| Federico 
          Garberoglio  
         | I colori del 
            vento  
             1 Era solo, le grandi ali 
            spalancate per raccogliere il vento. Artiglio, il grande falco pellegrino, 
            stava tracciando il bordo di una lunga nuvola grigia.Era molto bravo a fare grandi disegni nel cielo, soprattutto attorno 
            alle nubi, ed ora era proprio quello che stava facendo.
 Aveva abbandonato il nido, Artiglio. L'aveva trovato vuoto e s'era 
            stupito. Null'altro. I falchi, si sa, hanno sentimenti più 
            semplici degli umani.
 Appena giunto al nido, pochi istanti prima, aveva deposto la preda, 
            com'era solito fare, ma nessuno era accorso, a ghermirla.
 Non era venuta la compagna, la bellissima Turchina. In genere essa 
            attendeva su di una roccia vicina, pronta ad accorrere, ma questa 
            volta non s'era vista, e non s'erano visti neppure i due falchetti 
            ingordi, che spesso si azzuffavano per i bocconi migliori.
 I falchi, si sa, e tutti i grandi rapaci dell'aria, non hanno pensieri 
            lievi ed inutili come gli umani. Badano all'essenziale! Sono specialisti 
            dei venti, loro, delle tempeste, delle acrobazie attorno agli arcobaleni 
            ed alle nubi, non delle vane chiacchiere.
 Artiglio aveva trovato il nido vuoto, ma non aveva pianto. Non sapeva 
            neppure che cosa volesse significasse il verbo piangere. S'è 
            mai sentito, d'un falco, che avesse pianto o piangesse?
 C'era qualche cosa, questo sì, che gli riempiva gli occhi e 
            gli vuotava il cuore, ma forse era per colpa dei venti e della velocità, 
            non dell'assenza di Turchina e dei due piccoli falchi implumi.
 Artiglio comprese che doveva volare. Null'altro. Si sentì stupido 
            per non aver capito subito. Per questo semplice motivo decise di andare 
            a chiedere consiglio a qualche rapace saggio ed esperto.
 "Forse il vecchio Occhiofisso, il Gufo Reale, fa al caso mio" 
            pensò, con la sua mente effimera.
 "Andrò da Occhiofisso" decise. "Lui mi dirà 
            che fare."
 Percepì, con le ali, con le zampe, con gli occhi, con tutto 
            il corpo, che il vento stava cambiando di colore. Stava diventando 
            giallo e caldo.
 Distese le ali e, con grande eleganza, com'era nella sua natura, impennò 
            e si lasciò portare verso l'alto, verso una nube leggera a 
            forma di monte.
 2
 Artiglio era un falco pellegrino, ma gli uomini della terra lo chiamavano 
            col nome scientifico di falco peregrinus.
 Non hanno tempo, i grandi volatori, di perdersi in piccoli pensieri 
            e in classificazioni scientifiche. Hanno il più grande dono 
            dell'universo, il volo. Volare è andare per il mondo librandosi 
            nel vuoto, come esseri senza peso, come spiriti. Ad Artiglio, perciò, 
            non importava nulla del nome scientifico che gli avevano appiccicato. 
            Non ne sapeva proprio nulla, e neppure immaginava che ci fosse qualcuno 
            che lo facesse.
 Avvezzo alle altezze vertiginose, alle distese sconfinate dei cieli, 
            ai colori cangianti dei venti, il falco guardò a lungo, in 
            basso.
 Il cielo, terso, era percorso, dalle quote più basse su su 
            verso l'alto, da infiniti venti colorati. Scuri ed opachi vicino a 
            terra, verso l'alto si facevano trasparenti e puri, color del cristallo.
 "Aspetto la notte, poi cercherò Occhiofisso, il grande 
            gufo saggio" pensò Artiglio. "Di giorno i gufi dormono. 
            Si nascondono chi sa dove ed è difficile vederli."
 "Meglio scendere a terra, presso il Grande Bosco del Sonno" 
            decise poi.
 "Là troverò, ne sono certo, il gufo".
 Ridusse l'apertura delle grandi ali, tuffandosi in una picchiata verso 
            una vasta macchia nera, quasi blu intenso, d'un lago.
 "Là riposerò e troverò consiglio" ripeté 
            a sé stesso.
 3
 Artiglio, mentre allargava le ali per rallentare la caduta, vide sopra 
            di sé un rapace che non conosceva. Se ne accorse tardi, quando 
            ormai era sotto di lui, ma fu questo che lo stupì maggiormente. 
            Visto dal basso appariva come un'immensa ombra nera, con ali immense.
 "Mai visto un rapace così grande" pensò Artiglio. 
            Si posò a terra, sulla riva sassosa del lago, ed attese che 
            l'Aquila lo raggiungesse.
 "Chi sei, e che cosa cerchi, nel mio territorio?" chiese 
            la grande aquila, appena posata. Era proprio grande. Artiglio si sentì 
            molto piccolo ma non ebbe paura.
 "Sono un falco, e sto cercando Occhiofisso, il grande Gufo Reale".
 "Io sono l'Aquila di Mare, e questo è il mio territorio" 
            rispose l'Aquila.
 "Me ne andrò, quando avrò parlato col Gufo" 
            rispose il Falco. "Non sono venuto per turbare la tua pace".
 "Il Gufo ora dorme" precisò l'Aquila. "E tu 
            non turbi un bel nulla. Aspetta che scenda la notte, poi risali il 
            nastro argenteo del fiume. Se sarai attento troverai colui che cerchi
"
 "Tu, Aquila di Mare, potresti darmi qualche consiglio
" 
            disse il Falco. "Sono tornato al nido, e non ho più trovato 
            la compagna e i piccoli falchi
" spiegò.
 "Già da qualche tempo il vento grigio della sera porta 
            cattive notizie" disse l'Aquila, con fare grave. "Da per 
            tutto, verso il mare, sui monti, nelle grandi pianure, accadono cose 
            tristi. I cieli si fanno tenebrosi
 Purtroppo io non so nulla 
            di nulla. Solamente il Vecchio Gufo ti potrà darti consigli
"
 "Tu sai tante cose, più di me
" rispose Artiglio.
 "Ora, che m'hai detto ciò che è accaduto, devo 
            lasciarti. Vorrei tornare al nido. Le tue parole m'hanno recato tristi 
            presentimenti."
 La Grande Aquila fece un cenno, aprì le ali immense e, in men 
            che non si dica, scomparve.
 4 "L'Aquila è forte e coraggiosa, ma ha provato paura" 
            pensò Artiglio.
 "Che cosa sta accadendo, nel mondo?
 Perché anche 
            l'ardita Aquila ha trepidato?"
 Artiglio si guardò attorno.
 Oltre la vasta zona paludosa si levavano i primi alberi del grande 
            Bosco del Sonno. La luce si stava affievolendo, segno che la notte 
            era vicina.
 Proprio allora il sole scomparve e la luce si trasformò, lentamente, 
            in tenebra.
 Il Falco aprì le ali e colse la lieve brezza che veniva dal 
            mare.
 In breve, con possenti battiti d'ala, fu in alto, sulla linea verticale 
            da dove s'era staccato. Si fermò nella figura più difficile 
            dell'aria, lo spirito santo.
 Vide il lunghissimo nastro sinuoso del fiume che andava verso oriente, 
            verso la luce morente.
 Piegò di lato, tenendo le ali spalancate, e prese velocità 
            in una lunga scivolata, che lo portò a pochi metri dal pelo 
            dell'acqua.
 Il vento, laggiù, sopra il fiume, era freddo, corrusco.
 5
 "Gré gré gré !"
 Seguendo il corso tortuoso del nastro corrusco, Artiglio lanciava 
            spesso il richiamo.
 "Gré gré gré !"
 "Uuhu!!!" si sentì venire, dal bosco.
 Il Falco ebbe un sussulto. Rischiò di perdere l'assetto di 
            volo, ma reagì. Sfiorò con la punta dell'ala destra 
            il freddo nero del fiume, virò e si diresse, sicuro, verso 
            un vecchio albero, vicino a riva. Per fortuna non era notte fonda 
            e poteva ancora vedere, nonostante non fosse un rapace notturno.
 "Uuhu!!!" ripeté il Grande Gufo.
 Ci mise un po' di tempo, Artiglio, ma infine scoprì dove si 
            nascondeva Occhiofisso. Riposava, immobile, su un grosso ramo orizzontale, 
            ed era del colore dell'albero.
 "Che vuoi, a quest'ora prima della notte?" chiese il Gufo 
            Reale, con voce leggermente gracchiante.
 "Consiglio, vorrei" rispose Artiglio. "Ho parlato con 
            Aquila di Mare, e m'ha consigliato di chiederlo a te."
 "Devo andare a caccia" replicò il Gufo. "Non 
            sai che sono un rapace notturno?"
 "Concedimi il breve tempo per narrare una storia. La notte è 
            ancora lunga
"
 Un cenno di assenso di Occhiofisso fu sufficiente. Con poche parole 
            Artiglio raccontò ciò che aveva nel cuore.
 Il Gufo, per qualche tempo, non rispose. Chiuse i grandi occhi stupiti, 
            come se volesse dormire, ma in realtà lo fece per pensare.
 6
 "Uuhu"
 Il Vecchio Gufo parve risvegliarsi da un lungo sonno.
 "Ho ascoltato" disse. "Poi ho pensato ed ora ti dico 
            ciò che dovresti fare
"
 Il Falco non osava rispondere. Rispose, lontano, il sibilo di un vento 
            notturno.
 "Tu sei un Falco, un grande volatore, e conosci soltanto i colori 
            della luce
 Io sono un Gufo, un uccello notturno, e conosco i 
            colori delle tenebre
"
 Occhiofisso girò lentamente il capo verso l'alto, per osservare 
            il cielo che si stava spegnendo nella grande ombra della notte. Poi 
            riprese a parlare.
 "Tutto il mondo è caduto nel pozzo profondo della bramosia
 
            Tutto intorno è follìa
 Noi non siamo che piccoli 
            esseri sperduti nell'immensità dell'universo
 Non possiamo 
            fare molto, ma forse
 Forse tu, creatura di luce, potresti cercare 
            il Vecchio Falconiere
 Ne ho sentito parlare, tanto tempo fa
 
            Chiedi consiglio a lui
 Il Vecchio Falconiere è un uomo, 
            una creatura del male, ma ama i rapaci più di sé stesso
 
            Ama i rapaci, i grandi volatori, gli uccelli, i venti, l'universo 
            del giorno e della notte
 Il Vecchio Falconiere è un uomo 
            speciale
 Conosce il linguaggio degli uccelli, oltre a quello 
            infedele degli uomini
 Sì!
 Va' da Vecchio Falconiere
 
            Digli che ti mando io. Digli che ti manda Occhiofisso il Gufo Reale, 
            del Grande Bosco del Sonno."
 "Dove vive il Vecchio Falconiere?" chiese Artiglio.
 "Tu vola verso la Grande Isola del Mare, oltre lo Stretto dell'Oblìo
 
            Cerca le Distese Paludi
 Là, ai piedi delle Verdi Colline, 
            troverai colui che cerchi."
 7
 Il Vecchio Gufo era stanco di parlare. Non era avvezzo a quelle cose.
 Restò a lungo in silenzio, poi di nuovo aprì il becco, 
            ma parve che lo facesse malvolentieri.
 "Riposa, ora, su questo mio ramo sicuro" disse.
 "Devo partire per la caccia
 Intanto, parlerò di 
            te agli amici notturni del Gran Bosco del Sonno
 La notte è 
            il mio regno. Io sono l'ombra delle ombre
 Tu, amico, sei un 
            limpido essere di luce, e il giorno è il tuo regno
 Riposa. 
            Quando tornerò, ai primi annunci dell'aurora, potrai ripartire."
 Neppure se n'accorse, Artiglio, di ciò che accadde. Alle parole 
            del Vecchio Gufo cadde in un sonno profondo. Non s'accorse che, in 
            silenzio, con il mantello di piume scure e soffici, Occhiofisso era 
            scomparso nel nero senza confini della notte.
 Il sonno del Falco fu lungo, profondo, ma spesso interrotto dai mormorii 
            della notte, là nel Grande Bosco del Sonno.
 Strani sogni, strani turbamenti, strane memorie, di cose antiche, 
            lontane, obliate, riaffiorarono nel sonno del Falco Pellegrino. Tutto 
            fu lieve e labile
 La memoria dei grandi volatori, si sa, è 
            leggera come i loro voli.
 Artiglio, il Falco Pellegrino, visse una notte di ricordi. Ricordi 
            degli umani, degli animali, della terra e delle stelle, ma tutto fu 
            cancellato dalla memoria
 8
 Quando l'aurora fece capolino, coi suoi primi timidi bagliori, laggiù 
            ad oriente, Artiglio era già sveglio. Vide arrivare, da occidente, 
            Occhiofisso.
 Il Gufo si posò accanto al Falco e non disse nulla. Solamente 
            fece un cenno col capo, un cenno di addio.
 Artiglio non se lo fece ripetere. Dapprima vide, e poi sentì, 
            che si stava levando un forte vento, gelido e verde. Decise di afferrarlo. 
            Lo avrebbe sollevato, senza alcuna fatica, verso la luce del mattino, 
            versi i potenti venti rossi del sole, e verso la Grande Isola del 
            Mare, dove viveva il Vecchio Falconiere.
 Come sempre, era bello veleggiare, solitario e superbo, nel cristallo 
            del mattino, al di sopra del mare azzurro e delle piccole isole scure!
 "Vedi quel puntino nero, lassù?" chiese un bimbo 
            al nonno, laggiù sulla terra.
 "No. Non vedo nulla. La luce dei miei occhi si sta spegnendo 
            lentamente, come la mia vita" rispose il vecchio, triste che 
            la stessa sorte sarebbe toccata, in futuro, al bimbo ignaro.
 "Nonno, dev'essere un uccello. È molto in alto e pare 
            che faccia a gara nel disegnare le nubi" aggiunse il bambino, 
            indicando il cielo.
 "Se è come tu dici, così in alto, in gara con le 
            nuvole, non può essere che un'Aquila di Mare, o il Falco Pellegrino" 
            concluse il nonno.
 "L'Aquila e il Falco amano volare così in alto."
 "Sono contento d'averlo visto, e non m'importa se sia un'aquila, 
            o un falco" disse il bimbo, stupito.
 9
 Un vento nuovo, color dell'indaco, lo stesso che spingeva, laggiù, 
            le onde, e che sollevava grandi schiume contro le rocce, sorresse 
            e condusse Artiglio fino alla Grande Isola del Mare.
 Fu facile, dall'alto, riconoscere le Distese Paludi, accanto alle 
            Verdi Colline. Non per nulla i Falchi sono famosi per la vista acuta
 E fra le colline, in una serena fascia termica, gli occhi penetranti 
            di Artiglio non faticarono a scorgere un'antica casa rossa, in pietra 
            nuda, con alberi intorno e un vasto spiazzo erboso davanti.
 Falchi!
 Erano proprio Falchi quelli che vide Artiglio. Non poteva sbagliare. 
            Tre Falchi.
 Osservò meglio e gli parve che stessero giocando con un uomo 
            dalla lunga barba bianca.
 Il Falco Pellegrino descrisse alcuni voli concentrici, di ricognizione, 
            sopra quella scena. Stentava a crederci, ma prese lo stesso una decisione.
 "Che ci fanno, quei Falchi, insieme con un umano?" si chiese 
            il Falco solitario. Non sapeva nulla, di umani e di Falchi, e tantomeno 
            sapeva alcunché delle Confraternite dei Falconieri.
 Non si pose altre domande, Artiglio. Non era una creatura del dubbio, 
            non un umano, non un pensatore, non un intellettuale.
 Solamente, per magica intuizione, comprese a volo d'essere giunto 
            da colui che stava cercando, da un umano finalmente sereno.
 Scese e si stupì, mentre si posava, per la prima volta, docilmente, 
            sul pesante guanto che l'umano gli porgeva, come se l'avesse sempre 
            fatto
 Non s'erano più dubbi. L'uomo dalla barba bianca lo stava aspettando
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  "Ti stavo aspettando, 
            amico Falco" disse l'uomo. "L'Aquila di Mare mi ha mandato dal Vecchio Gufo, e il Gufo da 
            te" prese a dire Artiglio.
 "So già tutto, amico Falco" spiegò il Vecchio 
            Falconiere.
 "Il mio nido è vuoto, ed io non so che fare" riprese 
            a dire Falco Pellegrino.
 "Il mondo è cambiato, e i grandi rapaci, le rondini, gli 
            uccelli notturni, gli stessi pipistrelli, non servono più a 
            nulla" raccontò il falconiere. "Io stesso mi sono 
            rifugiato in un'isola lontana, per non vedere lo scempio che si abbatte 
            sul mondo."
 "Tu sei un uomo, ma io sono un falco" disse Artiglio. "Tu 
            vivrai ugualmente, ma quando non ci saranno più falchi, aquile, 
            gufi, sparvieri, arpie, che ne sarà di me, che ne sarà 
            dei miei sogni, dei miei voli, del mio amore per la vita."
 "Hai ragione, amico falco" pronunziò solennemente 
            il Vecchio Falconiere. "Dobbiamo fare qualche cosa, dobbiamo 
            muoverci prima che sia troppo tardi."
 "È per questo che sono volato fin qui" disse Artiglio.
 11
 "Dobbiamo chiamare a raccolta tutti i grandi volatori del mondo" 
            propose il Vecchio Falconiere.
 "Dobbiamo farli volare sopra le case degli uomini, sopra le città, 
            sopra ogni villaggio" riprese a dire.
 "Dobbiamo far sì che tutti levino lo sguardo verso il 
            cielo, e dimentichino le brutture della vita, e sappiano tornare ad 
            essere semplici e puri."
 "E io, che cosa devo fare?" chiese Artiglio. Era un Falco 
            e non aveva sentimenti e pensieri simili a quelli degli umani, ma 
            alle parole del vecchio si sentì infinitamente triste.
 "Non ci resta che provare, amico Falco" disse l'uomo. "Vola 
            sulla terra, e ad ogni uccello che incontri riferisci le parole del 
            Vecchio Falconiere. Ogni volatore lo riferirà ad altri volatori, 
            in modo che presto tutti gli uccelli del mondo sappiano le parole."
 "Le parole?" chiese Artiglio. "Quali parole?"
 "Dimentica te stesso e vola più in alto."
 "Sono queste le parole?" chiese Artiglio.
 "Queste
"
 12
 Artiglio era soltanto un Falco, un Falco Pellegrino, e non ne sapeva 
            molto, sulle cose del mondo.
 Non sapeva che gli umani fanno le guerre, che odiano, che vogliono 
            diventare ricchi, che conoscono l'invidia ed altri bassi sentimenti, 
            e che per questo sono pronti ad uccidere.
 Proprio perché queste cose non le sapeva, Artiglio volò 
            nei cieli, fiducioso nelle parole del Vecchio Falconiere.
 Se le ripeté spesso, per non dimenticarle mai.
 "Dimentica te stesso e vola più in alto."
 Volò sopra una vasta palude ed avvistò un Avvoltoio.
 Si avvicinò con prudenza. Gli Avvoltoi, lo sapeva, sono irascibili, 
            ma questo non lo era.
 "Dimentica te stesso e vola più in alto."
 Questo fu quanto disse il Falco Pellegrino, e il grande Avvoltoio 
            capì, perché fece cenno di sì. Poi spiccò 
            il volo e si diresse chi sa dove.
 Artiglio fece in tempo a sentire che il grande uccello stava ripetendo 
            le parole, per non dimenticarle, e ne fu felice.
 13
 Artiglio sentiva, dentro di sé, una grande forza. Volava con 
            facilità e non sentiva alcuna stanchezza.
 Superò un'immensa catena montuosa. Vide le cime altissime, 
            bianche abbaglianti, di neve e di sole, sotto di sé.
 Quasi non si accorse che un Condor era accanto a lui.
 "Che ci fai, a queste altezze, piccolo falco? Questo è 
            un territorio aspro, difficile. Solamente i Condor come me, gli Avvoltoi, 
            le Aquile, le Arpie e gli Sparvieri possono volare a queste altezze, 
            e trovare cibo per vivere."
 Artiglio era stupito e faceva fatica a restare al fianco del Condor. 
            La meraviglia che provava gli aveva fatto dimenticare la missione 
            del Vecchio Falconiere.
 Poi, improvvisamente, ricordò.
 "Dimentica te stesso e vola più in alto."
 Il Condor fece cenno di sì col capo, proprio come aveva fatto 
            l'Avvoltoio.
 "Dimentica te stesso e vola più in alto."
 Ripeté le parole e si lanciò oltre le cime delle montagne.
 14
 E così, in alto nei cieli, a lungo volò Artiglio, il 
            Falco Pellegrino, ambasciatore di un breve messaggio.
 Incontrò, nei suoi giri altissimi, tutti gli uccelli del mondo.
 Nel corso della sua breve vita a tutti comunicò la magica frase.
 "Dimentica te stesso e vola più in alto."
 E tutti i volatori, i grandi e i piccini, impararono e riferirono 
            a chi ancora non sapeva.
 E finalmente un giorno, un ultimo giorno di sua vita, Artiglio, spossato 
            dall'eterno volare, sognò.
 O forse non fu un sogno, non fu un'illusione, ma la realizzazione 
            del più grande desiderio...
 Il cielo era percorso da mille e mille voli, e gli umani, in terra, 
            osservavano, ed avevano gli occhi pieni di luce, e i cuori colmi di 
            gioia.
 Gli occhi di Artiglio si spensero ma lui non cadde, ed altri Falchi 
            portarono per il mondo il messaggio del Vecchio Falconiere.
 "Dimentica te stesso e vola più in alto."
 Tutto il cielo, per un grande prodigio, diventò un immenso 
            arcobaleno
 
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