Andrea Tarquini

Vi invio un mio racconto breve o almeno io lo vedo tale, nasce da una passione per un genere che non sto a specificare in quanto il titolo è abbastanza eloquente e da una passione per un autore, almeno alle sue vecchie cose, anche in questo caso è inutile essere didascalici, si riconoscono facilmente le sue influenze. Io sono Andrea Tarquini e sono nato 31 anni fa a Roma.

hardboiled

Qualcuno ha detto che nessuna storia dura in eterno…beh si sbagliava…
Non è un mestiere facile il mio…io sono un investigatore privato, un mestiere come questo non ti fa ben volere, la polizia mi detesta e anche i criminali non vanno pazzi per me…ma mi piace, ha i suoi aspetti positivi…ci sono bambole da schianto pronte a glassarti il corpo con la lingua, non so se mi spiego…certo capita anche il tizio che te lo vuole glassare con un frullino, ma sono cose che metti in conto…sono stupidi e questo è il loro svantaggio, tutti quei muscoli gli hanno schiacciato il cervello…con questi tipi basta usare un po' di astuzia… per farvi un esempio, come fregai un tipo che qui nell'ambiente chiamano Groack, perché usa questo suono in sostituzione di più o meno tutte le parole conosciute ad eccezione di "emulsione" che però usa molto di rado…per arrestarlo dovevo trattenerlo a casa mentre arrivavano i rinforzi. Non sapevo cosa inventarmi, considerate che era un tipo alto come un semaforo e con una schiena che sembrava un materasso a due piazze… beh decisi di sfruttare la sua impulsività…feci un accenno poco riguardoso alla mamma e lui ci cascò. Cercò, per quasi un ora, di farmi entrare nella tasca della mia giacca mentre la indossavo, senza rendersi conto che non ci sarebbe mai riuscito, nel frattempo arrivò la polizia. E fu così che gli scattarono una bella foto, un paio di bracciali di titanio al polso e vai… io me la cavai con niente, due giorni di prognosi e un leggero shock: ogni volta che mi allacciavo le scarpe scoppiavo a piangere
Ma veniamo a noi…Tutto cominciò come cominciano tutte le cose, dall'inizio…quel mattino la città portava le tracce del temporale che si era scatenato durante la notte, ma adesso il cielo era terso e l'aria quarta…una città violenta quella in cui vivevo, fatta di chiaro scuri, dove la luce malata e pallida dei lampioni era recisa di netto da affilate lame d'ombra, città purulenta e tumorale, dove il confine tra il Bene e il Male coincideva proprio con il marciapiede sotto il mio ufficio, dove non esisteva più la morale, dove non esisteva più l'amicizia, dove non esistevano più i valori fondamentali, e anche di parcheggi ce n'erano pochi.
Sodoma risorta dalle ceneri del passato, popolata da loschi figuri senza un Dio, da donne sensuali e letali, da sanguisughe, da vampiri, da vigili urbani, ma questa, nonostante tutto era la mia città e io l'amavo questa fottuta città…
Da solo, nel mio ufficio, stavo pensando a quante volte in media una persona normale pronuncia "pergolato" quando qualcuno bussò alla porta. Finalmente del lavoro pensai…si fece avanti un uomo molto ben vestito. In un primo momento non lo riconobbi, in un secondo momento mi parve di riconoscere il mio professore di religione delle superiori e solo in un terzo momento mi resi conto che era Frank Zappa.
"Salve" e la sua voce mi riportò violentemente al passato, quell' uomo che avevo prima scambiato per il mio professore di religione e poi per Frank Zappa, era in realtà mio padre.
Tornai all'infanzia, all'odore di tabacco della sua pipa, alle serate passate davanti al televisore, a quelle splendide domeniche quando mi chiamava vicino a lui davanti al camino e mi svuotava il fornelletto della pipa in testa …
"Figliolo" mi disse
"Papà" gli risposi
Bello scambio, pensai, ma d'altronde non avevo mai avuto un ottimo rapporto con lui…c'eravamo rivolti la parola sedici volte, anzi quindici , perché una volta non stava parlando con me… l'ultima volta che c'eravamo visti avevamo litigato…anzi fui io a litigare, esplosi dicendogli ciò che pensavo:
"Cosa ho avuto da te ? Eh ? Niente, ho avuto! Niente! Anzi no. Forse una cosa l'ho presa, i tuoi difetti. Ecco tutto ciò che ho avuto da te…i tuoi difetti."
"Beh... ridammeli" mi rispose
E ora eccolo presentarsi dopo tutto questo tempo nel mio studio…quasi sei anni senza una lettera, una telefonata…l'ultima volta che avevo avuto sue notizie, si faceva chiamare: Il Magnifico Arkan, veggente, prestigiatore e illusionista.
Non ci credereste ma mio padre era venuto a trovarmi perché voleva assumermi
"Perché io ?"
"Beh! Che discorsi! Sei mio figlio! Quale padre per una cosa del genere non sarebbe andato dal proprio figlio…e quale figlio farebbe pagare la parcella al padre."
Una volta accomodato, mi mostrò un foglio di giornale:
un tizio era stato assassinato nel suo appartamento, lo avevano legato e poi gli avevano iniettato sei milligrammi di chinotto nelle vene.
Era la terza volta in cui la vittima veniva uccisa secondo questo rito, aveva rilasciato un intervista in cui asseriva di essere piuttosto stanca.
Mi alzai e andai al mio schedario, ne tirai fuori un fascicolo pieno e lo riportai al tavolo.
La mia esperienza mi aveva ormai insegnato che dove c'è un rituale c'è un assassino seriale, e io me ne intendevo di serial killer

Nome: Thomas Barthebly
Conosciuto come: Ibidem
Età: 46 anni

Scheda
Inglese è attivo principalmente nella zona di Liverpool. E' ricercato dalla polizia da ormai tre anni. Il suo rituale è il seguente: dopo aver imbavagliato le sue vittime, le sevizia per ore e poi le uccide spaccandogli la testa con una cassa acustica da 60 watt. In conclusione firma i loro corpi incidendovi sopra con un temperino i primi accordi di "Hotel California"

Nome: Sconosciuto
Conosciuto come: Finnegan il sanguinario
Età: 38 anni

Scheda
Originario di Molfetta, opera principalmente nel Salento, la polizia lo ricerca ormai da cinque anni. Deve il suo soprannome all'enorme quantità di sangue rinvenuta sulle scene dei suoi delitti. Gli esperti hanno più volte avanzato l'ipotesi che Finnegan si porti appositamente delle sacche di sangue da casa per soddisfare il proprio gusto scenografico









Nome: Domenico Anastasia
Conosciuto come: Ibidem
Età: 52 anni

Scheda
Nato in Libia Anastasia opera nell'Italia settentrionale. Famoso per il suo rituale piuttosto complesso. Dopo aver ucciso la sua vittima gli taglia la giugulare, quindi gli spezza minuziosamente tutte le ossa, poi gli asporta i genitali, gli strappa i denti, gli sfregia il viso, gli impiastra i capelli con il dentifricio, gli inserisce un virus nel computer, gli graffia il mobilio, gli lacera i divani, gli scarabocchia la carta da parati, gli disfa il letto, gli rovescia il latte a terra, gli rompe i vetri delle finestre, gli schiaccia gli occhiali, gli svita tutte le lampadine e gli incastra uno stuzzicadenti nel campanello

La cosa che non capivo era perché mai mio padre si interessasse ad un serial killer
- Conoscevi la vittima ?- gli chiesi
- Quale vittima ?-
Gli mostrai l'articolo
- E' quello accanto- mi rispose con un tono di rassegnazione poco lusinghiero.
C'era una colonna in cui una tizia rispondeva ad una certa Madame Seux
Cara Madame Seoux devo ringraziarla, ho seguito il suo consiglio a proposito di quella vocina che da anni mi tormentava e mi terrorizzava, ho fatto come mi ha suggerito lei, un giorno mi sono girata di scatto e ho scoperto che era mio cugino Corrado…
"Non capisco"
Mi strappò di nuovo il giornale
"Qua. E' questo l'articolo che devi leggere…dì un po', ma la targhetta investigatore l'hai trovata già appesa quando hai preso in affitto 'sto posto"
In un piccolo trafiletto si diceva che era scomparso uno scienziato il Dottor Dubois
"Cosa c'entri tu con uno scienziato ?"
"Non stare a preoccuparti, lo devi trovare"
"Devo sapere cosa c'è dietro e poi non saprei neanche da che parte cominciare"
"Ecco il suo indirizzo" mi porse un foglietto, era l'interno di un pacchetto di sigarette, la grafia poteva essere quella di mio padre, ma non potevo saperlo visto che non ricordavo assolutamente la grafia di mio padre…questa era una cosa che dovevo scoprire
"L'hai scritto tu ?"
"Si"
Bene l'avevo scoperto, ma non ero certo che la cosa mi servisse
"Avevamo degli affari insieme e non vorrei che se la sia squagliata, per rispondere alla tua domanda"
Si alzò e si avviò verso la porta
"Teniamoci in contatto"
- Non ho il tuo numero - gli feci notare
- Ma io ho il tuo - uscì dalla stanza lasciandomi lì con il bigliettino, uno strano caso di sparizione, i miei fascicoli sui serial killer, e un turbine di pensieri e riflessioni…riflessioni su ricordi che avevo dimenticato e dimenticanze che stavo ricordando.
Cercai sullo stradario l'indirizzo, era in estrema periferia, indossai il mio soprabito e decisi di andare a fare una visitina alla casa del professore
Non lasciai detto a nessuno dove andavo e guardando l'ufficio vuoto pensai che non appena avessi potuto mi sarei fatto una segretaria, la scorsa settimana mi ero fatto un infermiera e devo dire che la cosa mi era piaciuta.
Arrivato sul posto parcheggiai poco distante dal palazzo che corrispondeva all'indirizzo datomi da mio padre. Era un edificio basso di quattro piani, l'aspetto esterno era piuttosto fatiscente, salii le poche scale che mi separavano dal portone ed entrai. L'androne era buio, e un piccolo e angusto corridoio portava ad una porticina di legno. Lungo il muro c'erano scritte e graffiti di vari colori: Topina ti amo, Caligola è un gran testa di cazzo, Guy e Franci insieme per l'eternità, Manuele è frocio, Nel Sahara libico la temperatura supera spesso i 50°C
Seguii il muro fino alla porticina, l'aprii e mi ritrovai in uno di quei piccoli cortili condominiali, sul quale si affacciavano due porte, su una c'era scritto "Portiere" e sull'altra " Studio del professor Dubois " decisi di prendere la seconda, ma ovviamente era chiusa. Non era il caso di dare nell'occhio nel tentativo di scassinarla, sarei tornato la notte, avrei sfruttato il tempo che mi separava dell'effrazione, cercando di documentarmi sul professor Dubois.
L'unico che poteva sapere qualcosa era una mia conoscenza, il vecchio Tiresia. Aveva un piccolo negozio di libri nel quartiere greco.
Quando entrai il campanellino della porta avvisò della mia presenza. Il vecchio Tiresia era ormai completamente cieco, e a dargli una mano c'era sua nipote Mirò.
Fu lei che venne ad accogliermi, indossava dei jeans e una camicetta bianca che le metteva in risalto gli occhi neri, qualsiasi cosa avesse indossato quella ragazza l'avrebbe portata sempre con gran classe. Aveva i capelli raccolti dietro la testa e portava un paio di occhiali con montatura nera. Sapevo che aveva un debole per me e la cosa non poteva che farmi piacere, ma sapevo anche di non essere l'uomo giusto per lei, quindi mi limitavo a scherzarci e a trattarla come una bambina, cosa che la faceva arrabbiare moltissimo.
L'unica storia importante della mia vita era finita anni fa e sapevo che non ce ne sarebbe stata un'altra. Tutto l'amore che ero in grado di dare l'avevo già dato.
"Posso chiederti come andò" mi chiese una volta la piccola curiosa
"Che a un certo punto lei si è stancata e mi ha dato il ben servito"
"Così senza nessun preavviso ?" eravamo nel retro della libreria e aspettavamo Tiresia che era andato a prendere la pensione
"Non proprio"
"Cioè" insisteva, rapita da quello che le stavo per dire
"Avevo avuto delle avvisaglie…cominciai a sospettare che qualcosa non andava quando prese a darmi del lei al telefono"
"Io non potrei mai lasciarti"
"Certo piccola, dicono tutte così"
"Ma io dico sul serio" mi si avvicinò e mi baciò così, a tradimento…una delle poche volte che qualcuno è riuscito a cogliermi di sorpresa…quell'episodio è naturalmente rimasto ben piegato nei nostri ricordi e non ne abbiamo mai più parlato
"Tuo zio ?"
"Ciao eh"
"Ciao piccola"
"Lo zio è nel retro"
Oltrepassai la piccola tenda che divideva il negozio da un'altra stanza più stretta della prima, ma più lunga, rivestita completamente da una libreria ricca di volumi di tutte le dimensioni e rilegature, ma soprattutto di pezzi d'antiquariato di valore inestimabile. Tiresia era seduto su una vecchia poltrona
"Guarda chi si vede" mi disse e scoppiò in una rumorosa e scomposta risata
"Salve vecchio" andai a sedermi vicino a lui
"Sono tutto orecchie" mi disse e sghignazzò facendo uno strano rumore, come un frullino su una tavola di marmo, o magari è il frullino su una tavola di marmo che fa il rumore di Tiresia…ma il punto non è e non era questo
"Vecchio ho bisogno del tuo aiuto…Conosci un certo professor Dubois ?"
Lo conosceva e lo stimava. Sembra che questo professore fosse un eminente figura della scienza e della cultura
Tiresia si alzò e muovendosi con sicurezza nel suo ambiente arrivò ad uno scaffale da dove tirò fuori un piccolo libro, quindi tornò a sedersi.
"Un grosso studioso Pierre Dubois, scienziato, inventore, filosofo e gran giocatore di ping pong."
Mi porse un libricino verde. Era un piccolo saggio del professor Dubois dal titolo. "Etica ed Estetica. E' solo un caso che facciano rima ? "
"Io lo conobbi" continuò Tiresia continuando a muoversi fra i suoi libri
" …alla presentazione di un suo libro, era…era…" si fermò davanti ad uno scaffale e tirò fuori un altro volume
"eccolo…un interessantissimo trattato di semantica" tornò verso di me porgendomi anche l'altro libro
" ...in cui dimostra dialetticamente l'utilità del linguaggio verbale nelle conversazioni telefoniche."
"Sai a cosa stava lavorando prima che sparisse ?" gli chiesi mentre sfogliavo il trattato del professor Dubois
"Non sapevo fosse sparito"
"Volatilizzato" chiusi il volume e fissai il vecchio che tacque, probabilmente sapeva dove potesse essere il professore, evitai di parlare anch'io per non disturbarlo. Passò circa un quarto d'ora prima che parlasse di nuovo
"Posso sapere a che pensi ?" mi chiese in un sussurro
"Io a niente perché ?" risposi stupito
"Non lo so stai zitto"
"Pensavo stessi pensando tu"
"Pensavi stessi pensando io ? Ma io non pensavo affatto, pensavo invece che fossi tu che stavi pensando, ma tu pensa…comunque non pensiamoci più…aspetta, ora che mi ci fai pensare…come ho fatto a non pensarci prima, c'è una cosa a cui avrei dovuto pensare…si, potrebbe…forse"
"A cosa pensi ?"
Tiresia si alzò e cominciò a muoversi per la stanza tutto agitato. Era incredibile come evitasse ogni cosa e sempre all'ultimo momento
"Una volta mi portò nel suo laboratorio e mi mostrò, o almeno questa era la sua intenzione, la sua ultima invenzione; si trattava di uno specchio che rifletteva il desiderio e non la realtà
"Spiegati meglio"
"Non so magari ti specchiavi e ti vedevi più alto e più snello, oppure eri in pigiama e ti riflettevi in smoking…ti mostrava come volevi vederti e non come realmente eri e questo valeva anche per le persone che avevi intorno e per gli oggetti"
"Ma a che serve uno specchio del genere ?"
Tiresia si adagiò sullo schienale della sua poltrona, fece una pausa riflessiva
"E' quello che provai a dirgli io, ma ricordo s'infuriò terribilmente. Mi accusò di essere un pragmatico e un funzionalista, e che non riuscivo a vedere al di là del mio naso
"Prima non eri così" mi disse "da quando hai perso la vista, sei diventato cieco".
La verità è che dopo che fu buttato fuori da tutte le università non è stato più lo stesso e il limite di tutte le sue ultime invenzioni è stato sempre l'utilità
" Perché ?"
"Perché inventa cose che non servono a niente, come il cacciavite con il manico di spugna"
"Perché lo hanno buttato fuori dalle università ? "
"Non ha mai voluto dirmelo" si tirò su "credo che si sia trattato di una terribile ingiustizia…non vedo altrimenti perché…e già come potrei vedere…" si sbellicò dalle risate, mentre con una mano si teneva la pancia; di nuovo il frullino sul marmo. Capii che per ora la mia conversazione con Tiresia era finita, uscii.
Rimasi un po' a parlare con Mirò. C'era qualcosa nel sorriso di quella piccola ninfetta che mi scuoteva lo stomaco e non solo. La invitai a cena per la sera dopo, lei rifiutò, ma riuscì a vendermi un trattato sulla vulcanizzazione delle gomme.
Tornai al mio ufficio e verificai se c'erano messaggi in segreteria. Niente.
Passai il tempo che mi separava dall'oscurità sfogliando il librò che Mirò mi aveva venduto…c'era una parte in cui si dimostrava come il processo di vulcanizzazione fosse adottato anche da alcune industrie dolciarie, resistetti per poco, poi caddi addormentato.
Mi svegliai di soprassalto, colpito al cervello da uno squillo, che il sole era sparito già da un po'. Avevo avuto un incubo: ero a letto con una donna bellissima e stavamo facendo del sesso sfrenato, la luce della luna filtrava attraverso le persiane illuminando i nostri corpi nudi, lei era sopra di me sudata che gridava, io ero sotto di lei sudato che gridavo, accanto a noi c'era un tizio tutto sudato che gridava, all'improvviso la donna si ferma ritta su di me, mi guarda e mi fa:
- Non ti ho già visto da qualche parte ?
In quel momento lo squillo. Risposi al telefono era mio padre
" Oh !" dissi
"Come va ?" mi chiese
"Stavo appunto…" lasciai cadere
"A che punto sei ?"
"Ci sentiamo due volte nello stesso giorno dopo sei anni, non hai paura di uno shock anafilattico ?"
"Sai una cosa, è una fortuna che tu non faccia del cabaret"
"Ancora nessuna novità…risentiamoci più in là" Tagliai corto
"No ascolta" mi bloccò lui "Voglio che lasci perdere"
"Come ?"
" Si molla tutto"
"Che succede ?"
"Niente, ma la cosa sta diventando pericolosa…io non sono mai stato un buon padre, ma non vorrei mettere a repentaglio la tua vita, c'è qualcuno che…cosa? Ehi, ma…no! No! AAHHH!!
"Pa', ma che ?…Pa' -
Cosa stava succedendo ? E quel grido ? Prima di riagganciare mi parve di udire uno stralcio di conversazione dall'altra parte della cornetta
"Beh, come è andata ?"
"Credo che l'abbia bevuta"
"Davvero ?"
"Se lo conosco, si"
Ma un discorso simile non aveva alcun senso, quindi supposi si trattasse di un interferenza
Tornai al laboratorio del professor Dubois, sotto un cielo senza stelle, con una luna che galleggiava nell'oscurità e che con il suo unico occhio non mi perse mai di vista. I suoi raggi erano su di me quando sbucai nel cortiletto e proiettandosi sul muro creavano strani giochi d'ombra: il coniglio, l'aquila, il serpente e ancora quella figura nera e allungata…era da quando ero sceso dalla macchina che ce l'avevo alle spalle, l'avevo notata subito, ma non l'avevo dato a vedere. E' un trucchetto che ho imparato facendo questo mestiere, se scorgi con la coda dell'occhio che ti stanno pedinando, per evitare che l'inseguitore capisca che è stato scoperto, distogli velocemente lo sguardo e puntalo a terra, cammina con un piede davanti all'altro, punta contro tacco, le mani in tasca e comincia a fischiettare.
Tornando a quella sera, la presenza della mia ombra dietro me era più rassicurante che altro, quindi non ci badai e tirai fuori il necesseire per scassinare la porta del laboratorio, ma non fu necessario, era accostata. Forse la mia ricerca era giunta a termine.
Entrai lentamente e scesi i tre gradini che colmavano il dislivello tra il piano esterno e quello interno. Di fronte a me una cantina; un tavolo di legno grezzo, sulla sinistra, l'attraversava tutta per la lunghezza. Sul tavolo un groviglio di tubicini e alambicchi, alla fine di quella ragnatela di vetro un cesto di frutta. Poggiato contro la parete di fondo una consolle enorme con tasti, manopole, lucette e lancette. Continuando a ruotare con lo sguardo s'incrociava un grosso specchio coperto con un panno di velluto viola, mi avvicinai e tirai via di colpo il panno.
Nello specchio c'ero io in abiti settecenteschi, con un parruccone e una giacca rossa con maniche e colletto merlettato, il viso era incipriato, la cantina era diventata una stanza lussuosa, con broccati e tendaggi, e due splendide colonnine con putti alle mie spalle, mi voltai e ero di nuovo nella cantina, vestito con il mio impermeabile.
Lo specchio di cui parlava Tiresia, chiusi gli occhi, mi voltai di nuovo di fronte allo specchio e li riaprii. Questa volta ero in alta uniforme da ufficiale della marina, e alle mie spalle il ponte di una nave…come invenzione non serviva a niente, ma era comunque divertente.
Improvvisamente mi accorsi che riflessa nello specchio, c'era una bellissima donna, tutta nuda, che mi puntava una pistola…solo la pistola senza nient'altro addosso…era là, nuda e pericolosa…bella…la pistola puntata nella mia direzione, i capezzoli anche…la pelle era chiara, i fianchi si restringevano per poi riallargarsi dolcemente nella splendida forma dei glutei, il braccio teso guidava lo sguardo verso la pistola, il ventre piatto guidava lo sguardo verso…forse è il caso di recuperare il controllo.
"Smetti di pensare quello che stai pensando" mi intimò
"Non so se…" improvvisamente indossava un completino intimo: calze autoreggenti, mutandine e reggiseno di pizzo nero
Si avvicinò facendo toccare la bocca della pistola contro la mia nuca
"Smettila"
Ora era vestita con una tutina di pelle nera, aderentissima, aperta sui tre punti cardinali
"Se non la finisci sparo"
"Ci sto provando, sto pensando a tutt'altro" le dissi
Era un infermiera con autoreggenti bianche e divisa cortissima e scollata
Mi venne davanti, prese il panno e coprì di nuovo lo specchio.
"Ecco così non devi sforzarti"
Poco prima che arrivasse lei mi stavo chiedendo a cosa servisse quello specchio
"Finalmente l'avete trovato il laboratorio"
"Non è stato poi così difficile"
"Infatti vi aspettavo molto prima"
"Ti prego dammi del tu"
"E' inutile che fai lo spiritoso, dov'è il resto della tua banda"
"Credo che ti stia sbagliando" feci per avvicinarmi
"Fermo là" mi fece segno con l'arma
"So bene per chi lavori"
"Ascolta, risolvo subito l'equivoco presentandomi, sono un investigatore privato e sono stato incaricato di trovare il professor Dubois, ora se gentilmente mi spieghi chi sei "
"Melissa Dubois, la figlia del professor Dubois"
Nel frattempo, a molti chilometri di distanza, in un quartiere di Istambul, in un appartamento affacciato sul Bosforo, un uomo stava spiegando alla moglie di tre anni più giovane di lui come si forma un buco nero.
La figlia di Dubois, quella creatura cosi eccitante e peccaminosa era la figlia dello scienziato scomparso.
"Chi mi assicura che non lavori per loro"
"Loro chi ?"
"Quelli che hanno rapito mio padre"
Andai a sedermi sul tavolo
"Che fai ?"
"Vado a sedermi sul tavolo appunto…Chi sarebbero queste persone che hanno rapito tuo padre?"
Lei mi fissò negli occhi nella speranza di capire se poteva o meno fidarsi di me, il suo sguardo mi penetrò con la sua innocenza e la sua vulnerabilità, mi avvicinai per offrire protezione a quell'angelo.
"Non lo farei" mi avvertì infilandomi la canna della pistola in una narice
"Gli uomini di Don Ciccio 'o stuorto…sai di chi sto parlando"
Sapevo di chi parlava, avevo un dossier su di lui lungo chilometri: Don Ciccio 'o stuorto, una delle figure più sanguinarie della storia della mafia. Il suo nome era in realtà Frank Ulrich nato quarantatre anni prima nei sobborghi di Graz in Austria, ma da fin da piccolo aveva deciso che sarebbe diventato un picciotto, come Sonny de "Il Padrino", presto, però, si era reso conto che non sarebbe stato facile per un giovane ragazzotto biondo, con accento tedesco, ascendere alle alte sfere di una famiglia mafiosa, decise quindi di tingersi i capelli di nero, cambiò il suo nome in Ciccio 'o stuorto e prese a dire, ogni tre o quattro frasi, "nun è ovecro kuajò ?".
"Perché credi che dietro la sparizione di tuo padre ci sia Don Ciccio 'o stuorto?"
"Perché ho trovato questa"
Mi porse un foglio
" Era per terra "
Chiunque avesse preso il professore lavorava per Don Ciccio quella che avevo in mano era la sua carta intestata.
Avevo già visto quella carta in un indagine dove trovammo sul luogo di una strage diverse ritenute d'acconto che L'Organizzazione aveva rilasciato ad alcuni scagnozzi per prestazione straordinaria.
"Capisco" le restituii il foglio
"Se non lavori per loro per chi lavori ?"
"Il mio segreto professionale m'imporrebbe di non rivelare il nome del mio cliente, ma sono stato sciolto dall'incarico poco prima di venire qua, quindi posso dirtelo. Sono stato assunto da mio padre che non vedevo da anni, per rintracciare tuo padre…carino no ?"
"Si conoscevano ?"
"Questo dovresti dirmelo tu"
"Anch'io non vedevo mio padre da un po', mi ha mandato una lettera dicendomi di venirlo a trovare"
"Una lettera ? E perché non una telefonata ?"
"E' la stessa cosa che mi sono chiesta, ho provato a chiamarlo, ma non rispondeva nessuno, quindi sono partita. Arrivata qua, ho trovato varie cose sue, tra cui quello strano specchio, ma di mio padre neanche l'ombra"
"Vorrei chiederti una cosa"
"Cosa ?"
Capii che stava cominciando a fidarsi di me, perché estrasse la canna della pistola dalla mia narice
Mi massaggiai un po' il naso, la guardai riconoscente e le chiesi se sapeva qualcosa della faccenda dell'Università
Quando suo padre era ormai diventato una personalità in quasi tutti i campi del sapere, poco dopo aver pubblicato il suo saggio ontologico: "Io esisto e ho molti amici che possono testimoniarlo", tradotto in sedici lingue, cioè quando ormai il suo nome era entrato negli annali della scienza, accadde l'irreparabile. Ad una conferenza a Londra espose una sua personale tesi in cui sosteneva che la lingua araba come la conosciamo noi europei in realtà non esiste, è solo un insieme di versi gutturali e casuali che i popoli arabi usano quando ci siamo noi nei paraggi, ma non appena ci allontaniamo riprendono ad usare la loro vera lingua che è molto più comprensibile. Era sua intenzione dimostrare tale tesi travestendosi da arabo e avvicinandosi ad un gruppetto di loro emettendo versi a caso del tipo gralbbuarstgrr, ablaglablà grhhhrgbla, se uno di loro gli avesse risposto era fatta.
Dubois non trovò alleati a sostegno di questa tesi, anzi fu allontanato in malo modo da tutte le università e non gli fu più permesso di ritornarci neppure per riprendersi l'ombrello che aveva dimenticato. Questo fu un duro colpo per lui, si ritirò dai clamori della vita pubblica e per un anno andò a vivere con la figlia, fece poi ritorno a casa e riprese le sue ricerche, questa volta indirizzate verso non si sa bene cosa
"E' possibile che non ci sia neanche un indizio sul lavoro di tuo padre ?"
Seguimi mi ordinò e si diresse verso una porticina che non avevo notato e che si trovava alla destra dell'entrata. Superammo la piccola porta e ci trovammo in un'altra stanzetta più angusta, con un tavolinetto su cui erano poggiati, sparsi in modo disordinato, degli appunti. Nel punto d'incontro tra le due pareti c'era una cabina telefonica di quelle pubbliche.
"Non dovrebbe stare qua questa" scherzai dando un colpetto alla cabina, con uno strano suono la porta si apri; dentro era una comunissima cabina, ma il telefono era molto particolare, aveva una tastiera con lettere e numeri, e un display piuttosto grande, era più simile ad un computer che ad un telefono.
"Volevo mostrarti questo" si avvicinò con in mano un piccolo quadernetto, per niente stupita dall'apertura della cabina, forse aveva già avuto modo di vederla
"Non sembri per niente stupita dall'apertura della cabina"
"Ho già avuto modo di vederla".
Presi il quadernino fra le mani e cominciai a sfogliarlo, era scritto con una grafia ordinata e datato giornalmente

14 ottobre
Forse ce l' ho fatta. Il mondo intero dovrà riconoscere che sono un genio, sarò riammesso nelle università e potrò riprendermi l'ombrello.
Ho inventato qualcosa di straordinario, ma al contempo di terrificante, posso confidare nell' uomo e nella sua morale ? Mi trovo al bivio in cui da sempre si è trovata la scienza, rivelare al mondo la mia invenzione e sperare che ne venga fatto l'uso migliore o distruggerla…

15 ottobre
Dopo averci dormito su, mi sono reso conto, che è mio dovere rivelarla al mondo intero, perché già gli appartiene…chi sono io per arrogarmi il diritto di valutare se l'uomo è pronto o meno a riceverla.

16 ottobre
Oggi sperimenterò la mia invenzione.
Ore 10.00- Sono pronto. Ho chiuso il mio laboratorio per evitare intrusioni. Oggi viaggerò nel tempo
Ore 10.30 - Ho regolato il timer in modo che mi porti indietro nel tempo di 35 minuti e come luogo di destinazione ho scelto la stanza attigua a quella in cui si svolgerà l'esperimento.
Ore 15.30 - L'esperimento è andato bene…quasi bene. Sono tornato indietro nell'ora e nel luogo programmati, ma sono rimasto chiuso fuori dal laboratorio ed ho dovuto forzare la porta.

17 ottobre
Si ! Si! Si! Ce l' ho fatta. Che ho mai inventato ?! Ho vinto spazio e tempo! O il contrario ? O svelato uno dei misteri più antichi. Si viaggerà nel tempo oltre che nello spazio…finalmente scopriremo se lo spazio nel tempo non sia in realtà sempre lo stesso spazio o se quello spazio non sia in realtà ripetuto nel tempo in infiniti spazi. Infiniti spazi in infinite realtà lungo un tempo infinito per infinite percezioni della realtà…comunque non trovo più il caffè.

18 ottobre
Sono amareggiato, anzi profondamente disorientato… ho fatto un altro viaggio… La mia invenzione funziona. Funziona! Funziona!
Oggi è il giorno più importante dopo quello in cui Prometeo regalò il fuoco all' uomo…ma se questa scoperta cadesse nelle mani sbagliate ? Devo mantenere il più assoluto riserbo. Ma tu guarda che sfiga, faccio la scoperta più importante dopo il fuoco e non posso dirlo a nessuno

25 ottobre
Questa notte non ho chiuso occhio…Ho violato la Natura? Ho stuprato mia Madre. Ho avuto la pretesa di dominarla? Certo…proviamo a guardare la cosa da un altro punto di vista, pensavo… io appartengo alla Natura, sono suo figlio al pari di…di…di un terremoto che per quanto terrificante sia è comunque naturale e nessuno si sogna di andare da un terremoto ha dirgli che con il suo comportamento ha violentato la Madre Natura…fa parte della mia natura risponderebbe o non risponderebbe affatto e io ? Io ho fatto una cosa che è nella mia natura, per il fatto stesso che sono stato in grado di farla…ho quindi fatto un cosa che la Natura stessa mi ha permesso di fare…e allora che vuole ?

26 ottobre
Anche questa notte non ho dormito. Sono dilaniato dal Dubbio. Rivelare la mia scoperta e far fare all'umanità un passo avanti e se quel passo fosse verso un terribile baratro… ho il futuro dell'umanità nelle mie mani…certo se lo sapesse il mio professore di matematica…bussano alla porta, chi sar…cazzo!

Gli appunti del professore s'interrompevano in quel punto e non c'era altro, rimasi a sfogliarli
- S'interrompono così…e non c'è altro ?"
Chiusi il diario e mi voltai a guardare la ragazza nella cabina. Aveva uno sguardo strano, indecifrabile, nel caso avessi dovuto comunque decifrarlo, avrei detto spaventata. Mi voltai di nuovo e dietro di noi c'era mio padre che ci puntava una pistola.
" Tranquilla è mio padre " sorrisi alla ragazza, rassicurante.
Poco dopo.
Mio padre finì di legarci ben stretti poi sempre puntandoci la pistola si allontanò.
" Magari sta scherzando…" cercai di ironizzare con lei
" Mi dispiace figliolo, ma di fronte ad una scoperta simile e ai soldi che potrei farci, i legami familiari tendono un po' ad allentarsi, mi capisci vero ?
Si accomodò sul tavolo di fronte a noi, pronto a rivelarci perché un intrallazzatore e ladruncolo come lui s'interessava alla scoperta del professore
"Vi starete chiedendo come mai un intrallazzatore e ladruncolo come me s'interessi tanto alla scoperta del professore.
In realtà è stato un caso, ero venuto da lui per vendergli una serie completa della Bibbia in musicassetta, con adesivi dei momenti più importanti… non è male, c'è questa con L'arca dell'alleanza che è particolarmente bella…"
Si avvicinò e ci mostrò una figurina adesiva che rappresentava l'Arca
"… lei che mi dice signorina ? Consideri poi che le figurine sono solo un optional, il prodotto che vengo a mostrarle è tutto per intero il Libro dei Libri, senza però l'impegno di leggerlo. Mettiamo il caso lei sia impegnata nelle faccende domestiche, che so, lavare…
"Papà, non credo ci possa interessare in questo momento fare un acquisto…
"Mai smettere di crederci ragazzo, ricordalo" e accompagnò la frase con un occhiolino.
Tornò al tavolo, puntò di nuovo l'arma nella nostra direzione.
" Insomma finisco qua e il vecchio, mentre chiacchieriamo mi parla della sua scoperta. Io faccio finta di niente e gli chiedo se posso tornare per fare una dimostrazione delle musicassette, magari gli faccio sentire un pezzo della Genesi… quello voleva regalare la sua invenzione all' umanità: gli appartiene diceva, ma io penso, se l'umanità ne ha fatto a meno per tutto questo tempo si vede che non è indispensabile, non credi, è quindi corretto dire che non è una necessità, ma un superfluo, e il superfluo ha un prezzo, dico bene figliolo ?…Gli ideali sono belli, e gli idealisti simpatici, ma dopo il carosello si va a letto, non è vero figliolo e tocca a noi adulti fare le cose serie…
" Quindi l'hai fatto sparire tu il professore ?
" Mi stupisci ragazzo, se sapessi dov'è il professore avrei ingaggiato te ? Mi pare quindi d'intuire che neppure la fanciulla sappia dov'è …e io come faccio a far funzionare quel trabiccolo ? Però se non ce l'avete voi e io non ce l'ho…
In quel momento si udì un rumore come di un vaso colmo di shampo che si rovesci su un terreno ghiaioso in pieno equatore e poi una voce che diceva:
" Foi azpettatemi kvi e statefe akkuorte, io entro kon il mio amiko profezzore. Nun è ovecro kuajò ?
" Cazzo!" esclamò mio padre, quindi si diresse verso una stanzetta, lasciandoci lì legati come un sol corpo…in un altro momento la cosa non mi sarebbe dispiaciuta affatto.
" Io mi nascondo, voi fate finta di niente
In quel momento entrarono il professor Dubois imbavagliato, tirato per la collottola da Don Ciccio 'o stuorto.
Io e la ragazza provammo a fare i vaghi più che ci fosse possibile, ma loro comunque ci notarono.
" AH! Koza appiamo kuà ?
" Papà" esclamò la ragazza
"Mhmm! Mhmm! Mhmm!" rispose il professor Dubois tentando di divincolarsi da quella presa, ma Don Ciccio lo trattenne.
"Kiane, kiane. Quanta freta. E cozi questa è la tua piccirilla ya… potrai ezzere fiera ti tuo patre, ha fatto uno scoperta uno, ke aiuterà tutta umanità tutta, ma prima ankora me, Nun è ovecro kuajò ?"
In tutte questo tempo io non ero rimasto con le mani in mano, avevo verificato i nodi…gli anni negli scout non sono mai buttati…è lì che ho imparato a sciogliere qualsiasi tipo di nodo e gli accordi di "Wish you were here"
Don Ciccio si fece avanti con il professor che guardava nella nostra direzione con sguardo stranamente enigmatico, Probabilmente pensava io fossi il compagno della figlia …certo a prima vista posso non sembrare un buon partito, poi così legato, ma in realtà non è che le cose mi andassero poi così male. Ero arrivato a buon punto anche con il fondo pensionistico e in più un mio amico aveva fatto un buon investimento per conto mio, si trattava di lanciare sul mercato una serie di fumetti hard tratti dall' "Ulisse" di Joyce.
"Ora il profezzore ci farà vedere kome funziona la zua macchinina zua
"Ecco bravo, sono curioso anch'io di saperlo" sottolineò mio padre uscendo allo scoperto con la pistola in pugno
"E kest' mo ki kazz'è ?" esclamo Don Ciccio sorpreso.
" Uno che è interessato quanto te al pulman per il passato, e ha intenzione di farlo pagare caro il biglietto.
Squillò il telefono
Ero riuscito a sciogliere i nodi… Ero quasi riuscito a sciogliere i nodi
" Tu non zai ki zong'io" gli intimò Don Ciccio
" Un tedesco che cerca di parlare napoletano, mi sembra" lo sfottè mio padre
La cosa fece inkkazzare non poco Don Ciccio
" Prutte pastardo. Ie ti faccio sputare 'o zangue ! Nun è ovecro kuajò
Sciolti.Mi alzai e tirai fuori la rivoltella che portavo alla caviglia. L'ho imparato dai film, ma ragazzi se serve !
Secondo squillò del telefono
" Mi dispiace ragazzi, ma qui nessuno farà pagare un bel niente. Se credete sarà il nonnetto ha decidere cosa farci della sua cabina truccata. Nun è ovecro kuajò ?… o al massimo la figlia," dissi indicando l'angelica fanciulla
" Mhmm! Mhmm! Mhmm!" intervenne il professore
" Ma si può sapere che vuole " chiese irritato mio padre
" Vuole dirvi che non sono sua figlia" disse la ragazza tirando fuori un pistolone da non so neanch'io dove.
" E ha ragione. Mi chiamo Shannon e mi dispiace dirvi che il problema sullo scopo di quell'aggeggio non c'è. Serve alla nostra causa e lo useremo noi per conquistare la libertà e scacciare l'imperialista. Sarà il pugnale di Bruto contro il tiranno.
Mi girai e puntai l'arma contro di lei
"Io se fossi in te non ci proverei, non mi stai neanche simpatico"
E io che credevo di aver fatto colpo.
" Neanche tu a me"
Ci girammo tutti e dietro di noi c'era Mirò con un fucile a pompa
" Ciao tesoro"
"Mirò che ci fai qui ? " puntai l'arma verso Mirò
" Ti ho seguito e mi sembra di aver fatto bene. Vieni qui amore e dammi una mano ha tenerli sott'occhio."
Devo dire che la bambina mi sorprese…mi apparve come una chimera un coraggio da leone su un corpo da ninfa
Terzo squillo del telefono e parte la segreteria
Feci per andare verso Mirò, girandomi per tenere sotto tiro l'allegro gruppo.
Una delle regole degli antichi samurai: "Non girare mai le spalle ad un nemico"
Arrivo da lei quando da sotto una pila di fogli spunta un cinese con una mitraglietta d'assalto
"Mi dispiace per tutti signoli. Ma qui se c'è qulcuno che poltelà via quel tleciclo salò io…
Puntai la pistola sul cinese
"…anche l'olganizzazione pel cui lavolo io è intelessata a questa scopelta e lei signolina è entlata in qualcosa più glande… non lidete" si girò tenendo tutti sotto tiro
"…più glande di lei. Pelò un po mi dispiace dovelvi fale fuoli tutti." e chiuse la frase sghignazzando
"Fermi tutti" gridò un megafono da fuori
Rivolsi l'arma verso l'invisibile sorgente di quella voce tonante
" E' la polizia, siete circondati, quindi uscite con le mani in alto…
Finì il messaggio della segreteria e si senti una voce alla cornetta
"Nessuno di voi avrà quel catafalco…
Il professore che nel frattempo era riuscito a togliersi la benda proruppe
" Una macchina del tempo! E' una cazzo di macchina del tempo e non un treciclo o un pullman! Una piccola e semplice macchina del tempo"
"…quello che è" continuò la voce dalla segreteria
" comunque i discorsi stanno a zero. La cosa del tempo è nostra…"
"L' ho vista prima io" gridò mio padre
La tensione cresceva e io non sapevo più contro chi puntare la pistola
" Nooo!" gridò la bella rivoluzionaria e prese a sparare contro la segreteria
Qualcuno sparò contro di lei, rovinando quel corpo da favola
QualcunAltro sparò contro Qualcuno aprendogli un foro nel petto grosso come un doblone
QualcunAltroAncora sparò contro QualcunAltro riducendogli la faccia ad un paesaggio
Io mi sentii tirare mentre decidevo se sparare a QualcunAltroAncora o prendere già di mira QualcunAltroAncoraAncora.
Mirò, mi trascinò nella cabina e la chiuse.
Un colpo sfiorò il vetro e io mi buttai per proteggere la mia piccola. Inavvertitamente o io o lei spingemmo qualcosa in quella doccia volante. Per un attimo ebbi modo di leggere il display:
Indietro di 5 secondi
Poi accadde qualcosa. Ci fu una luce e poi mi sentìì come quando da piccoli vi prendevano e vi lanciavano con forza contro un muro. Poi il buio.
Eravamo nella cabina, lei abbracciata a me, lo sguardo nello sguardo, un colpo sfiorò il vetro e io mi buttai per proteggerla urtai o urtò un tasto e poco prima di una forte luce ebbi modo di leggere sul display:
Indietro di 5 secondi
Il mio corpo fu centrifugato, mi ritrovai nella cabina, Mirò avvinghiata a me con disperazione, i nostri occhi s'incrociarono lanciandosi promesse, un colpo sfiorò il vetro, nel tentativo di schermarla mi tuffai sul telefono e ebbi modo di leggere sul display:
Indietro di 5 secondi
Una luce. Nessun suono. Il terremoto. I nostri corpi avvinghiati. I nostri sguardi fusi in un solo pensiero…saremmo stati insieme per l'eternità.