Lorenzo Falconi

Scrivere è per me una necessità, un bisogno, una forte emozione, le mie aspirazioni iniziali sono quelle di apprendere nuove nozioni per migliorare il mio stile e per mantenere viva l'attenzione di quel piccolissimo pubblico interessato a ciò che scrivo. Per quanto riguarda il futuro, ho sempre pensato che la maggior soddisfazione sia svolgere un'attività che ti gratifichi e ti faccia sentire realizzato, se un domani riuscirò ad allargare l'orizzonte di persone interessate ai miei lavori potrò affermare di essere a buon punto.

UN GIORNO FUORI DAL MIO MONDO

Lunedì 18/02/2002

Ore 7:00. La mia giornata inizia così; il suono di un rasoio elettrico desta il mio sonno. Non capisco un granché, però immagino sia mio padre che si sta radendo. Ho sonno e spero di essermi sbagliato, magari è ancora notte fonda e io posso riprendere a dormire. Ad un tratto il suono s'interrompe, mio padre stacca la spina, esce dal bagno ed entra in camera mia. E' l'ora, mi devo alzare, lo faccio lentamente, mi stiro e sento il mio membro tendersi. Mi cambio la biancheria, rovisto al buio nel cassetto, sperando di pescare degli slip adatti a contenere la mia erezione. L'ennesimo sogno erotico lascia un segno sul mio corpo, dopo aver deliziato e sconvolto il mio sonno. Vado al bagno, mi lavo viso e denti cercando disperatamente di svegliarmi; osservo la mia virilità del tutto incapace di domarla. Non riesco a pisciare e ciò mi provoca dolore. Finalmente il mio organo si sgonfia, attendo che si abbassi definitivamente e scarico, con violenza e rabbia, il contenuto della mia vescica. A Grosseto pioviscola e il cielo è coperto, la stazione è una ressa di persone che s'intrecciano nel nome del caos. Cerco il pullman per Firenze, prendo posto e mi reco alla biglietteria. Il signore davanti a me chiede tutte le informazioni possibili, poi acquista dieci biglietti urbani, "I più economici che ha...", dice raccomandandosi, "...servono a mio figlio per andare a scuola". Rovista come un maiale al trogolo nel portafogli, cerca spasmodicamente i centesimi di Euro e crea dietro di se una fila chilometrica e spazientita. Quando rientro sul pullman, il posto accanto al mio è occupato da una signora, si alza e gentilmente mi fa accomodare dalla parte del vetro. Due ore di viaggio, due ore di sonno. Mi sveglio dentro Firenze, a sorpresa c'è il sole, ho dolori in tutto il corpo, la schiena e il collo sono praticamente bloccati. Butto un'occhiata fuori e sbadiglio, il posto che occupo è troppo stretto; urto il ginocchio escoriato da una caduta domenicale e soffoco l'urlo di dolore, trasformandolo sapientemente in smorfia. Scendo alla fermata prima del centro, evitando così tutto il trambusto della stazione. Mi reco in segreteria per compilare il modulo della dichiarazione dei redditi, non c'è fila, altra sorpresa. La vecchia segretaria tanto efficiente, che nei miei anni di università aveva sciolto miliardi di dubbi, non c'è. Al suo posto c'è una ragazza bionda, con i capelli corti e l'aria svogliata. Richiedo il modulo per il reddito, ma lei si ostina a dire che devo scaricarlo da Internet. Sollevo un paio di problematiche e la invito a rendermi la vita più facile. Lei si limita a ritirare il mio libretto e nel far ciò, mette in mostra un culo stupendo, fasciato stretto in un paio di jeans attillati. Quando torna allo sportello mi consegna un foglio, con una password da attivare via computer. Rimpiango la vecchia segretaria, attempata, con i denti a castoro, ma tanto efficiente. Chiedo un'ultima informazione sul tirocinio, mi accorgo che la ragazza bionda è più giovane di me, allarga le braccia e dice: "Per il tirocinio devi andare in presidenza". Sbuffo, esco dall'edificio per andare in presidenza, alle Cascine. Guardo l'orologio, è presto e decido di fermarmi per fare colazione. Cornetto e succo alla pera, poi pago e prendo anche un biglietto dell'autobus. Raggiungo la fermata e attendo il 17. Mentre aspetto noto una scritta piccola a pennarello, è riportata sul muro accanto al palo della fermata: "Sto di cazzo, e questa città del cazzo non mi aiuta affatto. Firenze città di merda". Chissà chi è stato l'artefice, per un attimo mi viene in mente che il poeta del graffito potrei essere io, il mio pensiero è cancellato dall'arrivo dell'autobus. Le Cascine sono in fermento, entro in facoltà, salgo le scale e raggiungo la presidenza, non c'è fila, altra sorpresa. Espongo il mio problema, la signora non finisce nemmeno di ascoltarmi e con l'indice mi indica il piano inferiore. Inizio a spazientirmi. Entro nello student point e m'indispettisco, perché lo potevano chiamare punto studenti, senza ricorrere all'inglese. "Ciao, io sono Cinzia", dice la ragazza responsabile. Ancora una volta espongo il mio problema; l'Ente Provincia di Grosseto non risulta tra quelli contemplati dal tirocinio. Cinzia sorride, mi guarda e dice: "Ti sarai sbagliato". Aggrotto le sopracciglia e rispondo: "Può essere, ma puoi controllare?". Lei consulta il computer e dopo una perigliosa ricerca, arrossisce e dice: "Avevi ragione tu". Io sorrido per stemperare la mia impazienza. Una volta ricevuti i fogli devo parlare con il professore responsabile dei tirocini. Attendo per venti minuti il 35, l'autobus che mi porterà al distaccamento di facoltà. Quaracchi è la solita chinatown, raggiungo l'ufficio in questione e il professore che mi riceve è gentile, tanto gentile da risolvere la situazione in pochi minuti. Adesso devo tornare in centro per ritirare il libro di Selvicoltura che avevo prenotato, il 35 questa volta lo prendo al volo. Mi lascio travolgere dalla gente nel centro di Firenze, anche se Borgo San Lorenzo è insolitamente libero da qualsiasi sorta di mercato ambulante, osservo le ragazze che passeggiano e le adoro. Non sono un playboy, rimango semplicemente estasiato dalla bellezza femminile, contemplo il miracolo della natura, capace d'incantarmi ed estasiarmi. Cerco in ogni ragazza qualche piccolo difetto capace di renderle particolari, vulnerabili, uniche. Ritiro il libro, anche stavolta non c'è fila, anche stavolta è una sorpresa. Poi mi reco in libreria, ho camminato molto, o meglio ho galoppato, le mie gambe sono nate per questo. Il clima della Libreria Edison è fantastico e familiare. Trovo un tavolino libero, prendo un succo di frutta alla pera e scrivo. Penso a tutte le volte che sono entrato in questa libreria e non mi sono mai seduto, penso e mi vedo dall'esterno, mi vedo come uno scrittore che riporta su carta i suoi pensieri. Una coppia si avvicina al mio tavolo, mi chiedono se possono mettersi a sedere. Permesso accordato, c'è spazio per tutti. Parlano tra loro e sfogliano un giornale, stanno cercando casa, gli auguro buona fortuna. Ho quasi finito di scrivere, devo andare, perché tra un po' ho il pullman che mi riporta a casa. La libreria si sta affollando, io lascio il mio posto. Sul pullman ho il solito posto, osservo Firenze dal finestrino e faccio ciao con la mano. E' solo un arrivederci ad un mondo che era mio, ma mi è sfuggito, è solo un arrivederci, ma vorrei che fosse un addio.