Roberto De Cristoforo

 ora conto fino a tre e poi entro. Uno... due... No, aspetto che mi chiami la segretaria. Via brividetti sulle braccia. Inspira, espira... Ora me ne vado e faccio finta di niente. Si, me ne vado. Ciao a tutti, quella è la porta per uscire. Accidenti mi ha chiamato! Ha chiamato proprio me! Ed ora che faccio? Scappo! Unoduetrevia! Ho cambiato idea. Entro!

IL COLLOQUIO DI LAVORO

Scusi? Posso entrare? La sua segretaria ha detto che tocca al numero quindici e siccome io sarei proprio il numero quindici... La chiudo la porta o la lascio aperta a per far passare un po' di aria? Non trova che oggi faccia più caldo del solito nonostante sia il cinque di Febbraio? Magari l'impianto di riscaldamento centralizzato è regolato male, oppure è questa stanza ad essere troppo calda. Si, è possibile che sia solo io ad essere accaldato, però devo dirle che è davvero strano. Di solito sono un tipo piuttosto freddoloso. Si, ora chiudo la porta e mi avvicino. Dicevo, Io sono uno di quei tipi che se ne va a letto con pigiama, calzette e maglioncino. Uno atipico insomma. Di solito sono le donne che si vestono per andare a letto, mentre gli uomini rimangono in slip in qualsiasi stagione, con qualsiasi temperatura.
E' una questione di machismo sa? Un tipico esempio di maschilismo, di supremazia dell'uomo sulla donna.
Come scusi? Crede che quel che dico son solo scemenze? Lo penso anch'io sa, solo che nessuno ha mai avuto il coraggio di dirmelo in faccia. Lei è un tipo tosto, fermo nelle sue idee. Insomma, han fatto bene a farla direttore del personale. Ha anche un bel portamento, una bella camicia, una bella giacca, una bella cravatta. Non vorrei sembrarle troppo sfacciato nel guardare sotto la scrivania, ma penso che abbia anche un bel paio di pantaloni e scarpe di pelle morbide ed eleganti.
Dice che mi devo accomodare su questa sedia? Su questa bella sedia in velluto verde con poggioli di legno lavorati al tornio? Ma non sarà troppo? Non è che poi gliela sciupo? Io sarei già la quindicesima persona che vi ci siede oggi. Non vorrei sdrucirla. Non vorrei rovinarla. Non vorrei… Sì ora mi siedo e le passo il curriculum. No, non è che sono nervoso.. ma sa..
Beh, magari un pochino si, diciamo; ma è naturale, penso, ad un colloquio di lavoro. Comunque ecco il mio curriculum. Vede? Nella prima pagina ho messo nome, cognome, indirizzo, telefono, ecc. ecc. Nell'eventualità ho inserito anche il numero di cellulare e l'indirizzo email, nel caso avesse urgenza nel cercarmi.
Si, Luigi Ghidetti. Mi chiamo così. Non è un gran nome, ma è quello che mi han dato. Cioè, il nome è quello che mi han dato, per il cognome non c'era molto da scegliere. Sono generazioni che ce lo tramandiamo. Non è che uno nasce, vive la propria vita di svago e di lavoro e poi un bel giorno decide che il proprio nome e cognome non gli aggradano più e se li cambia. Non è che uno si sveglia alla mattina e va in comune all'ufficio anagrafe e dice: "Guardate che a me Luigi Ghidetti non piace più. Da oggi mi voglio chiamare Filippo Maria Sforza". Che anche questo poi... Diciamoci la verità direttore: neppure questo è un gran bel nome vero? Scusi, ma non è che per caso Filippo Maria Sforza è qualche suo parente eh? Guardi che è un nome che ho sparato a caso. Comunque, i gusti son gusti signor direttore e come dice il proverbio: "Al de gustibus non si comanda". Comunque, non me lo fanno cambiare. Me lo tengo e non mi lamento. Me lo tengo e cerco di renderlo simpatico! Che poi, a pensarci, non è poi così tanto brutto. Del resto Luigi è un nome comune. Si ricorda facilmente. Ora le faccio un esempio. Adesso mi alzo in piedi, le porgo la mano e le faccio un esempio, guardi eh: "Signor direttore buongiorno. Mi chiamo Luigi Ghidetti, ma lei può chiamarmi semplicemente Luigi".
Vede Direttore? Le sarà difficile dimenticare il mio nome. E' facile, è corto ed è immediato. Poi ci sono gli amici che mi chiamano "Ghido". E' un diminutivo di Ghidetti. Se ci tiene può chiamarmi anche lei "Ghido". Suona ancora meglio di Luigi, non trova? Addirittura alcuni mi chiamano anche "gigighidetti", ma non penso che lei si spinga a tanto, ma se vuole…
Si, torno a sedermi su questa bella sedia verde con braccioli in legno torniti a mano. E' una bella sedia sa? Qua è tutto bello. Bello le pareti bianche, bello la scrivania, bello anche i quadri appesi. Mi troverei bene a lavorare qui. Fa un po' caldo, ma potrei venire in ufficio sbracato, così risolvo il problema.
E' un Goughen quello? Si, sono sicuro; quello è un quadro di Goughen. Tipico stile francese, tipica pennellata d'oltralpe, tipico sfondo policromatico. E' un Modigliani? Guardi, non l'avrei mai immaginato. La signora dipinta con quel bel collo allungato mi sembrava tipica del Goughen.
Direttore, forse ha capito che di arte me ne intendo davvero poco; però in fatto di lavoro sono forte eh! Quello sì che mi piace! So fare tutto eh. Mi dicono di fare una cosa e la faccio. Vedrà che se mi assume non se ne pentirà.
Si, direttore, legga il mio curriculum. L'ho portato apposta. L'ho portato per farmi conoscere, per dimostrare le mie capacità, le mie qualità, le mie esperienze, le mie… Come scusi? Si, sono un geometra. A scuola andavo bene sa? Le mie materie preferite erano Costruzioni ed Italiano. Estimo mi piaceva e la trovavo facile, specialmente il calcolo dei frutti pendenti. Sa cosa sono i frutti pendenti? Non lo sa, ovvio. Casomai dopo glielo spiego. Ecco, se dovessi trovare un neo, tra tutte le materie…
Avete bisogno di un ragioniere? Ma questo non è un problema per me, sa? Gliel'ho detto che mio padre è ragioniere? E che ragioniere. Il re dei ragionieri, oserei dire. Partita semplice, partita doppia, rimessa diretta.; era forte lui.
A cena si parlava sempre di ragioneria. Non ha idea di quante belle serate ci siamo fatti davanti alla calcolatrice. Se uno di noi, che eravamo in due fratelli, voleva veder la televisione, lui alzava il capo e diceva: "Ragazzi, vi ho mai parlato delle incognite della partita doppia?" E noi: "No papà" e giù tutta sera a dimostrar le incognite. Delle sere si aprivano dei veri e propri dibattiti sa? Si discuteva sui problemi inerenti la ragioneria, con tanto di esempi alla mano. Intorno le ventidue si faceva una piccola pausa e mia madre ci preparava un bel caffè per star svegli. Poi si ripartiva con le discussioni e con gli esempi. Le posso assicurare che a casa mia si mangiava pane e ragioneria tutte le sere.
Esperienza? No, esperienza nel settore della ragioneria non ne ho. Tante belle teorie, tanti begli esempi, ma pratica poca. Mio fratello si. Lui si che ne ha tanta di esperienza.
Lui ne ha fin da vendere. Saranno cinque anni che fa il ragioniere da un commercialista. No, mio fratello non ha intenzione di cambiare lavoro. Direttore, guardi che sono io che cerco un lavoro; mio fratello sta a posto! No direttore, mio padre è in pensione. Non ho la pratica di mio padre e di mio fratello, ma un sacco di bella teoria. Però se le interessa ho esperienza su di un bel muro di sostegno per evitare che crolli il terreno adiacente alla strada nelle zone collinari. Se vuole le calcolo all'istante la quantità di ferro che ci va in un pilastro di cemento armato di trenta centimetri di lato. Volendo, potrei anche tirar fuori un bel teorema matematico per calcolare l'angolo del triangolo, ma al momento esperienza nel campo della ragioneria ne ho poca.
Si, lo so che l'annuncio parlava chiaro. "Cercasi ragioniere esperto. Astenersi perditempo", ma io ho buona volontà sa? Ne ho da vendere, sa? Mia madre me lo diceva sempre: "Luigi, tu hai due grandi pregi: sei un ragazzo sveglio ed hai buona volontà". Imparo tutto ed anche alla svelta, dico io. Pensi che… Come scusi? Se so usare il computer? Ma certo che lo so usare! Al giorno d'oggi chi non sa usare un pc? Solo i disgraziati non sanno usare un pc. Come dice? Lei non lo sa usare? Ma perché lei è un uomo che non ha bisogno di saper usare una stupida macchina come il personal computer. In fondo, a che le serve? Quando ha un foglio, una penna stilografica ed una calcolatrice ha tutto vero? Si vede che lei è una persona tutta d'un pezzo. Integerrima, oserei dire. Scusi, le da fastidio se accavallo le gambe? Non vorrei sembrarle sfacciato, ma a volte quando son nervoso le gambe mi tremano un poco. Non è questo il caso eh! Non mi fraintenda, per carità. Le gambe ora le accavallo perché devo sgranchirle un pochino. Lo sente questo rumore? Queste sono le mie gambe che gratticchiano.
Si, "gratticchiano" è un termine che usiamo in famiglia. No guardi, lasci perdere che è troppo lunga da spiegare. Già avrò il mio bel da fare a spiegarle la teoria dei frutti pendenti, se poi mi cimento nell'etimologia di certi termini famigliari non me la sbrigo più!
Si, comunque il computer lo so usare. So usare il computer e tutti i suoi programmi. No, il programma di posta elettronica no. Ma imparo alla svelta sa? Non ha idea di quanto io sia intraprendente. No, neppure i programmi di contabilità so usare. No, neanche il programma degli ammortamenti conosco. Però vede qua? C'è scritto per filo e per segno tutti i programmi che so usare. Questo.. quello.. quell'altro…
Dice che è tutta roba che per questo lavoro non serve? Beh, ma non fa niente. Io imparo alla svelta. Io sono un fulmine nell'imparare. Mia madre me lo diceva sempre: "Luigi, tu hai due grandi pregi: sei un ragazzo sveglio ed hai buona volontà".
Si direttore, lo so che gliel'ho già detto, ma era per dare la giusta importanza a questa grande verità. Insomma, volevo solo ribadire un po' il concetto, volevo, ecco, volevo solo questo.
Certo, certo, legga pure. Si prenda tutto il tempo che vuole. Starò zitto fino a quando lei non mi farà una domanda qualsiasi.
Io non son un tipo che parla molto sa? Si, di primo acchito sembro uno dalla parlantina facile, sembro un logorroico, ma in realtà sono un tipo piuttosto taciturno. Non parlo mai con nessuno. Cammino per la strada, guardo le persone, ma non mi fermo a parlare con nessuno. Neppure quando siamo tutti fermi al semaforo pedonale ad aspettare che scatti il verde per passare. Neppure quando sono fermo alla fermata del bus. Non sono uno di quei personaggi pesanti e logorroici che si divertono a chiacchierare con la gente. Prenda ad esempio quelli che ti chiedono che ore sono. Lo fanno per attaccar bottone sa? Però io ho escogitato un buon sistema. Loro mi chiedono se "per caso" so che ore sono ed io gli rispondo di si, nel senso che so che ore sono. Però mica glielo dico a 'sti attaccabottoni. Lo sa vero signor direttore come va a finire? Prima ti chiedono l'ora e poi ti dicono che è una bella giornata ed alla fine ti ritrovi a far la strada assieme a parlare di come sta la mamma e la zia e di quella volta che il gatto ha bevuto la varechina ed è morto sul colpo. Quindi mi creda, meglio troncare subito. Loro mi chiedono se so che ore sono ed io gli rispondo di si! Se poi insistono io comincio a sbuffare e mi giro dalla parte opposta, borbottando qualcosa di incomprensibile.
Funziona sempre sa? Dovrebbe provarlo anche lei quando non vuole essere disturbato. Tuttavia, se proprio devo trovare un piccolo neo, se proprio devo spulciare nei miei difetti, posso dire d'essere un po' logorroico quando son nervoso. Si, ma solo un poco eh. Parlo un po' più del solito. E' più forte di me. Nella tranquillità sono piuttosto taciturno. Se invece sono nervoso ecco che scatta la molla della parlantina. Si, insomma, un po' logorroico lo sono anch'io, ma solo quando son nervoso.
Mi chiede se son nervoso ora? No, non son nervoso. Cosa glielo fa pensare? Il fatto che io sia qua già da trentacinque minuti, di cui almeno trentaquattro ho parlato solo io non vuol dire che io sia nervoso.
Beh, magari un pochino lo sono, ma solo un poco sa? Del resto è un colloquio di lavoro questo. Una cosa importante. Potrebbe decidere del mio futuro, della mia carriera, della mia vita.
Vabbé guardi, le dico la verità: sono nervoso. Sono talmente nervoso che non riesco a smettere di parlare. Talmente nervoso che potrei dare un calcio a questa bella sedia in velluto verde con braccioli in legno torniti e sputare in un occhio alla bella signora dipinta dal Modigliani che sembrava dipinta dal Goughen. Si si signor direttore, ora mi calmo. Però anche lei ha le sue colpe sa? Sono quaranta minuti che esamina il mio curriculum e non ha ancora capito niente. Gliel'ho detto: sono un geometra e me ne intendo anche di ragioneria, in modo fittizio, naturalmente. No, non ho esperienza nel campo, ma imparo alla svelta. So usare un computer, in barba a quei babbei che non sanno neppure accenderlo e le ricordo che ogni riferimento è puramente casuale.
Insomma direttore, io ci tengo a questo lavoro sa? Ci tengo anche se non ho esperienza come ragioniere. Ci tengo davvero a seguire le orme di mio padre e di mio fratello. No, non è una questione di gelosia e neppure una sorta di omogeneità famigliare.
Guardi, a lei glielo dico perchè mi sta simpatico.
Come le dicevo, mia madre mi elogia sempre per i miei pregi, però poi mi dice: "Certo Luigi, hai tante belle virtù, ma ora vedi di cercarti un lavoro serio e di toglierti dalle scatole che ormai hai già trentun anni suonati." Quindi io penso che se mio padre è diventato ragioniere e mio fratello, che è una testa di rapa è diventato ragioniere, allora vuol dire che è facile fare il ragioniere, ancora più del geometra.
Non trova direttore? Che ne dice? Io sono stato sincero con lei, ora lei lo sia con me. Mi dica la verità: posso sperare in questo lavoro? Dice che devo sperare o devo cercare altrove?
Ah, devo cercare altrove. Capisco. Lei pensa che io debba cercare un lavoro altrove.
Certo, certo, capisco.
Va bene. Se lei dice così vuol dire che non sono la persona adatta a questa azienda.
Va bene comunque. Ma no, non me la prendo, non si preoccupi. Il piccolo calcio che ho dato alla sedia è stato solo perché ho inciampato.
Ma lei è proprio sicuro di quello che dice vero? E' sicuro che non ha bisogno di me.
Beh, allora se è proprio sicuro io mi alzerei e me ne andrei.
Diamoci almeno la mano per salutarci.
Come si dice in questi casi: ognuno dalla propria parte del tavolo; lei dalla parte di quello che esamina, io da quella che se ne va.
Scusi, può rendermi il curriculum che magari mi può servire per un altro colloquio? Magari la prossima volta rispondo ad un inserzione in cui cercano un geometra e speriamo che non venga qualche insulso ragioniere a fregarmi il posto.
Restiamo almeno amici anche se il colloquio è andato male? Si ricorda vero come mi chiamo? Bravo, mi chiamo Luigi. Vede che è facile da tenere a mente?
Mi saluti la sua segretaria. No, non si preoccupi; l'altro candidato lo chiamo io, non facciamola scomodare per così poco. Ci pensa Luigi a chiamarlo..
"Avanti il prossimo. Avanti il numero sedici".

 

ROVINOSAMENTE LUNEDI'

E' già abbastanza tragico svegliarsi alla mattina con il gatto che ti lecca il naso per dirti che è l'ora dei suoi croccantini preferiti, ed è quantomeno disgustoso il sapore che sento tutte le volte che apro la scatola di Whiskas per soddisfare la sua golosità, figuriamoci poi se tutto questo avviene in uno stupido Lunedì mattina di uno stupido giorno piovoso di uno stupido mese di Novembre. Rimbalzo dal letto con un occhio chiuso ed uno a mezz'asta e comincio a girare tra le camere. Prima in bagno, poi in cucina, poi ancora in bagno. Guardo l'orario e nonostante il pietoso ritardo mi faccio una doccia per smaltire i bagordi della domenica sera. Per almeno dieci minuti l'acqua scorre sul corpo senza che io ne percepisca il ben che minimo beneficio, poi, lentamente, alzo la mano e prendo il sapone. Questa è la prima mossa che fa intendere di aver trovato la forza di reagire al "Pork Festival" organizzato la domenica sera da poco conclusa. Tutte le domeniche la stessa storia: una serie incontrollabile di esagerazioni enogastronomiche che a lungo andare ci porteranno alla rovina. Non importa dove farle: a casa mia, nel rifugio antinucleare di Giacomo, nella cantina di Carlo oppure all'osteria di Piero. Per noi basta mangiare e bere fino al limite dello spappolamento del fegato, oppure fino a quando non cadiamo per terra come grosse pere mature. Il mio dottore non mi ha ancora detto di limitare gli eccessi solo perchè anche lui fa parte della combriccola e finchè non verrà un collasso a qualcuno tutto è ammesso e tutto è lecito. Tutto bene almeno fino a quando non mi guardo allo specchio, il che vuol dire tutte le mattine dopo la doccia.
Eccomi qua. Lo specchio non perdona; quella figura riflessa è proprio la mia. Sono proprio io quell'ammasso adiposo e gocciolante appena uscito dalla doccia.
Inutile fingere di essere un'altra persona; inutile trattenere l'aria nei polmoni; inutile contenere la pancia. Non ho sbagliato l'acquisto; non ho comperato uno specchio deformante. Questo specchio è perfetto; se c'è qualcosa di sbagliato, quello sono io. Ho la forma di una botte. Ho il naso a patata. Ho i capelli a ciuffetti sparsi e presenti solo nella parte inferiore della nuca. Quei pochi insignificanti peletti grigi servono ad indicare che un tempo lontano su questa palla lucida e pelata era presente un folta e fluente chioma nera; diciamo una chioma nera; vabbé, diciamo un po' di capelli e neppure tanto neri.
Se mi guardo allo specchio non vedo una faccia; vedo una mongolfiera; una luna piena con naso e bocca disegnate; un mappamondo tormentato da rilievi e fondali. Vedo una bella faccia da schiaffi con corpo tozzo annesso; già, perchè oltre ad essere basso e pelato, sono pure tarchiato. Insomma un bel salsicciotto formato famiglia; se dovessi amare quegli "strani giochetti" in cui si viene legati per godere, potrei sembrare un cotechino nostrano. Ecco quello che vedo tutte le volte che mi guardo allo specchio, un bel cicciottino senza grazia e senza virtù. Sono convinto però che tutto questo non sia avvenuto per caso. Io dico che ognuno dovrebbe seguire il proprio destino, com'è giusto che sia.
Ricordo benissimo quando svolacchiavo tra le nuvolette ad aspettare che qualcuno mi facesse nascere. Poi un giorno, che non era domenica, il CAPO mi convocò e disse: E' ARRIVATO IL MOMENTO CHE TU VADA SULLA TERRA. HO DECISO ANCHE LE TUE SEMBIANZE: ALL'INIZIO SARAI UN MOCCIOSETTO ROMPISCATOLE, POI PASSERAI L'ADOLESCENZA A COMBATTERE INUTILIMENTE CONTRO I BRUFOLI ED INFINE, DALL'ETA' DI TRENTANNI, TI SCOPRIRAI PICCOLO, GRASSO E CALVO. QUESTA E' LA MIA DECISIONE E COSI' SIA FATTO.
Lì per lì mi son detto: "Ammazza, che culo! Pensa a quei poveri sfigati che nascono sapendo di essere belli, slanciati, biondi e con gli occhi azzurri".
Non ero del tutto d'accordo col CAPO, però sapete com'è; non si può discutere con Lui; un caratteraccio che non vi dico.
Volli comunque fargli una controproposta: "Va bene capo, però visto che tu hai deciso il mio aspetto fisico, io vorrei almeno decidere dove nascere.
Lui posò il suo luminescente occhio a triangolo sulla mia aurea e ribadì: D'ACCORDO, DIMMI DOVE VUOI NASCERE ED IO TI ACCONTENTERO'.
Avevo sempre avuto un desiderio: poter nascere nelle terre del nord Europa, dove vivevano i prodi paladini, dove vigeva la giustizia, dove regnava la gloria.
Ci pensai giusto il tempo della suspance e poi gli dissi "Voglio vivere in Normandia"!
Il CAPO annuì: "E SIA. COME TU VUOI; ANDRAI A VIVERE IN LOMBARDIA!" e così dicendo mi diede un calcio e mi spedì giù per lo scivolo divino senza accorgersi d'aver udito male la mia richiesta, sbagliando clamorosamente luogo!
"Normandiaaa; voglio nascere in Normandiaaa, non Lombardiaaaaa" stavo urlando mentre scendevo a capofitto dallo scivolo celeste. Lui per tutta risposta irritato dal mio comportamento gridò: "COME OSI URLARE AL TUO CREATORE DOPO CHE HA ESAUDITO IL TUO UMILE DESIDERIO? PER PUNIZIONE TUTTE LE VOLTE CHE ANDRAI IN MACCHINA, AVANTI A TE AVRAI UN UOMO COL CAPPELLO CHE PROCEDERA' NON OLTRE I TRENTADUE ALL'ORA, SU QUALSIASI STRADA, CON QUALSIASI VISIBILITA', CON QUALSIASI TEMPO! E SE NON CI FOSSE NESSUNO DISPONIBILE, CHE I PASSAGGI A LIVELLO TI OSTRUISANO LA STRADA! COSI' SIA E PER SEMPRE!!!"
Ed ecco che ora mi trovo basso, calvo e tarchiato, residente in Lombardia, con tanti uomini col cappello avanti a me che vanno a velocità ridicole e con passaggi a livello perennemente chiusi.
Signorsì signore! Ho la piena consapevolezza che sia andata così e questo mi basta ed avanza.
Che ore sono? Lasciamo stare. Dove ho messo i pantaloni? E la maglia? Possibile che tutte le volte che torno dal "Pork Festival" non ricordo dove sbatto i vestiti? Vediamo: sopra la pila di abiti sporchi non ci sono, sopra la pila delle magliette pulite, neppure. La pila della calze & mutande è troppo piccola per farvi planare i vestiti; quella dei pantaloni non esiste: tre pantaloni di numero non fanno una pila. Insomma, da quando è andata via mia moglie non sono più lo stesso. Quando c'era lei tutti gli indumenti erano al posto giusto; le maglie nel cassetto, le camicie nell'armadio, le mutande e le calze nel comò, la roba sporca nel portabiancheria. Ora invece l'armadio contiene solo appendiabiti vuoti e nel comò ci ho messo i CD e le videocassette. Per fortuna il letto si salva in extremis. D'inverno ho un enorme piumone che basta tirare per ricomporlo dandogli almeno un aspetto decoroso. D'estate invece il letto non lo scopro neanche; mi butto sopra le lenzuola a peso morto sderenato dal sonno. Nel caso dovessi soffrire un po' di freddo mi copro direttamente con l'accappatoio così sono già pronto alla mattina successiva per la doccia. Altre volte invece mi addormento direttamente sul divano fino a notte fonda o giù di li. Mi sveglio tutto incriccato e mi trascino a letto. Mentre lo raggiungo, levo gradualmente gli indumenti cacciandoli per terra: prima la maglia, poi la canottiera, poi i pantaloni ed infine le calze. Non è una tecnica sbagliata; alla mattina faccio il percorso inverso ed in men che non si dica sono vestito.
Mia moglie me lo diceva sempre che prima o poi mi avrebbe lasciato. Io la deridevo e le dicevo che se voleva proprio lasciarmi che almeno lo facesse di mercoledì. Si, il Mercoledì è un giorno fetente. Il classico "giro di boa" tra la settimana che stai lasciando e quella che arriva.
"Se proprio mi devi lasciare non farlo di Lunedì che sono troppo debole; non farlo di martedì che è il giorno delle coccole; il giovedì invece, all'apparenza inganna: sembra un giorno stupido; in realtà il pensiero è già proteso al fine settimana; il venerdì invece è già "situazione week-end" e sei carburato e pronto per affrontare tutto quello che ti può accadere; il sabato è dedicato allo svago più assoluto ed infine arriva la domenica che è tutta per me, per la partita di pallone e per i miei amici. Magari qualche volta è fatta anche per stare un po' con te."
Lei mi guardava attonita e non parlava. Poi un mercoledì mattina sono uscito mentre lei era seduta a far colazione e son rientrato dall'ufficio che c'era solo una lettera sul tavolo. Un sacco di belle parole con un esemplare ADDIO alla fine e chi si è visto si è visto.
Beh, almeno ha avuto dell'ironia a lasciarmi di mercoledì. Fortuna che in comune accordo avevamo deciso di non fare figli, però il gatto se lo poteva portare via. Lo ha trovato lei, gli ha dato il nome che voleva lei ed ora me lo ha appioppato. Neanche mi piacciono i gatti, figuratevi.
Che ore sono? Smetti di guardare la sveglia che è tardi! Il capo ufficio stamattina mi uccide!
Io mi domando perché anche lui alla Domenica sera non trova da fare un bel diversivo. Che ne so: un pigiama party, un sex, drog and rock'roll, un bondage festival. Invece niente. Sempre chiuso in casa con la sua famigliola amorosa a guardare la prima cosa che gli propina la TV. Vivere vivere, accidenti. Vai almeno alla sala Bingo: è meglio di niente; è meglio che stare a casa seduti sul divano come stoccafissi marinati.
Dai che ci siamo. Sono pronto! Facciamo un controllo generale: la maglia l'ho indossata nel verso giusto, i pantaloni hanno la patta chiusa, le scarpe sono della stessa forma e colore, le calze hanno la stessa trama. Si, sono a posto anche oggi. Un salto nel cappotto e scappo.
Che hai da miagolare micio? I croccantini te li ho dati, la lettiera è pulita, che vuoi ancora? Un paio di coccole? Ma hai visto che ore sono? Si, sei un bel micio, affettuoso, carino e simpatico. Vedi? Ti faccio anche le carezze. Bravo e bello, ora però lasciami andare che è tardi.
E finalmente sono in strada; certo che "l'altro" capo, "quel CAPO", ci ha dato dentro con la profezia eh; tre uomini col cappello ed un passaggio a livello chiuso. Per fortuna sono arrivato ed ho fatto finta di niente dell'apocalittico ritardo. Il capufficio è già appeso al telefono che sbraita sul "chessoio". Se viene da me e chiede il motivo del ritardo che gli dico? Che sono stato in sala Bingo al posto suo ed ho vinto una notte di follie con la cameriera? Che sono stato fermato da due ribelli anarchici che mi hanno costretto ad arrivare in ritardo per lottare contro il potere del padrone? Utopia. Potrei anche dirgli che mi è scoppiata la casa, ma tanto non ci crederebbe. Ormai è consolidato che il sottoscritto al lunedì mattina è irrimediabilmente in ritardo.
Guardo le pratiche lasciate il venerdì precedente e vedo che devo fare una serie di telefonate a clienti ed affini. L'agenda elettronica mi segnala che nel pomeriggio c'è una riunione per vedere gli avanzamenti aziendali: due palle che non vi dico, però non ho nessuna difficoltà nel mettere il cervello in stand-by.
Vabbè, partiamo con questo numero: 02 2350…. Ecco lo stomaco che comincia a lamentarsi. Non posso dargli torto. Ieri sera abbiamo pasteggiato peggio delle altre volte. Siamo passati dalla carne alla carne passando dal risotto ai carciofi, ai funghi trifolati, alla tagliata di manzo, all'insalata pasticciata, all'involtino di maiale, al prosciutto del casato, al formaggio stagionato ed agli arancini cinesi sottospirito. Infine cinque amari diversi per non far torto a nessuno.
Che gli dico adesso a questo cliente? Che oggi non ci sto con la testa? Per fortuna è occupato. Facciamo che stamattina fingo di lavorare. Facciamo che stamattina parlo a vanvera al telefono e sbrigo pratiche fasulle al computer. Tanto nessuno viene a controllare la produzione giornaliera. Magari domani recupero il tempo perduto.
Accidenti a quest'ufficio. E' tutta mattina che ondeggia; accidenti ad i colleghi. Sempre ad urlarsi addosso: vi rendete conto che stamattina ho una campana al posto della testa? Fortuna che l'ora della pausa è arrivata alla svelta; questa volta però la mensa non mi becca. Ho ancora gli involtini di ieri sera che navigano nello stomaco e per cortesia vediamo di non fare l'onda in questa specie di ufficio galleggiante, altrimenti succede che poi sto male.
Aria, aria. Un po' di aria fresca è quello che mi ci vuole. Infilo il cappotto in modo più o meno decoroso ed esco a fare due passi attorno al caseggiato; magari è la volta buona che affondo definitivamente gli involtini.
Che fatica però questa passeggiata; questa notte devono aver allungato il condominio. Sono stramaledettamente lontano rispetto all'orario di rientro. Allunghiamo il passo altrimenti me lo scordo il caffè alla macchinetta. Senza di quello potrei cadere nel più profondo stato catalessico che impiegato possa ricordare.
Che fatica marcare gli appuntamenti; pure il caffè di corsa sulle scale mi son dovuto bere. Intanto qua sono già tutti ai posti di combattimento. Il capo al lato corto del tavolo e tutti gli altri sui fianchi lunghi. Tutti a dire "si-si" io compreso, naturalmente. Oggi però ho azionato il salvaschermo al cervello. Se mi interroga sugli andamenti spero di trovare qualche parola da spiccicare.
E' normale secondo voi fare una riunione di Lunedì? Ma che fate la Domenica sera, stoccafissi che non siete altro?
Ognuno dei colleghi dice la sua; ad uno ad uno vengono ascoltati, fino a quando arriva il mio turno. Mi alzo e mi prodigo in una bella frasettina standard da usare in momenti di estremo bisogno come questo. "La settimana appena passata è stata stranamente calma; i clienti consociati sono contenti dell'andamento, i problemi sono tutti sotto controllo ed i nuovi clienti sono in fase di studio. Vedremo questa settimana come volgeranno gli eventi". Il capo annuisce e non controbatte; io mi risiedo prima di crollare sul tavolo. La mia parte l'ho fatta, ora posso continuare a dormire ed aspettare che tutti si alzino per capire che questa cavolo di riunione è finita.
Finisce tutto mezz'ora prima del termine dell'orario di lavoro. Non mi è andata neanche tanto male, penso. Il tempo di rientrare in ufficio, guardare la posta elettronica, giocare con un giochino in java ed è ora d'infilarsi il cappotto per rientrare a casa. Il pasto è stato definitivamente digerito alle 15,37 mentre parlava quel "mattone" dell'ufficio acquisti, ed ora mi sento decisamente meglio. Rientro a casa passando dal solito supplizio di uomini-lumaca e passaggi a livello serrati e mi sbatto sul divano: due minuti più tardi le scarpe volano ai lati della sala ed il telecomando aggroviglia i canali televisivi. L'ora della cena è ancora lontana, ma col cavolo che mi becca. Un po' di caffelatte e basta per questa sera.
Non voglio esagerare mai più. Non voglio più essere nelle condizioni in cui mi sono trovato oggi. Non voglio più guardarmi allo specchio e deprimermi. La settimana prossima vado dal dietologo e mi faccio dare una bella e sana dieta ipocalorica a base di verdure cotte. "Dottore, un bel trenta chili meno voglio essere" gli dico, e lui mi stampa una paginetta con gli alimenti da dosare e quelli da evitare. Eh no! Non mi fregate più amici fetenti. Non voglio più far parte delle vostre cene pantagrueliche. Non vi voglio più vedere e basta.
Vieni qua micio che a te i croccantini li dò volentieri. Almeno tu sfogati col cibo quanto vuoi. Dai, vieni qua; non scappare sotto il tavolo. Adesso che ho il tempo di coccolarti mi scappi? Diavolo d'un gatto. Domattina se mi svegli per avere la colazione a base di croccantini mi rigiro nel letto e te li faccio penare.
Chi è che rompe al telefono mentre cerco di prendere questo micio fetente e fantastico sulla mia nuova forma smagliante?
E' Piero che mi dice che oggi è il turno di chiusura dell'osteria e che ieri è avanzata tanta di quella roba da poter fare un pasto doppio rispetto al precedente.
Ora lo mando a quel paese e gli dico che non voglio più saperne di lui e di tutti gli altri.
Ora gli sbatto il telefono in faccia e chiamo la Telecom per farmi cambiare numero e non essere più reperibile.
Ora gli dico che stanotte ho visto la Madonna e sono improvvisamente diventato vegetariano ed astemio.
Ora gli dico… Ora gli dico… "A che ora mi hai detto che ci si trova in osteria?"