Gian Paolo Guerini

Non sa dire di sé, né di quello che scrive. Spera solo che quel che scrive possa essere assolutamente inutile. Attende paziente che le cose che devono accadere, accadano.

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LE ZANNE

Non posso invocarli quando gracida la fiamma e crepita lo stagno, hanno zanne limate dall'insonnia, rigate come un pistone sfiatato, come pitone chetato, inneggianti al groviglio come corno di rinoceronte o cono gelato: a volte s'acquattano assonnate tra stuoia e fuliggine, mentre altre tremano sperando di spaventare; non le temo più d'un tasto mal premuto, d'un termos al margine del dirupo, d'un grido goduto o d'un bagliore temuto, d'un fiuto distante, d'un istante che preme, d'una casa dalle chiuse ante, d'una brezza al limitare del gelo; non le bramo più d'un nefasto torrione diroccato, d'un filo di sputo di broccato, d'uno sfiatato polsino sdrucito, d'uno cucito alla vena del mattino, d'uno senza piglio o d'uno vermiglio.