Daniele Bottura

ha 26 anni e vive tra la pianura padana (pur non essendo leghista) e il trentino alto adige (pur non essendo  crucco). a volte lo si incontra in qualche circolo arci del nord italia, mentre fa il dj e propone una musica assordante chiamata drum'n'bass che non piace a nessuno, forse nemmeno a lui. dice di amare le donne, i cani e i pappagalli e sogna di andare ad abitare, un giorno, in campagna per poter allevare queste tre specie animali e godere della loro presenza. daniele scrive quando il suo pappagallo "zulu" gli dice di farlo.

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Ore 7:30

Eccomi qua. A fare i conti con una giornata che non è iniziata in alcun modo. Niente lavoro. Niente "buon giorno", nemmeno la colazione che mi mette qualcosa dentro. Già, perché dentro è come se non avessi niente. Niente di bello, niente di utile. Niente da poter usare, niente di cui poter essere fiero. Solo il nulla. Un nulla che riempie. Riempie ma non basta. Riempie e non è tutto. Manca qualcosa. Manca davvero. Lo sento. Manca chi sono. Manca il senso. Di tutto manca il senso. Mi sono svegliato senza un motivo. La sveglia ha suonato senza una spiegazione. Ed è così, ormai, da molto. Ed è così, forse, da sempre. Dentro di me sento solo la pienezza del vuoto. Una presenza amara come amaro è il sapore che ho in bocca la mattina. Questo sapore mi ricorda come sono. Mi rammenta il mio itinerario. Un itinerario senza fermate. Un percorso senza un inizio. Un itinerario che non è mai iniziato. Un percorso che non deve finire adesso. Una strada che non conosco. Un viaggio che non ho fatto. Penso che questo nulla debba uscire. Vorrei che al suo posto ci fosse il tutto. Un tutto creato da me. Un tutto che mi basti. Un tutto che mi riempia. Devo fare uscire il nulla. Devo farlo uscire adesso. Mi sono appena svegliato e ho già la mente intasata. Penso che andrò a vomitare.


Penso di avere qualcosa in più degli altri. Forse qualcosa in meno. Non so. Sono indeciso sul più o sul meno. Di sicuro non sono come gli altri. Sono diverso. Mi fa male sentirmi diverso. Sono cresciuto in una società che condanna i diversi. Li giudica. Non li accetta. Sono talmente condizionato da questa società che mi capita di non accettare il fatto di dovermi accettare. Me stesso. Non riesco ad accettarmi. Penso che gli altri non mi accettino. Mi autogiudico. Mi autocondanno. Mi viene spontaneo. Questo non è difficile. È facile. Svalutarsi. Reprimere sé stessi. Io mi deprimo facilmente.Io non vivo bene. Ci sono troppe cose in questo mondo che non mi piacciono. Me compreso. Io vorrei cambiare qualcosa di quello che non mi piace. Me compreso. Ma come si fa a cambiare queste cose? Me compreso. Mi trovo a vivere in un mondo che non ho scelto. Non riesco ad adattarmi. Sento che anche se andassi a vivere in un’altra città, in un altro paese beh, forse, sarebbe la stessa cosa. Inutile scappare da qui, se è qui che mi trovo. Inutile scappare da questa città, se è qui che vivo. Inutile scappare da queste relazioni, se sono quelle che ho costruito con l’amore. Inutile scappare da me stesso. Con me stesso non sono capace di fare i conti. O forse ci riesco fin troppo bene. Forse ho capito tutto. Forse ho capito troppo. Forse ho capito così tanto che non mi resta altro da capire. Non so. Magari è così. C’è qualcosa, comunque, che non mi fa vivere bene. Pensi troppo, mi dicono le persone che mi conoscono. Penso troppo. Sei troppo sensibile, mi ripetono spesso i miei amici. I miei amici. Troppo sensibile. Tu stai male per tutto e per niente, ripetono. Io sto male. Dovresti fregartene un po’ di più, così mi dice la gente che mi conosce. Fregarmene. Dovresti far finta di niente. Fare finta di niente. Non dovresti pensare. No pensare. Devi agire di istinto. Devo. Non devi soffermarti sulle cose che ti capitano, ma lasciarle andare, fluire come il tempo. Non devo. Il tempo scorre, la vita sfugge e tu devi danzare assieme a loro. Danzare assieme alla vita che sfugge, secondo loro. Una conoscenza profonda di tutte le facce del mondo è pericolosa. ALT, pericolo! Ci si stanca a stare molto tempo dentro a se stessi. Io sono stanco. Tu sei stanco, mi dicono. Tu si vede che non ce la fai più, ribattono. Non ce la faccio più. Tu ti devi divertire. Devo divertirmi. Tu devi imparare a ridere. Devo ridere. Tu devi uscire da te stesso. Uscire da me stesso. Devi stare in mezzo alla gente come una volta. Devo. Come una volta. Devi frequentare i posti dove ci sono molte persone. I cimiteri, penso. Devi andare in discoteca, mi dicono. Devi conoscere ragazze. Devo conoscere. Devi trovarti una morosa che vedrai che ti cambia la testa. Mi cambia la testa. Tu devi stare bene con le piccole cose. Devo stare bene. Tu devi imparare a vivere semplicemente. Devo vivere semplicemente. Devi… Devo. Io sono stanco. Devo. Io sono stanco di dover fare le cose che mi dicono di fare gli altri quando cercano di trovare un rimedio alla mia diversità. La mia diversità. Io l’unica cosa che devo fare, secondo me, è accettare l’idea che, per fortuna, io sono diverso da voi.