Vincenzo Piredda

sono sardo, ho trent'anni,e scrivo all'unico scopo di fare dei soldi. Altro non dico.
Ah, si : morirò povero in canna.

E ANCORA LA GUARDA

"Dottorè,io mi stò innamorando"
"E di chi ti stai innamorando,se è lecito...?"
"Di chi...?Di una...!"
"La conosco?"
"No...non credo..."
"E com'è che si chiama la ...sfortunata?"
"Mà...ancòra non...non me l'ha detto"
"Come come...,fammi un pò capire...?"
"Non lo sò...il nome...qual'è...è una che viene in biblioteca...a studiare,che vedo lì ogni tanto..."
"Allora spiegami cosa c'entra l'amore? Se nemmeno la conosci;se nemmeno ci hai mai parlato;o mi sbaglio?"
"Sì che ci ho parlato!"
"A davvero?E...cosa vi siete detti?"
"Eh?"
"Di cosa avete parlato?"
"Così...un pò di libri...cosa stavamo studiando...eee..."
"E...?"
"No...così...niente diii..."
"Ho capito,ho capito...;ma perché non chiamare le cose sì i sentimenti col proprio nome?Perché non dire:dottoressa,sà che questi giorni,in biblioteca,ho conosciuto -e anche su questo ci sarebbe da discutere- che ho conosciuto una ragazza,e che sento un'attrazione irresistibile -un'attrazione fisica- nei suoi confronti."
"No...no...!Quello che provo non è qualcosa di fisico...io...sì,anche...,ma non solo...;ecco...quello che voglio dire è che è ...sì ...ecco...: il sentimento che mi spinge verso di lei è...in un certo senso...una specie di sentimento religioso...qualcosa diii...sì,così!"
"E perché mai...religioso?"
"Perché io l'amavo...no,anzi,era come se l'amassi già prima di conoscerla!"
"Ah!Ah! "
"Perché sta ridendo?"
"Perchée...?...Perché sei uno stupido,uno stupido...che parla,parla...Ma cosa ne sai tu dell'amore...cosa ne puoi sapere...?"
"Già,cosa ne sò io...,ecco...cosa sò: che la amo quando la vedo,e che ho sempre voglia di vederla!"
"Bene bene, e cos'altro sai?"
"Che sono innamorato!"
"Questo l'avevo capito; e comunque...contento tu..."
"Beh...contento...,sà cos'è...: è che...per me...l'amore...è come...un tormento...sì, come un dolore che mi tormenta..."
"Sì,continua così,continua...;manda un'altra volta a puttane la tua vita.Sbagli e lo sai.Svègliati .Quelli come te -che non hanno talento per la felicità,lo hai detto tu una volta no?- non hanno talento -aggiungo io- nemmeno per l'amore...!Sono, in un certo senso, congenitamente impossibilitati ad amare!...Capìto Vincé...?Svègliati e guarda le cose in faccia !"
"Dottorè...c'è una faccia sola...anzi,è un viso,l'unico che vedo,quando dormo e quando non dormo !"




E' ancora possibile coltivare desideri? -si chiede,mi chiedo- mentre la guarda,la fissa,lui,io,lo spasimante,l'infatuato,lui-io,il tenero innamorato delicato.Lui,l'infartuato,ancòra esiste quaggiù -si chiede- ,qualcuno esiste quaggiù,che ancòra s'incontri?
E intanto continua a guardare; a fissare,lui,in estatica adorazione a contemplare la sua madonnina della fortuna,il suo giglio di cera in una grotta di hennè.
Impercettibilmente le si avvicina,la sfiora,come in un ultimo,disperato tentativo.Allunga anche i .Verso l'ignoto, i . I tentàco...I diti.Le dita.Sembrando,quasi,domandarle la carità.D'un appoggio.D'un sostegno.D'un...ineffettuabile aiuto.Forse,ecco,d'una estrema,derelitta,persino canina pietà.
"Si può sapere cos'hai,tu,da guardarmi così?"-fà.L'ignota,sempre più assediata,contristata,esacerbata.
"Credè...".
"Credevi...?".
Fatìca a muover i labbri.Lui.Il guardò.Adesso.Lì.Ma,tenta,lì:
"Credevo ci foss..." -un esitazione lunghissima.Un eternità.Poi,riprendendo:
"Ci fossimo..." -fà. Quindi.Dopo che un'altra esitazione,un'altra eterna eternità ebbe ad esitare,e tremebondo,lì,in sui labbri suoi,i labbri,lì,di lui :
"...già..." -riuscì.O quasi.A dire.
"...già...".
"Già...cosa?"
...conosciùti -avrebbe voluto dire.E che pensava (di certo) si fòssero loro,già, un altra volta visti,e parlati,e chissà,fors'anche toccati,snudati,slinguati,spompi...Ma,a uscire,non fu che un rantolo. Il . Lo . Il mormorar il. L'incomprensibil del mormorìo suo moren...Et frantumà.Fra.Et.Frantumà.To.
Era,sì.Sicuro era.L'aveva.Conosciuta l'aveva.Lei,la richiesta della carità.Dell'ultima.Dell'aiuto.L'estremissimo.
E,durante questi pochi anni lui(io),esso,era così?Lui(io),esso,cambiato?Da non poter esser,lui,riconosciuto?Più?Lui?Esso?
Era,lui,così sceso?Precipitato?Da non dare a nessuno,o donare,o suscitare la voglia di
riconoscerlo?
Era anche salito (figurarsi se non) sull'autobus dei ricordi.Portar, s'era lasciato.Rimembrava il lungo viale.Rimembrava.Il viadotto,non il ponte,come dicono tutti,del Rosello.La piccola chiesa della Vergine del Latte Dolce.Il S.E.R.T. quando che ci andava.Sì.A trovare qualcheduno,qualcheduno di quelli,che fosse pur disposto a vendergli la cosa,la roba.Pane al pane,droga,si dice,o,merda.Merda sì,et ruìna!Ruuuìna coooordis meeeei...!!!
E lei,lei la regina bizantina,lei la piccola principessa circassa ,ma blanche fille aux chevaux noires,lei in tutto questo mercimonio di polverine magiche,che cosa lei ci aveva dunque a che fare?
Lei no!NO!Lei niente...Lei ora se ne stà lì,a sùggere con gusto la dolcissima linfa del sapere,e -svogliatamente-a seguirlo, nel rantolar suo.Di macho-culo-drogato.
Chè tanto,della verità.Tanto.Non saprà niente,non saprà.Mai.Niente. E anche di lui.Non saprà.E di tutto quel che si dice,e si aggiunge al già detto ed aggiunto,di lui,ecco,non
risulterà nient'altro,ecco,nient'altro che niente.
E,allora,lui,io,lì,nel pozzo delle delizie grigie,tra cataste di libri istruitissimi,nel luogo dove Tutto converge e si offre più di un documento a bene pregiare la Vita e... Tutto,allora,lui,lì,nella biblioteca dell'Amore,cosa restava a lui?Da fare intendo?

Fù allora che lui lì parlò,che disse - forse si significherebbe meglio col verbo sussurrare -che le ha sussurrato che,se non dava a lei fastidio,sentiva,troppo,come il desiderio,il desìr sentiva di raccontarle la sua vita,o almeno il cominciamento della sua rovina.
"Dài,vàbbè,allora...?".
"Già,allora...".
"Comincia...aiò...racconta...!".
"Il fatto è che io...di ragazze...non ne...come te...Non ne.Di donne dico.Ma se l'avè..."
Attònita lo stava a guardare,come nell'antro oscùro Enea, quando che la sibilla gli sparò il suo respònso,di decrèpita indovina ,ed abbozzò,lei.Un sorriso abbozzò.Lei,la ragazza,l'abbozzò.Ma.A dirla tutta.La bocca le si è,piegata le si è,come in un rictus,o in una smorfia,in una specie di con-patimento.Talmente che:
"Non intristirti in questa maniera -le disse quello(io),tutto preso nel suo incantamento confidenziale-...Perchè,vedi -ha continuato-,potessi dirla a te,la verità.Potessi dirti tutto,tutto quello che si contiene nel sentire del quì presente parlante tuo,allora confessarti dovrei che il sorriso,a me,ecco,un sorriso così,non l'ha abbozzato mai.Nessuno.Mai.Mai.M'è sempre sembrato.M'è sempre.A me.Ti giuro.Che portassi ro.Rogna,ecco.E tristezza.E voglia di sprofondare sempre -le giurò- sempre e sempre di più nel sentir male,nella disperazione anche e nella distruzione pure;e nel diventar niente:nella nebbiosità del;e nel lacrimar (anche) totale (pure);solamente voglia (anche e pure) di;di non esser neanche mai apparso,ovverossìa na...nato.Del resto,io,non ho avuto.Mai.Nient'ho.Avuto.Mentre che tu,invece,ecco,tutt'hai.O quasi.Perchè il tutto,ben lo sai,d'avercelo,proprio il tutto,non si può mai essere sicuri. Ed ecco,io,ora,tutto quello che vuoi,di ciò che desìderi,ti auguro,un giorno,d'avercelo."
Fece, allora, una pausa lunghissima. Un silenzio, fece, pieno anche di qualcosa che somigliava a un correr di brividi. O che altro, che...:
"Tutto, ti auguro -ripetette-.E anche,così, tu sia sempre.Così.Felice.Vedi: io non so mai dire quello che penso. E, men che meno, quello che sento. Che. Comunque, anche quando poco fà. Forse, tu, accorta non ti sei. Ma, quando poco fà mi parlavi. Anzi mi ascoltavi. Quando mi sfioravi. Allora.Ecco.Provavo.Allora.Come il.Come il.Provavo come il . Di stringerti. Abbracciarti. Baciarti. E poi, e poi, e poi, di leccarti. Tutta. Forte. Così. Sempre più. Sempre più. Forte. Sempre più. Se vuoi, ecco. Se vuoi. E di mandar giù tutto. Provavo. Assolutamente tutto. O tutta la tua. Perchè, se no, ecco, se no. Da pianger. Mi viene. Da.No, ti prego. Non andare. Non lasciarmi. Lo so bene io. Che del resto, io. Non son capace. Io. Di portar felicità. Io. Però. Se domani ascoltassi la necessità che ho di non sentirmi sempre così. Solo. Come un. Cane. Sperdùto. Senza affezione se non quella della disperata madre mia. Io. Ecco. Mi proverei. Mi sentirei, quasi. Di farti la proposta. A te. Di sposarmi. Con te. Di farci qualcosa, insomma, della mia vita. Con te."
Parlò proprio così: il desiderio, sentiva, di subitànea figliolanza. Poi:
"Perchè? Pensi, forse? Pensi, forse, che io non possa? Che, in me, io, non possa? Forse, che io non riesca a esser anche proliferante et prolificante pure? Cosa che, invece, fui. Et ero. Delicato (anche). Foeminàle (anche). Et in questo, forse, è da rintracciare. Forse. Almeno anche. Il cominciamento della rovina mia. Dett'anche: fregatùra. Com'ebbe a dire, nel nostro ultimo colloquio, la dottoressa del S.E.R.T., la pissi-pissi bau-bau : - Tu. Sì, tu, caro Vincenzo, sai qual'è la tua fregatura?...Che sei soltanto un povero idiota!Tu. Pieno fin qui, come se il resto non bastasse, di benzodiazepine,di Prozac... - Adolescente ancòra essendo. Poco più di. Di un bambino. Diceva essa. La pissi. La psichi. Atra. - Cos'altro sei- Dicèvammi, ella-essa : - Se non nient'altro che una mostruosità -. Poi, davanti agli sbarratissimi occhi miei, a specificar ebbe : - Un contro-natura . E per ben due volte. - aggiunse - Una è questa (il sesso sbagliato): che femmina dovevi nascere. L'altra, quest'altra. Questa per cui finirai. Per cui finirai. - Lo disse (anche) dove finito sarei.:
- Del resto cos'altro potresti fare, tu, così malridotto? Dei figli, cosa? Potresti far, dei figli tuoi, cosa? Tutti ammorbàti e marci nascerebbero, Vincè, sempre che nascano, poi.
L'avete,si o no, tradita la società, voi? E allora? Tenètevi la risultanza delle colpe, delle destituzioni e delle vergogne! Che sono vostre! E vostre han da restare! -

Il lividòr già preso m'avèa. Gonfio già ero. Oramai avevo già iniziato. A non comprendere. Avevo già. Niente di niente. Così quando. Si comincia quando. S'incomincia, anzi. A non capìr più. Niente a. La dolorosità del dolorare. Allora. Il soffrire del non soffribile. Che poi è, come una luce grigia.

: - Ma se lei mi ha, davvero, fatto entrare fin qui e chiuso non ha i battenti, perchè mi? Perchè mi? Perchè mi lascia, lei? Perchè, crepare me, in modi codesti et maniere? Dove ha messo? Dove? Quel minimo di palpitazione del sangue e di ossa (anche) che si chiama cari-tà, e tà, e tà, e taratatà? Dove mettùta ha, la sua cara,cara, carità?
Lei ha, su di me, ragione, ha, malnàto sono, e bollàto. Apostrofàto et appestàto. Portatore di peste sono. Tuttavia se avesse di carità un poco. La sua mano, che non si è mai verso di me slungàta. Mi prenderebbe per. Mi tirerebbe anche. E così, vieni! Vincè, vieni!
Mi tirerebbe sù! Mi! Metterebbe me didentro come si mette gli avanzi del mangiato!
Mi porterebbe a! A casa. Di lei mi! Non per scernieràrmi. Non per. Ne per buttarmi su di un letto o materasso. Oramai. Ora. Con tutta la buona volontà che sempre cercai di metterci. Ora. Non sarei più. Ora. In grado. Ora. Di far niente. Ora. Ma. Per mettermi in sesto. - Dissi:
- Lasciandomi, anche e pure, nell'anticamera. Dove che c'è dove. Il portaombrelli. E l'appendiabiti. -

" E adesso? Signorina, adesso? Adesso, tu che m'hai ascoltato sin qui, vedi tu, partecipi con, anzi, compartecipi e comprendi? Comprendi le maniere e i modi come la società è
andata in avanti in? Così in avanti così. Che lei. La società. Lei finger può di non vedere, ed aiutare lui, l'exemplante-troia. Che, intanto, lui crepa. Lui. Io.
E' per questo, anche, che ti sbavo dietro. Che ti grido dietro. Anche, e pure, che ti urlo.
Col niente di voce che mi è restato. Vieni! Corri! Vieni! Ad aiutarmi! Vieni! Tù e tù! Benchè ignotissimi l'un l'altra! Vieni! Chìnati! Ti supplico! Abbàssati! Prendimi! Portami a casa!
Portami al pronto soccorso! Portami anche in! In questura! Portami in un posto qualunque
ma! Portami via di qua! In galera! Dove cazzo ci sia qualcuno. Anche il boia. Che mi leghi i polsi! Che me li inchiodi lì! Lì! Che me li incateni! Che me li spezzi, pure! Portami dal Padre mio! Ecco. Il nome, adesso, mi è sovvenuto. Portami dal Padre! Incatenato!

E poi dimènticami. Non lusingarmi più."