Valentina Andrei

salve sono Valentina 29 anni, la vita e l'ambizione mi hanno portato a cambiare città ben 4 anni fa, quindi, valige fatte, mi sono fermata a Roma per tentare di lavorare nel cinema...e tenta e tenta ora comincio a riuscire, da poco ho scoperto questa "passione per la scrittura e sto cercando di coltivarla, speriamo che qualche cosa nasca....questo pezzo è solo una piccola parte di quello che io chiamo il mio libro...spero vi piaccia.

RICORDO

Carrara, marzo '01

Già dalla porta, di fronte alla quale mi ero trovata, avrei potuto immaginare tutto quello che poi i miei occhi avrebbero visto. Strati di tavole ammuffite dalla pioggia, inchiodate l'una sull'altra in modo irregolare, manipolate innaturalmente e velocemente, senz'altro imposto da un bisogno imminente, lasciano trasparire a tratti ombre, unica prova della presenza di persone all'interno. Sul lato, si lascia intravedere una piccola finestra, completamente chiusa da materiali ricavati al momento; ferro, latte ed un gretto telo sgualcito e sudicio, nell'intento unico di non far trasudare un solo filo di luce nell'interno della stanza. Un insufficiente lucchetto, piccolo e precariamente avvolto attorno a due minuscoli cerchi in metallo, a chiudere quella porta che un solo soffio di vento sarebbe riuscito a far cadere.
La mia voce, timida, nel breve vialetto, la mano, tremante, che batte quasi impacciata sopra ad una delle tavole; il mio nome, da me pronunciato, sospirato quasi con paura, sembra diventare all'interno del grigio spiazzo un eco che risuona nella testa. Lo spostare un piede ed il rumore da esso procurato, le grida provenienti da alcune finestre vicine, le forti risate in lontananza mi fanno sobbalzare…ho il cuore che batte troppo velocemente, ho paura…si…ma resto, immobile, fissa davanti alla porta nell'attesa di una risposta.
Passa solo qualche secondo che io individuo come un'eternità e da una fessura, tra le tavole, spunta la mano di una persona che sussurra: "entra". Infiltrandomi, a piccoli passi indecisi, resto assalita da un forte odore di muffa da cui rimango quasi travolta. Poco alla volta i miei occhi si adeguano al buio della stanza…in un lato, su due piccoli materassi uniti ad elle, ricoperti da lenzuola bucate e qualche misera coperta infeltrita, giace rannicchiata su se stessa una giovane ragazza marocchina; il suo sguardo totalmente perso e la sporcizia che la circonda non riescono a renderla meno bella. Una sola veloce occhiata fra noi, ormai invasa dal sudore con una mano mi avvicino ad una parete ad angolo, ho bisogno di sentirmi protetta da quel posto.
Di fronte ai letti, appoggiato sopra ad una sedia di vimini ormai a pezzi, sostenuta a sua volta da qualche valigia sovrapposta a terra, un piccolo televisore acceso sta intrattenendo questo nostro incontro…nessuna parola fra noi. Le pareti, completamente invase da umidità e da stucchi rialzati, compongono lo spoglio arredo di quest'ambiente. Un ticchettio continuo proviene dalla stanza laterale separata con un solo telo da quella in cui ci troviamo; un filo, in vari punti annodato forse nel cercare di renderlo più forte, è saldato su due anelli metallici posti ognuno sul vertice opposto di una parete portante della casa. Sorretto da esso un gran lenzuolo rattoppato e sgualcito rende impossibile la vista completa della zona confinante: vorrei sapere, capire che cosa nasconde l'altra parte del "rifugio" ma la troppa paura di fare anche un solo movimento sbagliato m'impedisce di muovere i piedi…il "tremore" si sta, pian piano, trasformando in una sorta di sfida…il buio sta diventando un mio alleato.
Poche le parole, frammentarie e limitate ad uno scambio fra me e Hary, il marito della ragazza, rivolte alla sola ed unica conclusione di un affare, si confondono tra le loro ancor più indugiate e sporadiche, in una lingua che tutto è fuori che un italiano…credo abbiano litigato, per me, per LEI…si lei, minimo quattro grammi di roba stanno girando tra le mani del ragazzo, il panico in me aumenta, la voglio, la voglio subito e altrettanto velocemente intendo scappare via. L'odore è sempre più forte ma ora lo sento mescolato a quello della roba, si sta facendo sempre più agre, i movimenti di lui sono lenti e precisi, la sta tagliando di fronte a me, appoggiato ad una cassetta per il latte, magistralmente sta componendo il mio pezzo; la sporcizia è ovunque, anche nelle sue mani, ma ormai ancor prima di prendere in mano la bustina, anch'io comincio a sentirmi parte di quel posto. Un solo sorriso fra me e lei, un ci vediamo a lui uscendo e subito dopo lo sbattere della porta alle mie spalle; il cuore, come per incanto, ha ripreso a battere normalmente, tutto si è trasformato, le voci che prima mi rendevano angustiata ora mi danno coraggio…sono felice…felice…felice di aver anche per quel giorno la possibilità chiusa in una bustina di perdere la vita o di ridurne la sua corsa.