Enrico Solmi

Mi chiamo Enrico Solmi e vivo a Maranello. Sono laureato in Chimica e lavoro in un laboratorio di analisi. Scrivo da qualche anno anche se saltuariamente, da quando ho partecipato ad alcuni laboratori di scrittura creativa. Ho pubblicato un paio di racconti su una rivista amatoriale ma, a parte questo e i quaderni dei corsi a cui ho partecipato, il mio curriculum è piuttosto scarso. In futuro però ho intenzione di impegnarmi più assiduamente e sto già preparando una raccolta di racconti. Ultimamente mi interesso anche di teatro, sia come attore che come scrittore e ho adattato un testo teatrale che sto cercando di mettere in scena.

ABBANDONATO

Rabbia, prova una tremenda rabbia nel saperla tra le braccia di un altro. Stasera è il mio compleanno e io lo passo qui come un cretino, da solo. Temo che il compenso per tutti gli anni dedicati a lei sia proprio questo: la solitudine.

Il caldo mi opprime, gocce di sudore imperlano il mio viso, mi bagnano i capelli, si insinuano nelle parti più nascoste del mio corpo. Con gli occhi sbarrati fisso il soffitto. Noto un ragno e corro a prendere la scopa per schiacciarlo una, due, tre volte. Mi sembra di impazzire, non è giusto essere tradito così. Talvolta preferirei essere insensibile, almeno non proverei sofferenza. A dir la verità non potrei nemmeno gioire: che confusione!

Accendo il televisore e armeggio con il telecomando. Navigo tra i canali, senza sosta, non riesco a resistere più di cinque secondi sullo stesso programma. La pubblicità del telefono erotico ti offre amicizia e amore, nemmeno a buon mercato: sono tentato di chiamare... Lo stomaco mi si contorce, addento un cuscino, poi lo faccio volare verso lo schermo. Le mie dita cercano i pulsanti per mettere fine alla vita di quel maledetto apparecchio e al suo effondere raggi mefitici. A volte penso che la vita sia come lo zapping, un saltellare di qua e di là, senza un riferimento preciso... Solo lei mi dava una stabilità, aveva il potere di rendere magica la realtà, come un bellissimo film senza interruzioni pubblicitarie. Purtroppo il satellite si è guastato e si è verificata un’interruzione sul collegamento: ma riprenderà al più presto? Temo che la risposta sia negativa. Nel frattempo conto le pecore che saltano lo steccato, in questo allucinante intervallo. Perché, perché mi hai abbandonato... E’ tutta colpa di quella strega di mia madre.

"Ti ho comprato una poltrona nuova. Quella vecchia era così malandata che l’ho regalata a tua sorella, così la mette nella stanza del bambino. Tanto è rovinata."

Era la mia poltrona, l’avevo modellata sul mio corpo in tutti questi anni, mi avvolgeva, mi accarezzava, mi scaldava nelle fredde sere d’inverno, mi rinfrescava nelle calde sere d’estate. La mia poltrona!

 

NECESSITA' PRIMORDIALE

Bob era veramente arrivato al limite, non ne poteva più. Dopo tutto era solo un uomo, con tutte le sue debolezze e lei si trovava proprio lì, davanti a lui, candida, pura, invitante, con quelle curve sinuose: sembrava non aspettasse altro.

Afferrò un asciugamano dallo scaffale di fianco e si deterse il sudore, copioso, che gli correva lungo il viso. Il suo sguardo tornò a lei, lei che si stava offrendo, schiusa come un bocciolo in fiore...

Aprì il rubinetto del lavabo e infilò la testa sotto il getto di acqua fredda. Rimase lì per un’eternità. Cercò di alzarsi. Lo specchio gli rimandò un’immagine terrificante: i lineamenti stravolti, il volto arrossato, gli occhi sbarrati. Si girò. Forse una doccia... Tentò di entrare nel box ma lo sguardo tornò a lei, ancora lì, a sua disposizione...

Come una furia, Bob si slacciò la cintura, si sbottonò i pantaloni, li abbassò, si gettò sopra di lei e cominciò a spingere, a spingere con tutte le sue forze, come un invasato. Finalmente, dopo un tempo che a lui parve interminabile riuscì a svuotarsi e un urlo liberatorio accompagnò la sua prestazione.

Esausto, stremato dallo sforzo, rimase immobile per alcuni minuti. Poi, tratto un lungo sospiro, si decise ad alzarsi e nel farlo si volse a contemplare il risultato della sua fatica. Era orribile, occorreva far sparire tutto, pulire, se avesse cominciato a puzzare...

Chiuse il coperchio della tazza del gabinetto e attivò lo sciacquone. Più volte. Del resto c’era da aspettarselo, dopo una settimana che non andava di corpo!