Roberto Razzetti

sono nato a Milano il 22.04.1973, impiego nella vita il lavoro di Sistemista di rete NT; dall'età di quattordici anni, nonostante fossi portato per le materie scientifiche, attualmente perito elettronico, e al contrario nello sviluppo delle tematiche umanistiche proposte dala mia insegnante di italiano dimostravo scarse qualità, sentivo un indole perticolare nello scrivere poesie. Gli anni passano e m'accorgo di trovare agl'angoli esterni degli occhi le famose " zampe di gallina " avendo raccolto col tempo kilometri di poesia sparsa un pò quà, un pò là. La maturità della mia formazione culturale mi spinge un bel giorno a scrivere brevi racconti senza pretese e nello sforzo di concludere la mia volontà ad un atto compiuto mi accorgo di aver scritto un racconto, che secondo le mie aspettative ha superato le mie capacità.

La bella donna

Chissà per quale motivo, chiedo profondamente come, una donna così bella, amabile, seducente con il corpo avvolto da qualunque scampolo cucito a misura, abbia voluto sentire su di sé le mani desiderose di un uomo, violando la sua intimità.

Giorni d’inverno; il freddo pungente delle prime ore di quei mattini stabilizzava la temperatura lungo la giornata, e trascorse poche ore nel pomeriggio, il crepuscolo avanzava dolcemente riposando nel buio della notte, nonostante fossero soltanto le cinque e mezza del pomeriggio.

Attendeva impaziente il suo arrivo. Certo, ora, voi vi state chiedendo, ma l’arrivo di chi?

Attendere con il fremito e avvertire che lo stomaco si stringe e non poter far nulla per controllarlo, accade solo per una donna che ai tuoi occhi scatena del piacere; a volte così puttana da deviarti nel tranello di commettere; ma, ci sono fantastiche emozioni che girano intorno al cuore e nessuno si espone, nascosti come spie guardiamo furtivi con la paura di non essere tanto degni di poter abbracciare una creatura tanto bella quanto l’Eden.

Fissa lo sguardo per terra, e avverte all’altezza della bocca e una parte del naso, il calore della sciarpa intorno al collo.

Il freddo di quei giorni a Parigi renderà memorabile la sua esperienza in una città tanto romantica.

Lo spirito sensibile ed eternamente innamorato risolleva dai ricordi quei momenti così vivi.

Decise di entrare nel locale antistante al luogo dell’incontro; ormai era trascorsa mezza ora dall’appuntamento ma, titubante dal largo marciapiede si soffermò per guardare di nuovo verso l’Arc de Triomphe.

La nebbia, trasportata dal vento, disegnava nell'aria armoniose figure; e sarebbe giunta proprio da quella direzione l’amata amante e amica confidente. Forse in quell’istante aveva voglia di baciare i suoi dolci seni inturgiditi dai sensibili capezzoli; o forse non sarebbe più giunta a lui ….. probabilmente spinto dall’amore della morte ritroverà grato il benessere del momento, trascorrendo la serata in questo café a bere e ristorare.

" Si può sapere quando arrivi?" pensò sussurrando e poi in silenzio:

 

Guarda che, poi, me ne vado ……ma, alla fine cosa m’importa …. Per tutto il tempo che l’ho desiderata, i fatti mi hanno dato ragione! ….. per due notti è stata con me sotto le coperte di quel letto. Ho sentito il suo corpo nudo vicino al mio, a contatto. La sua pelle così delicata e olivastra come piace a me, quasi mulatta ….. magari abbiamo concepito anche un figlio? …. Chi lo sa? …e …. immobile, dinnanzi all’ingresso, con la testa rivolta verso il lungo viale, il cielo, gli alberi spogli, le case, la strada, il marciapiede, le vetrine del locale, e il turbinio del vento sdraiato al suolo si alza continuando nella danza, come una donna ammaliatrice; lui immortalato nel dipinto di un maledetto.

Spinse a fatica la porta a vetro d’ingresso, togliendo definitivamente lo sguardo verso ciò che ormai non aveva più a che fare con la sua realtà. Poche persone nel locale, e lui con loro; niente di speciale. Tutti in silenzio, e lui con loro; niente di speciale. Poche parole, solo pensieri e lui con loro. Niente di speciale, ma qualcosa manca, e lui è con loro. La porta s’è chiusa dietro di sé, e immobile sofferma assorto, lo sguardo fisso in avanti leggermente verso il basso. Sfila i guanti e li mette in tasca, slaccia i bottoni del cappotto e afferra l’estremità della sciarpa all’altezza del petto togliendola dal collo, con lo sguardo fisso in avanti leggermente verso il basso. Esce, probabilmente, per qualche attimo dallo stato virtuale nel quale si ritrova la sua mente e nel riflesso incondizionato s’avvia verso l’appendi abiti. Al bancone, con un gesto, richiama l’attenzione del gestore distratto dalle dicerie dette da un tizio, anche lui lì per bere.

"Un bicchiere di vino."

"Rosso?" chiese il gestore.

"Quant’è un bicchiere?"

"Dieci franchi l’uno."

"Ne prendo due." e dopo un breve attimo di silenzio "Ragazzo! Avvicinati……"

Il gestore ritorna dal tizio delle dicerie, e l’uomo innamorato ….., quasi assorto, vestito da signora disperazione, così vecchia che non si conta più l’età. Seduto sullo sgabello, i piedi sorretti dalla traversina, con gli avambracci completamente distesi sul piano del banco, ha le mani protese verso i due bicchieri e li avvicina l’uno all’altro in modo speculare; solleva quello di sinistra e alla goccia beve tutto il contenuto. Tra le sue mani, ora, ha un bicchiere vuoto e uno pieno.

" Perché?" si domanda ad alta voce; e forse non se ne rende neanche conto.

Solleva l’altro bicchiere e con la stessa rapidità lo svuota. La sua ubriachezza non avrà limiti oggi.

" Ei! Tu ….. Servimi un altro bicchiere di vino rosso ….. presto"

" Tutto bene signore? È sicuro di sentirsi bene?"

" E’ finito tutto! Tutto ….." e con le mani aperte attende un altro bicchiere " Che cosa ho fatto di male? Per un lungo periodo non ho fatto altro che pensare a lei, come poterla corteggiare …… perché mi è piaciuta sin dall’inizio, certo. ….. forse ora incominceranno i giorni della pazzia … lo sento ……..sì, sarà così ….. vedrai amico mio. Non immagini neanche il trasporto che ho sentito quando la vidi per la prima volta …. i suoi occhi …la voce, e ora che ho conosciuto il suo corpo, la mia immaginazione è stata superata senza pari. Ho baciato ogni parte del suo corpo ma……. Dammi un altro bicchiere!"

" Subito signore!"

" E dopo …. dopo questo bicchiere, ne berrò un altro!"

" E’ sicuro di sentirsi bene?"

" Invece tu come stai? …..ho l’aria di uno sta poco bene? O forse non ho una bella cera? Vaffanculo! Vaffanculo a tutti quanti. ….mi sento come un cane bastonato, è questo che volevi sapere? …..Rispondi.

io non mi vergogno di mostrare la mia debolezza in una delusione d’amore ….. l’amore inteso nei termini più antichi dell’uomo." Sofferma per un attimo, tiene tra le mani il bicchiere pieno di vino, volta verso sinistra la testa e guarda indietro. Proprio alle sue spalle due uomini seduti al tavolo uno di fronte all’altro.

Due compagni di sbronza che parlano; e continuano talvolta senza accorgersi che discutendo parlano insieme e nessuno dei due s’ascolta. L’uomo innamorato sorride in modo compiaciuto, quasi come se fossero tutti fratelli e lui insieme in quella circostanza, uniti da unico obiettivo. Ritorna su di se ascoltando i suoi pensieri, le congetture, e di nuovo avviluppato dall’ego.

Beve in un sorso il vino e senza mettere giù il bicchiere " Ei! Barman, un altro bicchiere di vino rosso."

" Arrivo!"

Quasi di fronte all’uomo innamorato il gestore si china e apre uno sportello del frigorifero sotto il banco, afferra una bottiglia da un litro e con l’altra mano, dalla tasca posteriore del pantalone, sfila il cavatappi. Intanto l’uomo innamorato osserva ogni suo gesto. Con un movimento ormai acquisito estrae il tappo. Versa il vino all’orlo, fino a traboccarlo. L’uomo innamorato continua ad osservare ogni suo gesto.

" Perché, diamo così importanza alla purezza di narciso nell’idea dell’amore?" A più riprese l’uomo innamorato cercò di dire qualcosa, per continuare nella sua illazione, ma non c’erano più premesse.

Niente più domande con altrettante dovute risposte. Continuò a bere fino all’imbrunire in silenzio, forse fino alla chiusura. Di lui non seppi più nulla e fu l’ultima volta che lo vidi quella sera.

 

LE PAROLE DI UN FANTASMA

Cara Adele,

Il freddo di quei giorni voleva essere proprio una morsa per la mia esistenza.

Nascosto ormai da mesi in questo piccolo rifugio, costruito con i sassi tanto tempo fa, fu un sicuro nascondiglio tra i boschi delle montagne, per gente come me. Il comunicato del consiglio superiore dei partigiani invita gli esponenti a rischio a rimanere nascosti.

Fu un vero dolore dover immaginare in quei giorni di totale solitudine il dilagarsi della sofferenza, d’atti di violenza pura, della tragedia tra i popoli più deboli.

Le mie giornate ormai erano tutte uguali. Doveva pur esistere un minimo particolare per dare un significato a ciò che stavo facendo, e rimanere qui fermo ad aspettare che qualcosa cambiasse non era degno per i miei principi, era ormai radicata nei pensieri la volontà di salvare gli uomini da questa terribile guerra.

 

Ricordo l'amore in un luogo e tempo inesistenti ritrovandoci là nelle antiche terre della retorica, tra le nebbie rimembrate, già nella coscienza del popolo. Il freddo pungente ricopriva con scaglie di ghiaccio il mio cuore, ma il sangue denso si prestò a trasportarmi. Dovetti così raccogliere i miei averi indispensabili per affrontare di certo ogni imprevisto ed improbabilità. Mi svegliai con insolita e dovuta energia nelle prime ore di quel mattino, e il sole ancora tenue e sul filo del lontano levante donando colori ad ogni cosa che investiva.

Nel piccolo cortile antistante al rifugio nel quale mi ritrovavo c’era un piccolo pollaio, e come tutte le mattine, mi richiamarono alla sveglia. Attesi l’arrivo del contadino, che con consuetudine ogni mattina si dispose per portarmi latte di mucca munto di fresco, pane e del cibo per il giorno, e come ogni mattino notizie di guerra e del fronte partigiano. La risposta fu sempre la medesima, e con parole d’amara rassegnazione dovetti abituarmi e sentire quel suono:

" No Antonio, mi dispiace ma non ci sono notizie."

Non potevo certo vedere l’espressione del mio volto, ma sentii dentro di me ribollire il sangue.

La rabbia disfò la calma, uscito dal rifugio e guardando in alto, il cielo di cristallo, non potei contenere l’urlo di colui che non può agire, tanto meno stare a guardare. La rabbia fu incontenibile e le lacrime di tristezza inondarono il mio viso e stringendo, forte, i pugni: " Perché? Perché, tutto questo?"

Mi voltai, di nuovo, verso l’ingresso e vidi il volto di quel povero uomo, espressione di totale apatia, ma forse l’unico in quei giorni d’esilio a capire ciò che stavo provando, nonostante fosse estraneo a tutte queste faccende, ammetto che trovai consolazione nei suoi occhi. Ascoltava senza domandare e io parlavo. Cos’avrei fatto senza di lui? Magari sarei, anche, impazzito:

" Ricordo, ancora, quel tardo pomeriggio …dalla finestrella del rifugio vidi mio nipote, figlio di mia sorella, dava le spalle all’ingresso principale del cascinale e con lo sguardo cercava suo padre …che ragazzino…..ormai il sole stava tramontando, nascosto dai boschi…all’orizzonte. ‘Antonio!’e lui si girò di scatto verso destra incominciando a correre. ‘Andiamo! Dobbiamo raccogliere i rami secchi’.‘Arrivo, papà! ’. Non potevo rimanere nascosto a lungo, i tedeschi giunsero più volte nella settimana trascorsa. Ero divenuto una preda facile, ancora pochi giorni e m’avrebbero catturato…lo capisci questo!………Decisi, così, per il giorno seguente." …….. Il canto del gallo richiamava alla sveglia gli umani, desti per condizione ad un giorno di lavoro; solo uno come tanti. Raccolsi con me il passato, l'esperienza, l'amore, la speranza, ma tra tutto oltre a qualche moneta di danaro, un cambio di veste, e un po’ di cibo da conservare e acqua di vite, era vitale far proprio per questo viaggio un cavallo sellato. Il cortile del cascinale, nel quale mi trovavo ormai da qualche mese, m'apparve molto più stretto e piccolo rispetto a quando lo vidi per la prima volta.

Ancora, la penombra era padrona e dalle finestre illuminate s'intravedeva l'ombra della gente indaffarata per prepararsi al giorno. Un abbraccio forte.

Tuo fratello per sempre.

 

Dacau 18 febbraio 1944.