Pupi Bracali

Poichè c'è molto poco da dire su di me, mi limito a segnalare i miei recapiti, per chiunque voglia comunicare qualcosa, o abbia qualche insperata curiosità sulla mia attività di scrittore.

nudo

E' successo nel bel mezzo della notte. Stavo dormendo. Beatamente credo.
Forse stavo sognando ma non posso dirlo per certo, poichè si sa, che alcuni sogni, violentati da un brusco e repentino risveglio, svaniscono impalpabili e imprendibili svuotando la labile memoria che li ha contenuti in quei pochi secondi d'immagine sfuggente.
Ho sentito uno scrollone. Forte. Un energico strattonamento al mio corpo addormentato. Come una grossa invisibile mano che mi scuoteva un braccio o una spalla con forza, vigorosamente, per indurmi a un risveglio immediato, lucido e veloce.
Non sentivo uno scrollone così dai tempi del servizio militare, quando, dopo la tromba registrata che fuoriusciva dagli altoparlanti sospesi nell'angolo della camerata tra il soffitto freddo e due nude pareti, indugiavo ancora in un sonno leggero e inteporito finchè un caporale immotivatamente sadico scuoteva, imprecando, con violenza e malcelata cattiveria le mie membra inerti.
Niente a che vedere con gli antichi e mielati risvegli, morbidi e delicati della soave voce di mia madre, che accarezzandomi la fronte ed i capelli mi esortava dolcemente ad alzarmi per andare a scuola.
Così mi sono svegliato bruscamente nel bel mezzo della notte dopo quello scrollone con la penosa e immensa fatica di sollevare le palpebre pesanti per scrutare nel buio della notte.
Li ho aperti infine gli occhi, ma non ho visto nulla.
Non lo vedevo però sapevo che era lì. Era nella mia stanza, proprio accanto al mio letto. Ne avvertivo nell'aria la presenza anche senza vederlo, anche senza toccarlo. Una presenza certa, una presenza forte, che mi stava accanto, che mi stava addosso.
"Dove sei nascosto?" Ho esclamato ad alta voce nel buio, rivolgendomi a mobili scuri e silenziosi come i folli che parlano da soli. Silenzio.
Il ticchettìo monotono della sveglia sopra il comodino ingigantito da tutto quel silenzio. Sfido chiunque venga svegliato nel mezzo della notte da una presenza inquieta e fantasmatica che aleggia nel buio di una stanza, a non vivere il terrore di quei momenti tragici: i sudori freddi, le mani gelate, il nodo in gola dello spavento e della paura dell'ignoto.
Sfido chiunque e vincerei la sfida, poichè davvero, stranamente e magicamente non provavo la minima paura. Non ero affatto spaventato. Benchè ormai sapessi con certezza che era lì.
Vagava intorno a me da qualche parte, forse nascosto nel punto più oscuro della stanza, mi spiava e aspettava in silenzio le mie mosse. Non avevo paura della sua presenza come se inconsciamente lo aspettassi, come se io stesso l'avessi evocato nei miei sonni. Piuttosto ero curioso di capire come poteva essere, ansioso di scoprire che consistenza avesse, quale aspetto avrebbe infine rivelato.
Seduto ora sul letto scrutavo il buio cercando ancora di intravederne la presenza nei brevi momenti in cui l'esterna e trapelante luce cobaltica di un'insegna al neon, balenava, filtrando a tratti intermittenti tra le striscie della tapparella, azzurrando mobili e pareti.
Scesi dal letto, sentendolo ancora più vicino. Camminai per la stanza facendomi seguire. Ora potevo davvero sentirlo accanto a me, ne avvertivo l'alito nell'aria, quasi un odore, la consistenza ineffabile che mi si strusciava addosso come un gatto invisibile e gigante. Una pressione leggera ma decisa contro la mia schiena che mi spingeva a uscire dalla stanza, un traino che mi attirava come un inesistente elastico verso un altro punto della casa, la presa per mano di una presenza ignota che mi accompagnava e che alla mia stretta non rivelava nulla di tangibile e concreto mentre afferravo il nulla, mentre stringevo l'aria.
Entrai in un'altra stanza senza accendere la luce e accesi invece direttamente il mio computer. Le pareti oscure balenarono dei colori prodotti dalle videate dell'accensione: arancione......buio....azzurro.....buio......per poi fermarsi sulla lattiginosità di una pagina vergine di Word.
Cominciai a scrivere alla debole fonte di luce dello schermo.
La presenza aleggiava ancora accanto a me, ma, a mano a mano che scrivevo quell'entità diminuiva la sua indefinibile sostanza.
Come un'antica mummia che si sbriciola e si sfalda al contatto dell'aria, l'essere che mi era vicino, si dileguava lentamente in uno sbriciolìo silenzioso ed invisibile, squagliandosi e perdendosi nell'aria e nello spazio. Le mie dita battevano decise sopra i tasti e ciò che mi era stato accanto, dal mio brusco risveglio fino a quel momento, si dissolveva, si disfaceva piano, inesorabilmente fino a scomparire.
Scrissi circa due ore e quando terminai stava già albeggiando.
Il mare immobile era ancora scuro, mentre bagliori rossastri di un sole appena sorto sfregiavano i bianchi e i grigi delle case della piazza.
Stanco ritornai a letto cercando di riaddormentarmi, ma prima di dormire mi venne da pensare che il racconto, adesso prigioniero di un hard disk, era gracile e scarno, nudo e senza vestiti.
Non importa pensai, ormai è fatta: è mio prigioniero; ora è nelle mie mani. A nutrirlo, a rivestirlo degli abiti migliori ci penserò più tardi. Al prossimo risveglio.

 

Le inchieste statiche del Commissario Gervasi
ovvero
La scomparsa di Ligabue

Per dirla italicamente e con educazione, il commissario Gervasi non sapeva più dove sbattere la testa. Sia lui che i suoi collaboratori brancolavano, giornalisticamente parlando, nel buio più assoluto. Situazione ulteriormente aggravata dal fatto che dal giorno del furto erano passate ormai quattro lunghe settimane.
Per questo motivo sebbene a malincuore, col cuore pesante e gonfio di impotente rammarico, il commissario Gervasi, per la sesta volta in vita sua, decise quella sera di rimanere in ufficio oltre l'orario di lavoro.
Quella stessa sera, pochi minuti dopo l'amara decisione del commissario, l'impresa di pulizie che a giorni alterni veniva a tirare a lucido gli uffici della questura e del commissariato, sguinzagliò i propri lavoranti, per sale, uffici, ascensori e corridoi.
Alle 20,10 il commissario Gervasi sentì bussare alla porta del suo ufficio, e dopo aver pronunciato la parola "Avanti!" a voce alta, la porta si aprì facendo entrare un uomo armato di secchio, detersivi, stracci, scopa e spazzolone per lavare per terra.
"Buona sera commissario, vedo che mi stava aspettando. Allora, questo ladruncolo di Ligabue non si riesce a trovare eh? Così avete bisogno di me vero?"
La frase rivolta al commissario era stata pronunciata in un italiano perfetto benchè con un fortissimo accento argentino.
Il commissario tradì un moto di fastidioso disagio.
"La sua supponenza, Borghi, a volte è davvero indisponente. Cosa le fa credere che io abbia tutto questo bisogno di lei, e soprattutto che la faccenda riguardi il Ligabue sottratto con destrezza alla baronessa Ilaria Del Carretto?"
" Come lei sa Dottor Gervasi io non sono molto bravo in matematica, ma se il Ligabue fosse stato ritrovato e il suo ladro acciuffato i giornali ne avrebbero parlato, visto che si tratta del furto più eclatante accaduto in città da molto tempo a questa parte. Inoltre mentre attraversavo la strada per venire a svolgere le mie mansioni di pulitore di uffici, ho alzato lo sguardo e oltre a una bellissima mezzaluna alta nel cielo, ho visto la sua finestra notando che la luce era accesa, proprio come le cinque volte precedenti in cui lei mi aspettava per chiedere il mio aiuto. E nonostante le citate carenze matematiche due più due riesco ancora a farlo.
Il commissario sconfitto non seppe cosa dire. Allargò le braccia con gesto di sconforto poi le riunì dietro la schiena, e mentre una mano stringeva il polso dell'altra cominciò a camminare nervosamente avanti e indietro per l'ufficio.
Cesare Borghi cominciò a spostare sedie e ostacoli per mettere in azione la sua scopa. In quella pausa di silenzio, probabilmente, entrambi tornarono con la memoria al loro primo incontro.
Di Cesare Borghi non si sapeva molto. Argentino di chiare origini italiane Borghi faceva il pulitore di uffici, lavoro modesto che egli svolgeva con capacità e con diligenza. Quando parlava però, nonostante il forte accento sudamericano aveva una proprietà di linguaggio fuori dal comune che rivelava forse misteriosi trascorsi intellettuali che al commissario non era ancora stato dato di scoprire, sempre occupato com'era in casi polizieschi più importanti.
Era accaduto solamente per un puro caso che Borghi, una ormai lontana volta, mentre era intento a spazzare il corridoio aveva ascoltato casualmente la descrizione di un furto da parte del commissario Gervasi ai suoi collaboratori, e irresistibilmente spinto da fervori investigativi inarrestabili si era fatto timidamente avanti pronunciando le poche frasi che avevano permesso ai poliziotti scettici di risolvere il caso in tempi brevi.
Da quella volta, per altre cinque volte, il commissario aveva impotentemente atteso l'ora di inizio delle pulizie serali per chiedere consiglio al pulitore Borghi, su casi polizieschi dei quali non vedeva soluzione, che l'argentino aveva risolto con pochi minuti di riflessione. Quella era la sesta volta.
Il commissario Gervasi cominciò a raccontare.
"Esattamente un mese fa, terminata a notte inoltrata la festa nella villa della baronessa Del Carretto, il Ligabue era ancora lì, al suo posto.
La baronessa lo mostrò orgogliosa agli ultimi cinque ospiti rimasti per il bicchiere della staffa. La tela era grande di valore ma piccola di dimensioni. Un rettangolo non più grande di una copia dell'Espresso. I cinque stupiti ammiratori erano i seguenti:
L'onorevole Franti sottosegretario alle faccende culturali. Esperto d'arte e numismatica.
La contessa Follier, veneziana, cinquantasei anni ben portati. giocatrice accanita recentemente al centro di uno scandalo per debiti non pagati.
Lo scrittore Mauro Bracchi saggista e romanziere. Esperto di movimenti sociali giovanili, conoscitore di dottrine esoteriche legate ai suddetti movimenti, nonchè di esperienze psichedeliche provocate da stati alterati della coscienza mediante sostanze ritenute, secondo lui, ingiustamente illegali.
Aldo Fantoni aitante nullafacente senza arte nè parte, guidatore e amante di moto di grossa cilindrata e della contessa Follier.
Alessia Garatti autodefinitasi attrice che nessuno però ha mai visto recitare. Bel corpicino avvenente, collezionista di borsette. Amante dell'onorevole Franti.
Il periodo per bere il bicchiere della staffa durò circa un'ora.
Usciti infine i cinque ospiti, la servitù intervenuta per rimettere in ordine il salone trovò la baronessa lunga distesa sul pavimento davanti alla piccola cornice ora deserta del prezioso Ligabue.
Il commissario fece una pausa di silenzio.
Borghi frenò il moto della scopa guardandolo con aria interrogativa.
"Tutto qui?" Chiese. Poi proseguì dicendo: " Un po' poco anche per me, non le pare? Non si offenda se continuo il mio lavoro, anzi, metta i piedi sopra la scrivania come i detective americani, così posso passare lo straccio e mi racconti qualcosa in più di quella serata".
"Mi ascolti con attenzione Borghi; in quella serata oltre all'eclatante furto come lei lo chiama non successe proprio niente di particolare.
Dopo aver ammirato il Ligabue infatti, i presenti si versarono quell'ultimo bicchiere di champagne, poi si dispersero per la sala.
L'onorevole e la sua amichetta, sì, l'attricetta di belle speranze, si accoccolarono sul divano a tubare come due piccioncini, mentre lo scrittore tentò di annoiare se stesso e gli altri tre raccontando la trama del suo ultimo libro che non interessava a nessuno, al punto che l'amante delle moto e della Follier, sopraffatto dalla noia estrasse un coltellino multiuso e avrebbe cominciato sicuramente a pulirsi le unghie, se la contessa inorridita non gli avessse strappato dalle mani lo strumento, scagliandolo con forza sul divano sfiorando pericolosamente i piccioncini.
Oltre questo momento di altissima tensione emotiva che focalizzò per un istante l'attenzione dei presenti non accadde proprio nulla.
A un certo punto guidati da un urletto di piacere dell'attrice tutti si spostarono sulla terrazza per osservare una luna piena tanto grande che sembrava a pochi metri di distanza".
L'uomo delle pulizie si fermò ancora una volta, guardando il soffitto. Il commissario non riusciva a capire se in quel momento Cesare Borghi stava riflettendo sulle sue parole, o se stava studiando il modo più semplice per eliminare quella ragnatela grigia che ricopriva un angolo tra il soffitto e due pareti.
Poi Borghi domandò distrattamente riprendendo a lavorare:
" Mentre si trovavano sulla terrazza, ci fu qualcuno che ritornò all'interno del salone?"
" Praticamente a turno tutti ", rispose il Commissario. " La signorina Garatti chiese all'onorevole di andare a prenderle da bere, cosa che lui fece immediatamente. La signorina stessa rientrò poco dopo per posare i bicchieri vuoti ( anche l'onorevole si era servito), e ne ruppe pure uno che gli cadde per terra.
Il motociclista Fantoni rientrò per recuperare il temperino che anche frugando tra i cuscini non ritrovò sul divano, ma sul tavolino della sala.
Lo scrittore entrò e uscì senza aver fatto nessuna azione particolare disse, poichè era leggermente ubriaco, fece un giro ebetemente a vuoto per la sala per poi tornare al fresco della terrazza.
Le due nobili signore entrarono insieme, rimasero più a lungo degli altri, e ritornarono in terrazza con visi indispettiti.
Dopo qualche minuto ancora, la serata si concluse e i cinque ospiti uscirono di casa tutti insieme, il resto lo sa già".
L'argentino lanciò un sospiro che al commissario preoccupato parve di sconforto.
"Ancora una cosa Dottor Gervasi, ci fu qualcuno di queste persone che andò a trovare la baronessa nei giorni successivi al furto?"
" Praticamente a turno tutti ", fu obbligato a ripetere Gervasi. " Chi per sincerarsi delle sue condizioni dopo lo svenimento, chi per consolarla e rincuorarla per l'avvenuto furto, e soprattutto tutti per discolparsi, sempre dell'avvenuto furto.
Tutti si presentarono, uno alla volta e in diversi giorni, al cospetto della baronessa che li ricevette con la testa fasciata da un turbante non facente parte della collezione del suo stilista preferito ma semplicemento ospedaliero.
Tutti, tranne lo scrittore, che in quanto tale scrisse. Scrisse alla baronessa il suo rammarico per ciò che era accaduto, le fece molti auguri, e per conoscenza inviò la lettera ai giornali facendo anche pubblicità al suo libro.
Il pulitore Borghi, strizzò lo straccio, diede gli ultimi colpi di spazzolone al pavimento, poi appoggiò il bastone a una parete, gettò lo straccio dentro il secchio e disse:
"Commissario Gervasi adesso mi ascolti lei con attenzione. Il mio turno di lavoro sta per terminare, e con quello che mi pagano non vorrei dare a nessuno la soddisfazione di trattenermi qualche minuto in più.
Come sappiamo l'occasione fa l'uomo ladro. Specie se si ha bisogno di soldi e se abbiamo l'avventura nel sangue. Il furto della piccola ma preziosa tela non fu premeditato ma fu un colpo di testa.
I cinque personaggi, volendo sono tutti sospettabili perchè tutti hanno bisogno di soldi. Fantoni il motociclista è uno spiantato non ha una rendita, nè un lavoro, e sta con la Follier che nonostante il blasone è senza un'euro, quindi anch'essa sospettabile. L'attricetta è una piccola mantenuta che nessuno ha mai visto recitare, e ambisce il bel mondo dei ricchi. Colleziona borsette di valore che si fa regalare dall'amante di turno per sfoggiare uno status che solamente sogna.
Lo scrittore è uno svagato, un po' romantico e un po' drogato che scrive cose inaccessibili al grande pubblico e di conseguenza ha un po' di fama ma in fondo non guadagna niente.
Il politico in quanto tale, per le male lingue è ladro per definizione.
All'inizio ho avuto un sospetto, persino sulla baronessa, sa, cose di assicurazioni, roba così, ma il trauma cranico procuratasi nella caduta, che ha sfiorato una commozione cerebrale, mi ha fatto abbandonare il sospetto di una recita ben architettata.
Eliminata in questo modo la stessa baronessa, restano gli altri cinque, dunque vediamo. Prima di tutto hanno mentito tutti, in quanto il famoso bicchiere della staffa, non era altro che una bella striscia di coca, sono sicuro che lo scrittore proprietario della polverina, glielo confesserà. Il suo rientro dalla terrazza, ebetemente immotivato era per nascondere eventuali tracce di quelle piste tirate sul tavolinetto del salone. Però il ladro non è lui. Come affermato dalla polizia, lo dice anch'egli nella sua stessa lettera ai giornali, quando poche ore dopo il furto fu svegliato ancora ubriaco dalle forze dell'ordine che gli contestavano la scomparsa di un Ligabue, egli rispose ingenuo, impastato e insonnolito cosa c'entrava lui col rapimento di un cantante.
Il motociclista è un po' cafone ma non è un delinquente. Benchè sia una vita che vive sul margine è incensurato, non ha precedenti e sarebbe strano che avesse cominciato a rubare proprio adesso. La sua passione per la contessa è sincera, sia dal punto di vista affettivo che da quello sessuale come dimostrato dal materiale pornografico ritrovato dai poliziotti in casa sua che ritrae tutte belle signore ma un po' avanti negli anni. Inoltre ha un suo codice morale, non è un vero mantenuto, anzi pare che si sia fatto prestare soldi dagli amici, da prestare a sua volta alla contessa, questo lo cito dai giornali.
Quest'ultima è una giocatrice, ma non è una ladra, anche per il fatto che rubare e portare via quella tela anche se piccola avrebbe richiesto un sforzo giovanilistico che la signora contessa non possiede.
I volti indispettiti delle due nobildonne al loro ritorno in terrazza, dopo essere rimaste da sole nel salone fanno pensare che una delle due abbia chiesto un prestito all'altra, ovviamente e puntualmente rifiutato.
Restano l'onorevole e l'attrice. L'uomo nonostante faccia tanto il galletto quando va in televisione, è un ingenuo signorotto di campagna che al di là del suo ruolo confina quasi con l'idiozia, quindi non mi perdo in parole su un simile figuro.
La sua compagna invece è una vera attrice, Si dice che nessuno l'abbia vista recitare. Falso! La sera del furto recitò la parte dell'attrice.
Probabilmente si tratta di un'avventuriera ( ecco perchè parlavo di avventura nel sangue oltre il bisogno di soldi ) che abilmente, grazie all'ingenuità dell'onorevole che lei sapeva esperto d'arte, si è inserita nel mondo dei vip in attesa del gran colpo.
Dopo la visione del Ligabue quella sera, quando i due piccioncini tubavano, come dice lei commissario, la ragazza non pronunciava paroline dolci, chiedeva informazioni sul valore del quadro appena visto, e vedrà che l'onorevole glielo confermerà.
Fu lei, ricorda commissario, con i suoi gridolini d'entusiasmo e con la scusa di una boccata d'aria e di ammirare la luna, che trovò il modo per allontanare tutti dal salone, per trascinare il manipolo su quella terrazza.
Fu lei a chiedere all'ingenuo di procurare il bere, per avere occasione di rientrare a posare i bicchieri vuoti. Il bicchiere fu rotto di proposito per coprire il rumore del vetro della cornice che veniva infranto.
Poi con il coltellino di Fantoni, che aveva in precedenza prelevato dal divano, tagliò la piccola tela che nascose sotto il materasso del divano stesso. Fece però l'errore di posare il temperino sul tavolino anzichè sul divano dove era stato gettato e dove fantoni infatti non riuscì a trovarlo.
Nei giorni seguenti anch'essa andò a trovare la baronessa. Sono sicuro, ne chieda la conferma commissario, che aveva una borsetta tra le più belle della sua collezione, capiente e rettangolare, dove mise la tela estratta da sotto il sedile del divano dopo avere allontanato la baronessa, con una scusa che non riesco a immaginare poichè ho anch'io i miei limiti, ma che sarà stata senz'altro banalissima.
A questo punto mi sembra di avere detto tutto", concluse Borghi avvicinandosi alla porta dell'ufficio." Ora sta a lei verificare i fatti ".
"A proposito Dottor Gervasi", disse ancora Borghi un istante prima di oltrepassare la porta. "Anche lei ha mentito questa volta. Se il furto è avvenuto un mese esatto fa non poteva esserci la luna piena, visto che questa sera c'è una proprio una bella mezzaluna come le ho già detto.Quello è stato un romanticismo che lei ha aggiunto sicuramente inconsapevolmente, poichè sotto la scorza di severo e rude poliziotto si nasconde forse il dolce frutto di un poeta. Buona notte Commissario".