Biancamaria Massaro

l'autrice ama affrontare i temi fantastici, spaziando dalla fiaba alla fantascienza, fino ad arrivare ai generi horror e thriller. Ama soprattutto creare situazioni in cui tutto ciò che è conosciuto e quotidiano - che sia un oggetto, un luogo o un'azione comune - si trasforma in qualcosa di assurdo o imprevedibile. 
Nel 2002 Biancamaria Massaro si è classificata prima ex aequo al concorso "Esperienze in giallo 2002" con il racconto Vicine di casa e seconda al concorso "Cosseria Mysteriosa" con Le lettere di Milady. È arrivata terza al "Premio Silmaril" e "Narrativa Ghost" rispettivamente con La Quercia dai Rami d'Oro e Preghiera alla Morte, quinta al concorso "M. Yourcenar-Il Club degli Autori" con La penna stilografica e tra i finalisti al concorso "Abitando il racconto" con Cerchi nell'acqua.

Il vassoio d'argento

Mia nonna teneva in bella vista in salotto un enorme vassoio tondo. Era d'argento, ultimo sopravvissuto dell'argenteria di famiglia. Durante la Seconda Guerra Mondiale, dopo che il marito le era scomparso in Russia, mia nonna aveva infatti dovuto vendere quasi tutto ciò che possedeva al mercato nero per riuscire sfamare i suoi sei figli.
Li ha tirati su da sola e li ha visti venire su bene, un paio perfino laurearsi, trovare tutti un lavoro e sposarsi. Ha avuto in tutto una dozzina di nipoti, tra cui io, Lara come lei e, per distinguermi da lei, chiamata da sempre Laretta.
Mia nonna dagli ottant'anni in poi era come se ne avesse avuti nuovamente due. Si faceva la pipì a letto, beveva latte e riposava tutto il giorno. Seduta in poltrona davanti al televisore acceso senza audio, non dormiva mai, soprattutto non sognava. Ricordava - sarebbe meglio dire: riviveva - i tempi in cui suo marito e i suoi genitori erano ancora vivi e i camerieri ogni giorno pulivano l'argenteria e la disponevano sulla tavola, in attesa che la famiglia si sedesse per la cena.
Poi è rimasto solo il vassoio tondo e tutti i camerieri sono andati via. Infine è arrivata una donna di servizio un po' dama di compagnia, che ha lucidato il vassoio sì e no una volta l'anno e dopo che mia madre e le mie zie insistevano a lungo perché lo facesse.
Io per la maggior parte del tempo me lo ricordo così, ossidato e con una grossa macchia bruna al centro che mai mi restituiva il mio volto riflesso e mi faceva solo confusamente intravedere gli oggetti che mi circondavano. Mi appariva tutto deformato, allora potevo immaginare folletti, maghi, castelli con principesse in attesa di trovare il loro amore e grotte con draghi e streghe. Rimanevo a guardarli per ore, senza muovermi, senza dire una parola e senza mai stancarmi.
Che brava bambina, pensavano gli adulti, senza capire che solo così potevo fingere di non accorgermi che a poco a poco mia nonna si ammalava e già quasi non mi riconosceva più, che mio fratello si drogava ed era scappato di casa, che i miei genitori trascinavano un matrimonio senza amore e rimandavano di anno in anno un inevitabile divorzio, che il mio cugino preferito era morto di leucemia e suo padre in un incidente d'auto.
La superficie argentata non rifletteva tutto questo, ma mi rimandava indietro solo quello che volevo vedere. Tutti quelli che mi stavano continuamente addosso erano infatti per me meno reali del mondo riflesso nello specchio d'argento, come i miei compagni di classe che mi prendevano in giro o la maestra che mi rimproverava perché alla recita non mi ricordavo le battute. "Non hai studiato", mi accusava, ma io le sapevo tutte, solo che - lo avevo spiegato mille volte a mia madre -non volevo parlare di fronte a tutta quella gente che aspettava solo un mio sbaglio per cominciare a ridere di me, della mia goffaggine.
Quando la nonna è morta, mia madre ha ereditato il vassoio e ha preso l'abitudine di lucidarlo una volta ogni quindici giorni. Adesso posso vederci chiaramente il mio volto riflesso, solo che non lo riconosco più.
Io sono quella che si nascondeva dietro la macchia bruna, una principessa, un'amazzone guerriera, una piratessa, una fata, perfino l'eroina che pilotava un robot gigantesco o un'astronave. Non ho niente a che spartire con questa quarantenne con un lavoro che non ama, due matrimoni falliti, una storia di alcolismo alle spalle che ogni tanto riaffiora e la quasi certezza che non avrò figli.
Mia madre ha detto che quando morirà il vassoio passerà a me, perché mio fratello maggiore non sa che farsene. Io però non lo voglio, mi ha ingannato per troppi anni.
O forse lo accetterò, poi lo appenderò alla parete della mia camera da letto e ci metterò sopra un panno nero.
Aspetterò un anno, forse due, il tempo necessario affinché si formi una macchia scura che mi impedirà nuovamente di vedere me stessa e il mondo che mi circonda

 

Il Bacio della Medusa

Il marmo non mi ha mai tradito, ha sempre preso la forma che con il mio scalpello ho voluto dargli, e ne è nato sempre un capolavoro. Non lo dico io, ma i critici, che loderanno anche la mia ultima opera, la "donna che si pettina". Lara era nuda mentre strappavo alla pietra le sue forme e con la stessa leggerezza con cui si lisciava i capelli mi tesseva le lodi del suo nuovo amante, un pittore squattrinato, e mi diceva che era l'ultima seduta in cui posava per me.
Mi sono avvicinato a lei per baciarla. Mentre le mie labbra si serravano sulle sue, le ho afferrato i lunghi capelli neri e glieli ho girati intorno al collo, sempre più stretti, finché non ha smesso di respirare. L'ho uccisa, perché non avrei mai permesso a nessun'altro di ritrarla, tanto meno ad un imbrattatele alle prime armi. In suo ricordo mi è rimasta la statua che dovrò consegnare alla mostra. Nessuno l'ha mai vista, ne' sa cosa rappresenta. Il titolo stesso sarà svelato il giorno dell'inaugurazione.
Come è bella questa donna di pietra, così somigliante a Lara che mi sembra di averla vicino, di sentire il suo profumo, l'odore dei suoi capelli. Capelli amati, desiderati, tante volte accarezzati e fatti passare tra le dita. Dita che adesso sfiorano il marmo mentre chiudo gli occhi e avvicino le mie labbra a quella di Lara. Non riesco più a separarmi da loro, come se fili sottili m'impedissero di allontanarmi dalla mia opera. Fili che si fanno sempre più pesanti, che mi afferrano ovunque e m'impediscono di staccare le mie labbra da quelle della statua. Apro gli occhi e vedo strisce nere intono a me. Non possono essere le venature del marmo, ma non possono essere nemmeno capelli, sarebbe assurdo. Devo staccarmi, ma il mio viso è sempre più premuto contro quello della statua. Soffoco, non respiro, non respiro più, non respiro…

(Dal catalogo della mostra) "Il bacio della medusa" (titolo provvisorio): si tratta senza dubbio dell'opera migliore dell'artista. Una donna bellissima, nuda e dallo sguardo furioso, bacia il suo amante, mentre i suoi capelli - simili a serpenti filiformi - lo avvolgono fino a soffocarlo. L'urlo muto della vittima, al quale lo scultore ha voluto dare le sue fattezze, è altamente realistico…

 

L'incidente

La Prima Guerra Mondiale mi ha visto orfano e povero, la Seconda soldato e prigioniero. Ho assistito a più orrori di quanti un uomo possa sopportare, ma mi sono lasciato il dolore alle spalle e ho ricominciato tutto da capo.
In pieno boom economico avevo trovato un buon impiego e vivevo con la mia famiglia in un grande appartamento. Ero felice, ma l'ultimo terremoto mi ha portato via ogni cosa, seppellendo i miei cari sotto le macerie della nostra casa. Adesso che sono vecchio e solo, prego che la Morte mi schiuda presto le porte di una vita migliore.

All'incrocio il motorino ha accelerato perché il semaforo stava per diventare rosso, mentre la macchina è partita un attimo prima che scattasse il verde. Il conducente dell'auto è rimasto illeso, mentre la ragazza ha battuto la testa contro un palo ed è morta sul colpo.
E' stato allora che sono entrato nel suo corpo.
Ho usato immediatamente i miei poteri per far rientrare l'emorragia e chiudere i vasi danneggiati. Per la spalla invece non ho fatto nulla, perché dopo un volo simile qualcosa di rotto deve pur esserci, altrimenti i dottori si insospettirebbero.
Fingendo di essere ancora senza conoscenza, mi sono preso tutto il tempo per assimilare i ricordi e i pensieri che avevano affollato la mente della ragazza fino a pochi istanti prima. Nella mia vita precedente ero stato un uomo, perciò all'inizio ho incontrato qualche difficoltà, ma solo finché non mi sono ricordato di tutte le volte in cui ero stato una donna. Quando è arrivata la prima ambulanza, mi ero perciò perfettamente calato nel ruolo di una quindicenne con i genitori separati ed innamorata del suo professore di ginnastica.
La seconda ambulanza è partita senza sirena perché il vecchio è morto - hanno dichiarato i medici - per un infarto fulminante che lo ha colpito per aver assistito all'incidente.
E' stato un buon corpo e abbiamo fatto grandi cose insieme, ma ormai ha fatto il suo tempo, perciò l'ho lasciato andare senza rimpianti. E' appena iniziato il Terzo Millennio, il quarto da quando mi sono reincarnato la prima volta da schiavo a Faraone d'Egitto. Ma questo è il passato, mentre adesso sono una bella ragazza che delle Guerre Mondiali sa solo quello che ha letto nei libri di storia. Devo pensare a godermi il futuro, in attesa che una morte improvvisa mi apra ancora una volta le porte di una vita nuova.