Dino Durigatto

Tarcento (UD) - 48 anni, professione grafico pubblicitario. Testo inedito facente parte di un lavoro dedicato a chi cerca la carità. agli extracomunitari, ai senza casa, ecc. Nel 98 ho pubblicato un libretto di racconti con Campanotto editore: Pillole e altre fantasie.

DOGANA

Alla dogana arrivò stanca una vecchia Golf alimentata a nafta. Carico pieno, stracolmo: casse, giacche, uomini e barbe.
Portapacchi enorme, ridondante e tappeti rotolanti.

Estate calda, vacanze e ferie. Saranno Turchi, Curdi o Macedoni. Di qua devono passare e si devono obbligatoriamente fermare.
Oltre si chiude l’Europa, si entra nell’altro, in ciò che sarà.

Sono in quattro, l’età definibile solo dai passaporti e i tratti somatici dell’oltre li hanno tutti.
Son tre uomini forti, stanchi. Una donna col velo sul capo e le sue mani sono bianche.
Partiti da nord, alta Germania, è estate, l’emigrante torna.

Frontiera di dogana, grande passaggio. Umane etnie di colori e odori s’incrociano in fretta, mescolando linguaggi e carte.
Doganiere, giovane pignolo, fai pure il tuo dovere.
La macchina è fatta uscire dalla fila e accomodare su una zona libera, all’ombra di un cespuglio verde inizia l’ispezione.
Documenti e linguaggi servono a verificare, ma i gesti aiutano a comprendersi.
Bisogna controllare bene tutto. I bagagli, tanti, sistemati in ogni dove. Tanto è che questi si devono ispezionare chiedendo di collaborare. E con ovvia rassegnazione lo fanno.
Alla richiesta di visionare anche ciò che sta sul portapacchi, due dei tre uomini s’apprestano a scaricare il grosso tappeto arrotolato. E se dentro ci fossero armi, o preziosi, o cibo d’occidente?

Doganiere stai ligio sui documenti, il tuo collega già controlla il carico sporgente.
Con calma sospesa tra esitazione e timore iniziano a sollevare il tappeto.
Si fermano, si guardano l’uno di fronte all’altro, volgono lo sguardo al doganiere.
Li sta osservando e pensando di non trovare nulla di diverso, speriamo.
Con cauta titubanza il tappeto rotolato è adagiato sull’asfalto. I due uomini restano fermi in piedi, l’altro e la donna ssi son avvicinati.

Il giovane doganiere fa gesto di aprire, di srotolare. Occhiate scure s’incrociano senza speranze.
Inizia lo stritolamento da un piccolo sfilacciato lembo.
Appare un paio di gambe, i piedi con i calzini ma senza scarpe, un corpo sotto una giacca grigia, un collo di camicia ancora bianco, un volto anziano con gli occhi chiusi sta lì, morto.

Guarda muto il doganiere tanto è stupito e di più è preoccupato.
Il cespuglio, oltre all’ombra, copre da visioni incaute.
Sono altre le lingue parlate, ma sono i gesti che permettono di capire.
Adesso qui non finisce più e questi sono solo poveracci.
Sarà il padre, lo riportano a casa a riposare.
I pensieri lasciano il posto all’intuire.

"Non ho visto niente, rotolate tutto, caricate in fretta e partite".

Estate di ferie, dogane di passaggi. Un’Europa che termina non è una fine, soltanto una riva e poi altre sponde.

 

Di altro mare (parentesi)

Negli occhi ho fisse immagini chiare,
reali, accadute.
Tu sul balcone, tra le piante e un oleandro;
una trattoria sopra la piana,
e la luce del meriggio accanto.

Un nuovo mare datomi tra il sentiero
periglioso e la pietra friabile,
prima dell' immenso, profondo, azzurro... mare.

Magica è la notte,
sa fondere corpi ed elementi;
legami sentiti, unioni di pianta robusta.
E... se di altro mare si dona: eccolo aprirsi ampio,
sconosciuto, amico.

Son i sentieri ardui e i passaggi sudati
a condurre verso la fresca acqua dell’abbraccio
e del ristoro.

Accanto cerchi chi t'accompagna -guida ispirata-
in questo nuovo mare, nuovo ventre.
Come in una danza cercata/concessa,
adagio, avanzo, sull’ombra della guida
sentendo di andare lontano.

Che accadrà?
Neppure la marea può dirlo.
Porta onda e onda torna via.

Trattengo le immagini,
dureranno per sempre, magnificamente.
Ricca è la commozione come pure la gioia.
Si bagnano gli occhi.
E negli occhi ho il tuo volto.