, in montagna, rovinano i raccolti; allora la legge permette ai cacciatori di abbatterne un certo numero dimodoché, senza pregiudicare la sopravvivenza delle specie, sia possibile conviverci. La stessa cosa facciamo noi. Tre ad ogni stagione, mi sembra un numero abbastanza ragionevole.

—I caprioli non sono persone, anche se mi fanno altrettanta pena.

—Anche a me, infatti ai caprioli non sparo.

—Comunque questa faccenda non mi va giù. A parte il fatto che se continuiamo così ci sbattono fuori dall’unione, ammesso che non decidano prima di bombardarci, va contro ogni elementare principio di umanità.

—Non mi dica che non ha mai avuto la tentazione di abbatterne un paio.

—Questo non lo posso negare, ma il Signore ci ha dotati di un cuore ed un cervello per arginare i nostri istinti bestiali.

—Guardi, è stato semplicemente sbagliato aprire le frontiere, adesso quelli sono dappertutto. Noi siamo fin troppo ordinati, precisi, rispettosi delle leggi, tranquilli: questi fanno un fracasso infernale ad ogni ora del giorno e della notte, fumano dovunque, se ne sbattono dei divieti, buttano cartacce ed immondizie in ogni dove, agli appuntamenti, o peggio, al lavoro arrivano quando arrivano, non pagano il biglietto dell’autobus, appena possono ti fregano, sono piccoli mori e brutti e come se non bastasse ne ho trovato uno a letto con mia moglie.

—Nonostante ciò, io continuo a sostenere che è un errore sparargli, agli italiani.

E, con passo lento, continuò la sua passeggiata.