Manuela Venturi

ho 19 anni, vivo a Roma, studio Fisica. Permettetemi di non dire altro, vorrei lasciare che siano i miei racconti a parlarvi di me

Nella foresta

La mattina è piena di luce. Dolce il vento fra le fronde. Un bambino corre scalzo sull'erba, limpidi sorrisi gli splendono negli occhi chiari.
C'è solo lui, un bambino, e gli alberi tutto intorno, sotto il sole che brilla piano. Non saprete mai chi sia, perché non ha importanza: è un bambino, nient'altro.
Sappiamo che crescerà, certo, molti incroci di strade sono già lì ad attenderlo; sappiamo che dovrà scegliere una direzione, che dovrà segnarsi il cammino da solo; sappiamo anche che sbaglierà, che finirà per perdersi, si pentirà di aver scelto con poca saggezza, ma sarà tardi per tornare indietro. Sappiamo che dovrà andare avanti, negli occhi di ragazzo la nostalgia delle strade mai percorse.
All'improvviso farà notte, e sentirà freddo: non è altro che un bambino un po' cresciuto, in una foresta minacciosa di ombre. Allora lui si chiederà perché è uscito a correre, e mentre la notte si addenserà su di lui, forse chiamerà il nome della mamma, prima in un sussurro strozzato, a fior di labbra, poi sempre più forte, isterico di paura. E le sue grida, che nessuno sente, avranno il sapore doloroso delle lacrime.
Non arriveranno i lupi, non ce ne sono più nella foresta. Il bambino si accuccerà vicino ad un albero, dormirà e i sogno di casa gli faranno compagnia.
Spunterà un'altra mattina, e anche questa sarà piena di luce e tiepida di vento. Cercando la strada smarrita, il bambino si addentrerà sempre più nella foresta. Sappiamo che continuerà a vagare per giorni, e col sopraggiungere della notte pian piano non avrà più paura, imparerà a riconoscere i suoni della foresta, a cantare con gli uccelli.
E i giorni saranno mesi, e i mesi saranno anni. Il bambino sarà uomo, la strada che avrà percorso sarà quella che si è scelto da solo. Penserà ancora alla mamma, di tanto in tanto, ci penserà pieno di rimpianto. Penserà ai libri scuola rimasti aperti sul tavolo della cucina, penserà al bicchiere di latte dimenticato sul davanzale. Sul libro la polvere avrà formato larghe macchie, ormai, e cosa ne sarà stato del latte? Il bambino ci pensa col cuore stretto, ma ancora di più pensa al suo babbo, che sarà tornato una sera e non l'avrà trovato più. Avrà chiesto spiegazioni alla mamma, si sarà certo adirato con lei, e poi saranno venuti insieme a cercarlo.
Per giorni e giorni mi avranno cercato, per giorni e giorni avranno seguito i miei passi nel folto della foresta, ma poi sarà venuto il momento della rinuncia, della stanchezza, e allora si saranno voltati indietro, saranno tornati verso casa, richiudendosi la porta alle spalle. Non mi hanno cercato abbastanza. Se veramente avessero voluto, mi avrebbero trovato. Io volevo che mi trovassero.
Quando un bambino si perde - un bambino così dolce e limpido di sorrisi, che correva nella foresta in una mattina lontana - ci deve essere qualcuno che si affanna a cercarlo.
Ma lo sappiamo, questa non è una favola. Dopo tanti giorni - che saranno anni - il bambino, ormai un uomo, penserà che non ha più voglia di andare avanti, sarà troppo lunga e tortuosa la strada per tornare a casa. Allora si fermerà, magari vicino ad una sorgente in cui poter immergere le mani, la faccia. E quando avrà bevuto a sufficienza, quando l'antica sete sarà spenta, si distenderà sull'erba pulita, chiuderà gli occhi per un attimo. Capirà quanto è lontano il passato, e sentirà che non c'è speranza di farlo tornare, proprio non c'è.
Allora si sentirà veramente solo e senza desideri, nel cielo le stelle non sapranno più indicargli il cammino. Nuove lacrime gli affioreranno agli occhi - occhi di uomo triste - e non ci sarà nessuno ad asciugarle. Si faranno strada lungo le guance, giù per il petto, ma una volta arrivate sul cuore il freddo sarà troppo intenso, le trasformerà in cristalli di ghiaccio.
Verrà la sera, ma lui non smetterà di piangere, tanto sarà forte lo smarrimento. E sopra tutto, ci sarà il rancore per coloro che avrebbero dovuto cercarlo e si sono scordati di farlo, per colei che avrebbe dovuto amarlo. Poi la notte scenderà su lui che piange, e si addormenterà per lo sfinimento.
Sarà una voce a svegliarlo, quando ancora l'alba sarà lontana. E ancora immerso nei sogni, lui capirà che quella voce è vera, e subito la riconoscerà.
- Mamma! - griderà, e in un attimo sarà in piedi, e ancor prima di vederla si ritroverà tra le sue braccia, e le lacrime si tingeranno di gioia.
E in fondo noi lo sapevamo, vero? Anche se lui dubitava noi l'abbiamo sempre saputo, che lei continuava a cercarlo, che lei non avrebbe desistito, fino alla fine, non poteva stancarsi, non ci sarebbe stata vita per lei all'infuori di lui. E ora che l'ha trovato, tutto ha di nuovo un senso, e mentre si abbracciano è come se le mille e mille strade che li hanno condotti fino a lì si ricongiungessero in un solo istante, perché mentre lei brancolava nel buio, ormai certa di averlo perduto per sempre, forse c'era una voce che le indicava il cammino, sicura e distinta glielo indicava, e quando lei si smarriva la prendeva per mano e la riportava nella direzione giusta. Perché mai avrebbe permesso che non si ritrovassero.
In fondo, lo sappiamo, lui non è che un bambino, dolce, e sorride, e la mattina è piena di sole.