Tanya Lomazzi

credo che per il funzionamento stesso di questa redazione il mio racconto non verrà rifiutato perchè tratta argomenti "difficili"; e sopratutto spero che vi piaccia,ho anche molto altro materiale e un libro che sto ancora scrivendo.

Storie di strada

ESTATE 2001

Tutto per Marilou iniziò cinque anni prima, quando era ancora una ragazzina spensierata. Erano gli anni dei primi amori, delle prime uscite serali, l'inizio della vita da liceale. C'era già allora in lei una spinta verso il proibito, verso la trasgressione, la ribellione;viveva in una modesta cittadina sul lago di Como, piena di gente un po' snob, un po' fighetta, dove nulla potevi fare senza che lo sapessero tutti. Le piaceva girare da fricchettona, senza saper bene in realtà cosa volesse dire, ma solo per provocare, per andare contro quella mentalità così perbenista. Frequentava i minuscoli centri sociali della zona. Masticava parole come "alternativo","compagno","anarchia", con l'ingenuità, la voga, la passione tipica dell'adolescente. Dunque tutto sommato la sua era una vita abbastanza tranquilla, che rientrava nei normali canoni imposti dalla società. Sino a che non arrivò quel giorno….
Era un pallido pomeriggio di Novembre e Marilou passeggiava per la piazza principale del paese, immersa nei suoi pensieri: aveva appena finito di leggere Chrithiane F. "Noi, i ragazzi dello zoo di Berlino" e per lei si era affacciato un n uovo mondo, un mondo così spesso trascurato, occultato, ignorato : il mondo della droga.
Stava giusto pensando a ciò, quando le si parò davanti un ragazzo magro, con capelli lunghi sino alla schiena, mossi, castani, gli occhi febbricitanti. Le chiese moneta.
Nel momento in cui i loro occhi si incrociarono, lei sentì un forte morso allo stomaco, una fitta al cuore. Non ragionava più, la sua mente era presa da quella immagine ( era a dorso nudo!): fu il classico colpo di fulmine. Era come se due anime dopo tanta strada si fossero ritrovate. Ovviamente non gli consiegnò dei soldi, era così evidente in cosa li avrebbe spesi.
Fu l'inizio di un amore enorme, smisurato, impossibile, affascinante proprio per quel lato negativo, trasgressivo. Un amore che durò 5 lunghi anni.
Lui si chiamava Martin, aveva 25 anni, ma la droga lo aveva invecchiato. Era 6 anni che si faceva… Marilou coltivò quella "relazione" tra piccoli dialoghi furtivi e tra pomeriggi passati nei vicoli più nascosti. Il loro rapporto non andò mai oltre l'amicizia, anche se per lei i sentimenti provati erano fortissimi.
In tutti quegli anni Marilou non aspettò altro che la possibilità di girare con lui liberamente, fregandosene dell'etichetta che le avrebbero appioppato. Ma viveva con i genitori e per amor loro continuò ad attendere.
Sino a che non giunse alla maggiore età.
Quel anno, un anno fa esattamente , aveva avuto degli screzi con la famiglia, in più la sua voglia di libertà incondizionata, di vita da hippye , era così forte che la spinse ad andarsene di casa. Per un po' visse in uno squallido hotel, lavoricchiando poche ore in una casa -albergo e preparandosi alla maturità nelle poche ore libere restanti. Poi tutto precipitò, iniziò a frequentare assiduamente la compagnia dei tossici ,li conobbe uno per uno; andò a vivere a casa di uno di loro, colui che poi diventò il suo migliore amico, Max. Imparò a conoscerli, a vivere con loro e scoprì in loro qualità che il resto della gente riteneva assenti. Le piaceva essere dalla loro parte, essere come loro, perché era il modo più trasgressivo per provocare. Le piaceva far parte di loro e nello stesso tempo dimostrare al resto del mondo che era sana: non toccò mai l'Eroina. E la cosa che più la riempiva di gioia era stare visino a Martin quando le pareva.
Ma poi Max perse la casa e per Marilou cominciò la vita sulla strada. Passarono i mesi e le cose andavano sempre più nel verso sbagliato. Non si sa bene come si ritrovò a dividere la sua vita con un quarantenne….
Martin, anche s e nel cuore di lei non era cambiato nulla, si allontanava sempre di più e così anche Max e lei si ritrovò attaccata a quel uomo maturo che finì con l'innamorarsene. Era strano ma era come se nel suo cuore ci fosse spazio per tutti, senza che nulla diminuisse di intensità.
Ogni giorno si alzava, senza aver magari dormito e tentava di muoversi in quei pochi metri quadri che erano in quel momento la sua abitazione: un container. Si lavava nel fiume…. Litigava per trovare un bar dove il bagno non fosse occupato, chiuso, da pulire…. E poi sempre appiccicata a quel uomo, in cerca di soldi, in cerca di puntelli per le sue storie…. A sorreggerlo mentre strafatto vagava per le strade.
Stargli dietro, convincerlo a smettere, accompagnarlo tutte le mattine al Sert, controllarlo mentre cercava di fregarla….
Il cibo non c'era mai, i bar si rifiutavano di darle da bere o non le permettevano di entrare; le sigarette non date dalle persone e poi quella vita da tossicaccio in cerca di roba costantemente, che non finiva mai, senza che poi che a lei servisse, ma solo per stare dietro al suo uomo.
Tutto questo l'aveva portata all'esaurimento.
La prima volta che ebbe a che fare con la polizia, fu trattata come un cane, ma il tutto si era limitato alle parole. Poi anche i poliziotti la incominciarono a trattare come un' eroinomane e a trattarla di conseguenza. Marilou mi ha dato il permesso di raccontare questa storia solo perché temeva che non le avrebbero creduto.
Una sera lei e il suo compagno andarono in un bar. Ordinarono da bere e il barista si rifiutò di darne a lei, mentre il suo compagno poté prendere ciò che voleva, Gerard, così era il suo nome le riferì che aveva avuto delle antipatie con quel barista e probabilmente quello era il motivo del suo comportamento. Dopo tutte le emarginazioni e le ingiustizie che aveva subito, Loulù (cos' le piaceva farsi chiamare) scoppiò, inkavolandosi ad alta voce. Non buttò giù tavoli, né provocò alcuna rissa, eppure dopo poco 3 o 4 uomini in divisa, entrarono dalla porta del locale. Lei corse in bagno e la "pula" la portò fuori dal locale. La condussero in Questura, la sdraiarono di pancia e poi di schiena, pestandola, tenendola stretta per le braccia da lasciare i lividi, colpendola in faccia, sull'occhio. Lei continuò ad insultarli,sfogando tutta la propria rabbia. Alzò gli occhi e vide della gente in arancione. Erano volontari della croce rossa e stettero a guardare senza intervenire, aspettando il momento in cui lei cedesse.
Le iniettarono nel corpo dei calmanti,sempre senza il suo consenso. Ad un certo punto uno sbirro le ficcò uno scarpone in bocca, per farla stare zitta. Pianse gridando invano il nome di Martin : in fondo tutto ciò lo viveva per lui.
Ridotta ad uno straccio, la trascinarono in ospedale e la lasciarono in Psichiatria, il posto allora da lei più odiato.Rischiò di essere trattenuta anche lì senza la propria volontà. Ma la mattina dopo si alzò, chiese da che parte era l'uscita, scavalcò un muro e fuggì.
Dopo quell'episodio tentò di stare tranquilla e non diede retta a Max che le consigliò di denunciare la polizia.Subì dell'altra violenza una sera che voleva entrare in discoteca e che ovviamente non le lo permisero.
Poi Max morì in un incidente stradale e tutto per lei precipitò. Ce l'aveva col mondo e con la polizia perché non avevano indagato. Tutto si ripetè: non vollero venderle da bere in un bar, la polizia giunse, la accerchiò e lei reagì e si dimenò colpendoli con dei calci: non pensò minimamente al rischio che correva ferendoli, dopo tutto quello che le avevano fatto. Fu tenuta in Questura per due giorni e due notti, senza che i familiari venissero avvisati. Le somministrarono del valium ma servì solo a rala uscire più di testa.Il terzo giorno le fecero il processo per direttissima. Lei ormai non riusciva più a rendersi conto della situazione ( non dormì in quelle due notti) e si accanì contro il giudice, impedendogli di parlare. Il suo avvocato chiese la perizia di uno psichiatra ma non fu concessa. Dato il comportamento, il giudice si rifiutò di darle la libertà condizionata, che era ciò che in una situazione normale avrebbe rischiato: 6 mesi di carcere fu la pena. Ne scontò solo 6 giorni.
Conobbi Loulù in una comunità, a Milano. Non fece mai quei sei mesi, le permisero di spostarsi lì. Ancor ora attende il processo per l'abolizione della pena, ma ha rinunciato ad avere giustizia.
Ora sta per uscire. Avrà una casa, un lavoro, un nuovo futuro. Ha conosciuto un nuovo ragazzo:ha incontrato il vero amore.
Ha voluto raccontare questi fatti proprio ora, perché dopo gli avvenimenti de G8, forse ci sarà un po' meno di scetticismo e un po' più di credibilità.
Lascio a voi lettori il beneficio del dubbio.

Peace & love for ever
Hippye '81

P.S.
Questa è una storia vera, ma la vera protagonista preferisce rimanere nell'anonimato. Tutto ciò che è stato raccontato è avvenuto realmente, anche se i nomi delle persone e dei luoghi sono di pura fantasia.