Luca Bonisoli

abita a Mantova. Insieme a due dei suoi migliori amici ha fondato una fanzine che si chiama ZuppaDiZucca (chi voglia pubblicare racconti o poesie inedite può spedirle a: matatic@libero.it: qualsiasi testo decente sarà pubblicato...). Ama CHIARA e non vede l'ora di riabbracciare NASTIA, la bimba bielorussa che lo va a trovare da due anni in estate. Legge il Mucchio, Fenoglio, Remmert e Nori; i suoi dischi preferiti dell'ultimo mese sono Coldplay, Radiohead e l'ultimo dei Belle And Sebastian. Sogna un giorno di laurearsi.

LE ZANZARE SONO D’ACCORDO

Fa davvero caldo stanotte. Le finestre aperte danno sollievo a intermittenza, ma non basta. Sudo lo stesso come una biscia e non riesco a riaddormentarmi. È meglio che mi alzi e vada a fare un giro: la lontananza dal letto, di solito, aumenta la voglia di dormire. Mi muovo stando attento a non svegliarti. Sei così dolce quando dormi. La stanza è buia, ma non del tutto: la luce dei lampioni attraversa le persiane, che teniamo semiaperte. Nelle mattine d’estate, che sorgono dalle nostre notti clandestine, ci piace essere svegliati dal sole ancora fresco e da quella luce gentile, che arriva prima dalla tua parte e ti sveglia. Poi, come al solito, tu ti alzi subito e vai a preparare il caffè; a me, invece, è riservata la parte del sultano: quando il primo raggio arriva a sfiorare anche il mio cuscino, svegliandomi, faccio appena in tempo a pensare, "cazzo, è già ora di alzarsi", che sento la caffettiera borbottare e l’aroma del caffè mischiarsi con il tuo odore, che la sera prima hai sparso tra le mie lenzuola. È un patto implicito, il nostro, non c’è stato neanche bisogno di parlarne. Io ti faccio l’ultima coccola prima di dormire, tu la prima carezza del mattino. Credo che basterebbe quel secondo in cui mi passi la mano sulla testa, vicino all’orecchio, e mi dici che il caffè per il tuo cucciolo è pronto, per fare delle giornate in cui mi sveglio con te, le più attese della settimana. Purtroppo succede di rado, per via di Francesca. Lei stanotte sta lavorando all’ospedale e noi possiamo tradirla. Dico noi, perché è la tua migliore amica: sei tu che ci hai presentato. Hai ragione quando dici che siamo due maiali, io e te, due bastardi. Due bastardi felici. Arrivo in cucina: ieri sera mi hai prosciugato ogni energia e il caldo di stanotte mi sta seccando la gola. Apro il frigo e cerco la bottiglia più fredda, la porto alle labbra, che fino a poche ore fa erano ai tuoi comandi, e lascio che getti violenti mi percorrano l’esofago. Solo tracannando dal collo della bottiglia si provano certe sensazioni: l’acqua gasata e gelida che cola abbondante, mi trapana lo stomaco e alla fine mi acquieta. Mi stacco per un attimo, respirando con affanno. Alcune gocce mi sono precipitate sul petto nudo, e, piano, scendono, procurandomi un piacere inatteso. Ricordano la dolcezza delle tue dita, ma la loro corsa si ferma sull’elastico dei boxer: non osano disturbare la belva. Ritorno all’attacco della Guizza. Inarcando la testa all’indietro, noto uno sciame di zanzare affamate, che stanno festeggiando il mio arrivo e si preparano per un succulento spuntino di mezzanotte. Mentre bevo, la bottiglia di plastica si accartoccia su se stessa per le mie poderose pompate, che farebbero invidia anche a quella slabbrata della Orlowsky. Dissetato, ripongo la bottiglia e posso finalmente manifestare la mia soddisfazione con un poderoso rutto, che mi fa sentire un uomo con i fiocchi. Ora sto meglio. Tra le tue calze, che ieri hai gettato con la classe di una diva, trovo il telecomando, che adesso sa di provolone affumicato. Accendo la tele e mi corico sul divano nell’intento di recuperare la voglia di dormire. Una zanzara si stacca dal soffitto bianco e si dirige verso di me, minacciosa, ingrandendosi a vista d’occhio. A differenza di noi due attacca senza preliminari, dirigendosi verso il mio petto ancora umido, ma, appena atterra, la giustizio con uno schiaffo sonoro: voglio che alle sue amiche arrivi chiaro il mio avvertimento: se osate avvicinarvi questa è la fine che vi aspetta. Alle tele c’è più scelta adesso che di giorno, anche se la qualità media sarebbe fatale per chiunque non sia allenato a sufficienza. Tra le tante cazzate, scelgo il Maurizio, perché c’è il tipo che di solito mi fa ridere. Ci sono anche la Argento, quello degli oroscopi, la biondina che fa Target e i soliti due sconosciuti, uno è il luminare che ci deve insegnare a fare bene qualcosa che sappiamo già fare benissimo e l’altro è una specie di scrittore che presenta un libro strano, che a Costanzo è piaciuto tanto tanto, e che invece fa schifo schifo. A volte mi chiedo se Costanzo i libri li legga al cesso, o cosa. All’improvviso, sento zzzzzzzzzzzzz vicino all’orecchio: è la risposta alla mia provocazione di prima, è un chiaro messaggio che le zanzare non vogliono rinunciare alle loro attività vampiresche. Mi volto di scatto e cerco la nuova martire, ma non c’è più. Risento il ronzio e mi colpisco con rabbia l’orecchio, ma ottengo solo un fortissimo dolore e un’eco lontana si impadronisce del mio udito. Adesso c’è la pubblicità. Cambio canale, guardo i gol della domenica e poi scivolo verso le zone calde. Come al solito, abbondano donnine alla pecora e bei maschioni bagnati, che escono dal mare: ogni spettatore notturno può trovare quello che desidera, per mischiare veglie e voglie. La più gettonata è la Paradiso, che non si sa se sia uomo o donna, ma non importa molto, tanto una così andrebbe comunque con donne e uomini: su un canale fa la faccia da triglia lessa e su un altro propone una crema miracolosa con scritte in cinese: a sentire lei, se te la spalmi sull’arnese, dopo puoi anche piantare i chiodi nel muro. Per fortuna, il mio tarello non mi ha mai tradito e posso cambiare canale con spensieratezza. Però sento uno strano prurito alla mano. Vaccatroia, mi hanno beccato. Adesso mi incazzo. Inseguo una zanzara lenta e la spiaccico sul muro, vicino alle altre: mi lascia una chiazza rossa sul muro e un sapore di vendetta consumata in gola. Da Maurizia a Maurizio. Il tema della serata è qualcosa che riguarda le donne. L’Argento e la biondina rispondono alle certe domande cretine e inutili preparate per l’occasione, ma sono su due posizioni diverse e discutono non so bene di cosa. Quella di target non sta ferma un attimo, dice di sì a tutti, che sono tutti dei grandi e continua a ridere. Che cazzo avrà poi da ridere? Ma si vede come è messa? Per lei dicono tutti cose giustissime e sono tutti simpaticissimi. Te devi essere una gran rompicoglioni, le dico. E lei mi fa sì con la testa almeno cinque volte. Intanto la Argento la guarda con degli occhi molto esistenziali, cosmici, come a dirle, "Aòh, ma com’è che te la prendi tanto? Ciccina, fatti una canna che ti passa che ti rilassi. Te la rollo io". Un’altra zanzara mi punta, ma la schiaccio al volo, che neanche Bernardi dei tempi d’oro... Appena l’ho spappolata, vedo che dal muro ne parte un’altra: sembra che si mettano d’accordo, quelle troie: "Attacchiamo una alla volta, così lo logoriamo". Domani ci penso io a voi, compro gli l’autan e vi massacro. Costanzo chiama in causa quello dell’orchestra, che da piccolo, andando in triciclo, deve essersi stampato contro qualche muro mentre rideva, perché ora si ritrova senza labbra, senza naso, con la faccia quadrata e la voce di paperino. Quelli seduti suonano mentre lui si muove tutto e rema con le braccia nell’aria, sembra che stia annegando. Mi torna sonno. Spengo tutto e mi dirigo verso il letto. Devo sbrigarmi, sennò mi passa l’ispirazione. Prima, però, devo pisciare. In bagno mi guardo allo specchio, mi liscio la pelle e provo a ricordarmi il percorso dei tuoi baci. Nessuno mi ha mai baciato come fai tu, è qualcosa che non so spiegare, a cui non voglio rinunciare. Entro in stanza. Ora il semibuio non mi basta per vedere, così procedo a tentoni, strisciando le dita contro il muro. Appena mi credo al sicuro, accelero i movimenti, ma sento un grosso botto! e una sedia che colpisce uno dei miei punti di pressione. Con i denti stretti e le ciglia aggrottate, aspetto che il dolore mi salga dal piede. Ti svegli. "Mmmmhhh, cos’è stato?" mi chiedi con la voce impastata. "Niente, ho solo spaccato una sedia con una mignolata. Dormi pure" "Mmmmhhh" fai tu, mentre ti distendi aprendoti. So cosa vuoi. Comincio dai i piedi e ti risalgo lentamente, fino alle tue cosce. La tua pelle diventa sempre più soffice e sa di buono. Mi concedo pochi istanti sul tuo ventre piatto e sul petto scolpito, mentre con le mani ripercorro il sentiero appena tracciato con la bocca. Delicatamente, mi corico al tuo fianco e ti accarezzo, dalla testa alle guance, disegno un paio di cerchi con le dita e risalgo, fino alla tua bocca. Tu fingi di dormire già, ma un sorriso appagato ti tradisce e mi baci la mano, senza parlare. "Marco, hai i piedi che sanno di provolone", ti dico. "Mmmmhhh?" "Domani prima di andare a lavorare, facciamo la doccia insieme, ok?" "Mmmmhhh..." Ti bacio sulla fronte: "Adesso dormi".