Christian Del Monte

Christian Del Monte nasce a Matera il giorno 08/04/1975. Dopo aver conseguito la maturità classica presso il liceo classico ginnasio "Quinto Ennio", a Taranto, e aver frequentato per due anni l’università di Salerno, è adesso laureando presso l’Università di Bologna in Semiotica del testo di Scienze della Comunicazione con il prof. Umberto Eco, con una tesi sul libro The Soft Machine, di William Burroughs.

Nel corso degli anni, Christian del Monte si è accostato nei piú svariati modi alla scrittura. Prima come giornalista: tra il 1990 e il 1994 collabora con diverse testate giornalistiche tarantine. Poi come poeta: tra il 1995 e il 1996 scrive due raccolte di poesie: Intermezzi e Princípi. Infine, dall’estate del 1997 si interessa di scrittura in prosa e di saggistica semiotico-testuale reader oriented.

Frequenta in quel periodo un corso sulla fantasia diretto da Stefano Benni e inizia a scrivere Marta. In questo lavoro Del Monte si propone di liberare la scrittura dai vincoli imposti dai concetti di trama e di personaggio, attraverso una focalizzazione, non simbolista, posta sugli oggetti presenti nelle storie narrate, una totale semplificazione della trama e l’appiattimento del personaggio sulle sue azioni fisiche e percettive.

Nel 1998 scrive Écru una raccolta di cinque racconti brevi: Martedí, Silvestro, DúNAMIS, Stretto e Fiore. che sviluppano ulteriormente le problematiche emerse in Marta. In particolare, Martedí approfondisce la tecnica del cut-up e del fold-in, utilizzando come base Marta. Silvestro oggettualizza i personaggi, trasponendo in prima persona le tecniche narrative elaborate in Marta. DúNAMIS continua a esplorare la problematica del dialogico in prima persona, con una particolare attenzione alla ritmicità del suo intrecciarsi. Stretto si costruisce intorno all’intento di realizzare una topografia dello spazio dialogico e di quello narrativo. Fiore, infine dichiara con la sua peculiare prosa i confini poetici entro cui écru si pone.

Nel Marzo del 1999 fonda insieme ad altri sei amici la Dorsale, un’associazione culturale che si propone di promuovere iniziative culturali, in special modo performances. Primo atto dell’associazione sono le quattro cene letterarie, in cui attraverso l’accostamento di particolari sapori e delicate pietanze Christian del Monte, Davide Coccolo e Christian Rainer mirano a ricostruire le atmosfere di quattro opere del nostro secolo: L’Ulisse, di Joyce, Dalla parte di Swann di Proust, La morte della Pizia di Durrenmatt e Quattro quartetti di Eliott.

Nell’aprile del 1999 scrive Steady-cam, un racconto lungo (70.000 caratteri ca) in cui le tematiche espresse dai precedenti lavori si sposano con una struttura narrativa, pur entro certi limiti tradizionale. Il 9 giugno dello stesso anno il critico Andrea Grilli presenta in pubblico Steady-cam nell’ambito della rassegna culturale Kom’Art 99. Il racconto è poi pubblicato in rete nel numero di settembre della rivista elettronica Kult Underground (www.kultunderground.org).

Il 22 ottobre 1999 si esibisce in una performance di Action Writing presso il circolo ARCI Sesto Senso.

Il 29. ottobre 1999 consegue il secondo posto al concorso per racconti inediti di fantascienza 8K0 con un suo nuovo lavoro: Film 8.4.06, poi pubblicato nella collana e-paperbacks di Kult Underground.

Tra gli altri lavori realizzati in questo periodo sono da annoverare un lavoro teatrale per l’infanzia: Diavolo e Angelo; tre sceneggiature per cortometraggi: Frattaglie, John Wayne e la lumaca e Tre; la sceneggiatura di un giallo radiofonico in cinque puntate: Benito.

Attualmente Christian del Monte è promotore e coordinatore del progetto di installazione-performance: Stretto in tra(s)posizioni, un lavoro sul rapporto che intercorre tra originale e sue trasposizioni che vede coinvolti: il fumettista Gianluca Costantini, il film maker Davide Coccolo, il compositore Giovanni Saetta; il performer Christian Rainer.

Il muro

(Ieri sono tornato sui miei passi
Li ho contati
Li ho misurati col palmo della mano
Per circoscriverli
Poi ho atteso che la luce degradasse
perché gli alberi non mi ascoltassero)

 

Avanza in silenzio lungo un muro ormai corroso da tralicci metallici contornati di filamenti in rame. Conta i suoi passi; si muove lentamente. Col corpo schiacciato contro la parete, ne segue con la mano sinistra la superficie scomposta, la tasta con le dita cercando un punto in cui il cemento ceda. Le dita tamburellano sincopi lievi, appena percepibili. Ora si arrestano. Prendono a grattare, prima piano, poi sempre piú rapide, con le unghie contro il cemento. Sui polpastrelli bianchi di polvere si disegnano striature magenta che scivolano lungo il muro. Le unghie gli si spezzano. Ora è in terra, si tiene l’una nell’altra le mani; i denti gli serrano le labbra.

Un uomo gli si avvicina correndo, con le gambe che gli si scontornano diafane. Indossa una divisa bianca. In poco gli si appressa davanti. Lo fissa. "Ti stavamo cercando, Michael." Michael è ancora in terra, le mani strette tra loro.

"Non dovresti insistere." Lo solleva di forza.

"Andiamo."

 

(Le ore mi sono passate di fianco
Io le osservavo muoversi
Intrecciare con svelti movimenti di braccia
Lente storie di giornate grasse di orfani e foreste)

 

In uno spiazzo davanti al muro. Tra blocchi di tufo grigio e giallognolo e vento grosso di polvere l’uomo con la divisa bianca si rivolge a tre altri uomini disposti lungo la riga verde; hanno ciascuno un fucile. In fondo allo spiazzo, le mani legate, la schiena piegata contro il muro, Michael muove gli occhi in circolo.

 

Uomo in divisa bianca: "Il muro è alto ventisette metri e lungo duemila Km. È stato edificato nel 2053. Ci sono voluti milioni di tonnellate di acciaio e cemento per erigerlo; migliaia di vite per tenerlo ben saldo alla terra. Ripetiamo."

Uomini in riga: "Oltre il muro si stendono soltanto i grandi deserti."

Uomo in divisa bianca: "Il muro è il monumento del nostro progresso, la barriera che ci protegge dalla Contaminazione. Oltre il muro si stendono soltanto i grandi deserti. Ripetiamo."

Uomini in riga: "Oltre il muro si stendono soltanto i grandi deserti."

Uomo in divisa bianca: "Tu, Michael Boules hai tentato di oltrepassare il muro aprendo un varco in esso. Ti rendevi conto delle conseguenze che per questo tuo gesto la nostra civiltà avrebbe dovuto sostenere?"

Tre suoni ridisegnano l’aria: immagine indistinta di Michael che cade, il corpo rosso di polvere.

 

(Per ritrovarti ancora
Riflessa
Nella plastica concava delle finestre smerigliate)