Faith Persiano

Sono Faith Persiano, e sono nato a Torino il 13 luglio del 1977. Studio giurisprudenza.
Ogni tanto, di sera, mi ritrovo schifosamente solo dentro una stanza di 7 metri X 5.
Non fraintendete, non è che mi dispiaccia, anzi, NE HO BISOGNO! In queste serate il mio posacenere divora mozziconi, e con la dolce compagnia di una birra di sottomarca, assiste impotente al mio tentativo di infilare, una dietro l'altra, quattro parole di senso compiuto, con l'assurda pretesa che possano un giorno diventare qualcosa di originale ed evocativo. In attesa di terminare l’università, l’idea di raccontare delle storie nasce come necessità, e in breve diventa un sogno. Se mi vuoi leggere vieni su www.faithpersiano.com .

Tempo e voglia............
Scrivo..........
Perché devo.
Per scaricare.

Per onorare lo spirito di John Fante.
Perché mi sono accorto che solo scrivendo riesco a catturare alcuni lati
delle cose che altrimenti non vedo.
Perché mi piace esplorare il lato contorto delle cose.
Perché la notte è più bella del giorno. E io riesco a scrivere bene solo di
notte.
Birra, ora mi andrebbe una birra.

ANGELI
I
"Due caffè e un succo d'albicocca al quindici, ancora un toast prosciutto e formaggio al quattro e il conto per i due signori seduti vicino alla toilette, per cortesia!"
"Dieci, quello è il tavolo dieci, Carla!"
"Scusa, Roby, non me lo ricordo mai.."
"E' perché devi smettere di pensare agli uomini."
"Sì, sì…."
Ogni volta Roby ripeteva questa frase, e Carla schivava velocemente la domanda. Non riusciva mai a capire fino a che punto si stesse scherzando. E poi lei un fidanzato non ce l'aveva, ma lui non lo poteva sapere.
La verità era che questa domanda la imbarazzava parecchio, perché Roby era "un gran bel fico", come diceva Claudia, l'altra cameriera del bar. E di sicuro un gran bel fico non poteva avere occhi per lei, una ragazza COSI' insignificante. O almeno questo è ciò che lei pensava di se stessa.
Certo la stanchezza non le giovava; vedere allo specchio due occhiaie grosse come crateri era deprimente. Gli occhi due fiamme fioche che non davano più luce.
Comunque l'imbarazzo era un problema di un secondo, essendo il pomeriggio al Coco Loco un interminabile viavai di gente. Era raro chi si fermava per una ventina di minuti: un vero calvario per le due cameriere. E così, Carla, con una matita infilata tra i capelli, scivolava con naturalezza tra i minuscoli e affollati tavolini rotondi del locale, con gli occhi scavati dalla stanchezza di una notte insonne e lo sguardo duro di chi sa di dover arrivare alla fine della giornata di lavoro.

"Come sta tuo fratello, Carla?"
"Bene, parecchio bene."
"Davvero?"
"Certo, perché non dovrebbe?"
"Guarda che noi due siamo amiche, con me ti puoi confidare. Sfogare."
"Te lo giuro, Claudia, sta benissimo, non mi dà problemi!"
"Ti credo sulla parola…. solo che hai due occhi …."
"Sai, ho appena chiuso una giornata di lavoro e il bar è sempre più affollato!"
"A chi lo dici!"
"Senti, devo andare a casa. Ti saluto."
"Aspetta, dimmi solo se per stasera posso contare su di te."
"Non so, sono tanto stanca. E non ho ancora parlato con la signora Nuzzo per Riccardo.
Senti, facciamo che se riesco a liberarmi ti chiamo."
"Dai, vieni! Fabio è un tale fico! Ah, e poi stasera porta un suo amico, mi ha detto che si chiama Faith."
"Hmmm … non so …… mi sembra un nome stupido…..Vedremo. Ciao."

Quando arrivò a casa Ricky gli saltò al collo. Era sempre affettuosissimo quando sua sorella tornava a casa, voleva poterla stringere, e pretendeva a tutti i costi che lei gli narrasse la sua giornata per filo e per segno.
Carla, per farlo divertire, inventava sempre una storia su un cliente strambo che aveva fatto questo, o aveva detto quello all'altro.
"Sai, Ricky, oggi è venuto uno che secondo me era proprio matto!"
E lui faceva una graaande risata. "Racconta, dai, racconta!"
"Io gli stavo servendo un caffè e lui mi dice: "Vuoi volare con me?"
Un'altra grande risata.
"…e allora io gli dico: 'ma guarda che non si può volare così come se niente fosse. Per poter volare dovresti avere un paio d'ali come gli angeli'. Ma lui mi guarda e mi dice che è un angelo e che era venuto da me per portarmi via in un posto pieno di ragazzi che giocano a pallone dove saresti potuto venire anche tu e avresti potuto conoscere tanti amici, e avere tanti giochi e…."
La sua storia continuava e le risate di Riccardo si levavano sempre più alte, inframmezzate da versi di stupore e di meraviglia. Quel bambino era la sua gioia: un angelo- lui sì che era un angelo- di quindici anni, con l'innocenza di un bambino di sei.
Un handicappato.
Carla non lo avrebbe mai definito un handicappato, perché alle sue orecchie era un'ingiustizia sentire il suo angelo chiamato così. Non che ritenesse la parola un insulto- nonostante dalla bocca di alcuni talvolta uscisse in modo offensivo - ma semplicemente per lui era troppo poco, non esaltava la sua bellezza.
E allora lei poteva solo chiamarlo 'angelo' o 'bambino', le uniche due parole che esprimevano la tenera idea di incontaminazione; le uniche in grado di rendere giustizia al suo candore, alla sua pura ingenuità, al suo essere sempre malandrinamente innocente.
Carla viveva in un alloggetto in periferia, piccolo, ma confortevole, con il suo fratellino. Aveva trovato lavoro in quel bar grazie all'interessamento della sua vicina di casa, la stessa che gli dava un aiuto durante il giorno, tenendo d'occhio il "piccolo" Ricky durante le sue ore di lavoro: alla signora Nuzzo non dispiaceva affatto quella responsabilità, perché, diceva lei, le dava l'occasione di tornare ad essere mamma ancora per un po'. E pure quel gran brontolone di suo marito, che ormai parlava solo più per imprecare durante le partite di calcio, si sentiva un poco meglio quando l'allegria del suo angelo gli riempiva la casa.
Quella sera, dopo cena, squillò il telefono.
"Pronto?"
"Tesoro, sono la mamma!"
"Ciao, mamma.
"Come stai?" "Chi è?"
"Sono un po' stanca, ma sto bene." "Chi è?"
"Hai lavorato anche oggi?" "Chi è?"
"Certo, lavoro tutti i giorni!" "Chi è?"
"Tesoro, così ti rovinerai la salute!" "Chi è?"
"Non ti preoccupare per me.
E tu come stai ?" "Chi è?"
"Oh, molto bene. Oggi io e Claudio abbiamo visitato un isoletta bellissima, sai?" "Chi è?"
"Ne sono felice, lui come sta ?" "Chi è?"
"Bene, ma cos'è questo rumore?" "Chi è?"
"E' solo Riccardo che fa i capricci. Gli vuoi parlare?" "Chi è?"
"Un'altra volta, grazie. Il mio assegno ti è arrivato?" "Chi è?"
"Sì, sì, è arrivato, grazie. Ricky ti vuole parlare, non vuoi regalarglielo un saluto?" "Chi è?"
"Salutamelo tu, per favore; io ora ti devo lasciare.
Ho telefonato solo per l'assegno, sono di fretta !" "Chi è?"
"Ma è questione di un secondo…" "Chi è?"
"Ci vediamo per Natale, tesoro. Ciao!" "Chi è?"
"Mamma!" "Chi è?"
Aveva riattaccato.
"Chi era?"
"Era la mamma, Ricky."
"Che voleva?"
"Dirti che ti vuole tanto bene."
"Ooooohh.."
Il suo angelo non aveva la minima idea della crudeltà del mondo al di fuori delle mura di casa sua. Per questo dono che gli era stato concesso dal cielo lei più volte si era scoperta ad invidiarlo.
Il suo angelo aveva una pelle bianca e rilucente.
"Carla?"
"Sì, tesoro, dimmi."
"Come è fatta la mamma?"
Una morsa le si strinse attorno alla gola, e restò per qualche secondo pietrificata davanti allo sguardo incuriosito di lui.
Poi se lo strinse forte in un abbraccio, e solo allora le sembrò di riuscire nuovamente a respirare.
Il mondo cattivo stava minacciando la pelle del suo angelo, e lei non lo poteva permettere.
"Vedi, tesoro, la tua mamma è bella, ma che più bella non si può. La sua pelle è bianca come il latte ……."
Quella sera l'avrebbero trascorsa in casa, lei e il suo bambino a fantasticare sulle meraviglie del cielo e del mare, la signora Nuzzo avrebbe potuto godersi le urla di suo marito e la partita di pallone e domani mattina presto avrebbe telefonato a Roby per dire che non sarebbe andata al lavoro.
Che Fatti…. Fett….Fott dal nome idiota andasse a farsi fottere!

II

"Allora, come hai passato la serata di ieri?"
-Sospiro-
"Claudia, mi senti?"
-Sospiro-
"Terra chiama Claudia. Terra chiama Claudia. Abbiamo un'emergenza. Cliente che non ha consumato al tavolo 11."
"Come?"
"Buon giorno, cara. Sei pronta per cominciare a lavorare?"
"Oh, certo!
Scusa Roby, ma ho la testa tra le nuvole, oggi."
"Non ci credo!"
"Sai, ieri sera ho conosciuto un ragazzo bellissimo. Non riesco a levarmelo dalla testa."
"TAVOLO 11. DI CORSA!"
"Volo!"
Appena la sua cameriera girò le spalle, Roby si lasciò sfuggire un sorriso segreto. Adorava lavorare con queste ragazze, dure come il diamante, ma sempre profondamente rapite dai loro sogni più intimi. Forse era l'unico motivo per cui non aveva ancora venduto quel maledetto bar.
Non ne poteva più di tutte le facce di culo che gli capitavano davanti ogni giorno, e spesso si tratteneva a stento dall'annullarle con un proiettile di sottile cattiveria. Tanti piccoli fastidiosi inutili figli di puttana con le loro belle stronzate sempre pronte".
Carla: "Quel signore ieri ha vinto cinquanta milioni con un Gratta-e-vinci"
Roby: "Quel bastardo lì?"
Carla: "Sì, quello"
Roby: "Quello ha un culo così largo che se lo rade rimane appiccicato alla sedia come fosse una ventosa."
Carla: "Schifoso!"
Roby riusciva a essere minimamente simpatico solo dentro il suo bar. Fuori non c'è nulla da ridere.
Ma odiava quel bar. Era della sua ex moglie. Lui odiava la sua ex moglie, e quindi vaffanculo anche al bar. Ma per farle rodere il fegato aveva lottato come un diavolo per tenerselo. E aveva solo più questo. Ci dormiva, ci mangiava, ci portava le donne, ci guardava le partite.
Ci pregava quando girava male.
Ci pregava spesso.
Non ci pregava più.
"Claudia! Ti ho detto di prendere le ordinazioni all'11!"
"Vado, vado. Non ho mica le ali!"
"A me stanno per spuntare!"
La ragazza non si sapeva proprio gestire da sola. Testa tra le nuvole, gravità zero e troppa voglia di vivere perché si possa divertire davvero. La vita è accontentarsi: viaggiare con la mente, non con le gambe; farti piacere quello che non ti accorgi essere stupendo e idolatrare l'accessibile.
"Buonasera signor Roberto!"
"BUONGIORNO, signora Deuitti!"
"Mi darebbe, per cortesia, una camomilla per me e un po' d'acqua in una scodella per il mio tesoro?"
Il ringhio del cane vicino alla vecchia signora era cominciato non appena aveva oltrepassato la porta, e non sarebbe cessato fino a che la bestia non avesse avuto davanti la sua acqua. Allora sarebbe cominciato quel fastidioso schioccare di lingua che fanno i cani quando bevono. Ancora peggio.
"Ssssubito, signora!"
Vecchia scema, continua a bere camomilla, come se non fosse già abbastanza rincoglionita dagli anni e da quel ramarro peloso che si ostina a chiamare cane. Che è pure lui rincoglionito come un missile. Ogni giorno la stessa storia: la vecchia il cane la camomilla l'acqua il suo tumore che le consuma il cervello. Quanto zelo, Signore, non ti dovevi disturbare così tanto per una persona così piccola. Tanto era fuori di testa pure prima.

Lo scherzo più cattivo della vita. Inutile e crudele guinzaglio stretto. Oppiaceo dannoso per la società, letale per le cellule cerebrali del governo, ma altamente nutritivo dell'animo umano del singolo. Il sogno è un nemico del controllo, impedisce una razionale previsione degli atti quotidiani, creatore di incertezza è incommensurabile alla scienza esatta della normalità. Un fastidio tremendo per tutti gli adoratori della tranquillità, per noi noiosi che aspiriamo ad un ordinato mettersi in fila per uno dietro alla polverosa cassa di un bar. A Roby non importa.
Dietro la cassa: è il suo regno, il suo altare personale, piedistallo di un distaccato arbitro, impiegato disumanizzato. Un'ottima occasione di essere giuria senza poteri, forte di potente moralità popolare. Non sono altro che un predicatore da bar sport.
Realtà.
"Claudia, questo cazz… di 11!!"
"Claudia! Claudia!"
Niente da fare, silenzio assoluto, non un'eco, non una risposta.
Autogestiamoci. Va di moda.
"Desidera?"
"Vaffanculo."
"Prego?"
"No."
"……"
"Sto aspettando da tre ore."
"Sì, certo. Ehf, sono desolato. Vede, oggi siamo senza una cameriera." Un gran bel grazie a Carla.
"Pezzo di cretino, non voglio consumare."
"Certo.
Vede, se si vuole sedere, deve consumare."
Restare qui a farsi insultare da questo vecchio barbone. Bell'affare!
"Pensi di essere bello tu?"
"Come?"
"Siediti! E' te che aspettavo!"
"Me?"
"Già"
Trovarsi seduto a un tavolo del proprio locale era… imbarazzante; un paio di occhiali che non sono i tuoi, una canzone mai sentita. Tutto intorno assume contorni indefiniti e opachi colori sconosciuti, le forme distorte. Seduto sul sedile posteriore della propria auto. Di fronte un uomo malridotto, dall'età indefinibile; un berretto sul capo evidentemente calvo, occhi chiari dipinti su un viso scolpito sulla fatica. Fatica per cosa?
Un prete pagano che dice:
"Prete pagano"
e ti guarda con gli occhi di un avo deluso.
Mormora canti di sfida ma non vuole combattere. Bene, io non ne sono capace, e son troppo vecchio per imparare, ormai.
"Guardati intorno", ma intorno non c'è più. Non vecchi ricordi, né nuovi volti, solo un nulla trasparente e non luminoso, spezzato da effluvi giallastri laddove prima erano uomini. Nessuna droga, nessun veleno concedono simile oblio. Sofferenza e beata tranquillità nel contemplare un vuoto sfumato in luogo di ampi spazi compressi. Sia quel che sia non uscirò mai da qui, perché ho trovato la pace cui anelo , il forte e travolgente sentimento che non mi fu mai permesso.
"Sbagliato" dice, e già so che mi verrà negato il nirvana raggiunto così facilmente, regalato in un frangente inatteso, che tanto amo e tanto vorrei stritolare tra i ricordi avvizziti di una vita che non mi appartiene più, così da essere una giusta via di mezzo.
Ma il mio sentire si fa labile, e un circuito si chiude tra di noi, cosicché i miei occhi non sono più i miei occhi, e sono alle mie spalle, che non sono più le mie spalle. Ci si rispecchia il mio corpo, o forse qualcosa di diverso, qualcosa di maggiormente spirituale. Ecco, essi sono ancora lì, ma io non più. Il flusso di concetti mi rimbomba: il percorso è lungo. Dalla mente agli occhi, poi fuori di me alla mia anima, e ancora attraverso gli occhi, fino alle viscere. Tutto è rallentato, e mi permetto di comprendere, mi prometto di ricordare questo momento di divinità. Voglio conservarlo per quando nuovamente sarò carne, per rispettare la violenta trascendenza che scorre nel nostro sangue, viziosa compagna del mio soffrire.
Mi chiedo maliziosamente come guardarmi ancora intorno, ben sapendo che tutto ancora sta al suo posto, incorporando le melodie che sento fuori o dentro, dimenticando forse che in fondo ormai fuori e dentro non ha senso, perché tutto è me ed io giungo a tutto.
"Malizia" egli mormora, e mi fa consapevole della differenza. Capisco il perché dei limiti imposti, e odio la meschinità della natura che impone un'ostinata ricerca della logica negli atti umani, ricerca inutile di un capello bianco su un capo canuto. La verità è in bella vista ed alla portata di ognuno. L'ingegno è fuorviante, non ha riscontro fattuale la scienza esatta, e la fortuna è degli idioti, la salvezza dei semplici, la comprensione ai disinteressati. Era così difficile? Bastava allontanarsi dall'uomo per avere quello che non si è chiesto, per non dover mai pensare che IO VORREI.
Egli mi spara "Adesso basta" ed il mio istinto entra nella spirale discendente, perché chi l'ha detto che la fortuna, la salvezza, la comprensione stanno in alto? Aspetto il bacio della realtà, che assaporerò ad occhi chiusi, per non vanificare le esperienze. Forte di polmoni gonfi per non disperdere le essenze. Ma naturalmente sono nuovo di questa provincia dell'ignoto, e costantemente fuori da un tempo che non scorre, ma è ritmico anche da fermo. E non so se è vero quel che penso, quel che scrivo, quello che non dico. Sento solo che sento che è valido quel che sento. So che sto rientrando, ma sento che per ora sono ancora in anticipo, così mi prendo un attimo di me.
E lo vedo, adesso. Quando ero solo carne lo sapevo, ma non lo vedevo. Ma adesso sono di più, o di meno, e adesso lo vedo. E lui, il mio maestro che con poche lettere sa comporre tanti concetti mi ci guida da un po', perché lui già aveva tutto chiaro, ed è/non è qui proprio per questo.
Adesso sì che siamo alla fine, e ce lo possiamo dire con pari dignità e franchezza, che siamo i generali di un esercito senza nemici, io e me stesso.
"Sono vuoto", sussurra tristemente la mia voce.
Alzo lo sguardo e vedo un berretto. Giro la testa e vedo un vecchio barbone calvo che esce, ma resto seduto.
Claudia arrivò con un taccuino e una matita:
"Desidera?"
Lo sguardo di Roby era fisso, sbarrato.
"Roby, che cavolo ci fai qua?"
"Ti aspettavo.
Ti voglio bene."

III

"E' così triste l'inverno, non trovi?"
"Perché?"
"Guarda fuori. Ogni sera cala la nebbia, e non riesci a distinguere nulla a più di venti metri."
"Diciamo cinquanta."
"Che differenza vuoi che faccia?"
"Scherzi? C'è una bella differenza! Sai quante brutte facce in meno puoi vedere?"
"Non capisci."
"Probabile. Non sarebbe una novità."
"Smettila! Quello che voglio dirti è che questi momenti mi mettono tristezza perché aumentano la distanza tra le persone. Normalmente non ci pensi."
"Cosa vuoi dire?"
"Voglio dire che capita ogni giorno che incontri una persona e non gli dai occasione di esprimersi al meglio, di farti vedere in cosa è speciale.
Ieri ho visto un ragazzo davanti al bar dove lavoro."
"Ci hai parlato?"
"No! E' proprio questo il punto! Lui mi ha guardato…. con interesse. No, non con interesse, mi ha guardato come se fossi un regalo che non gli era stato fatto da bambino, come se fossi un amico che credeva in Nuova Zelanda."
"E poi?"
"Niente. Ha guardato il muro davanti a lui, sorridendo. Come se avesse fatto un pensiero assurdo."
Lui si alzò dal letto, scostando le lenzuola con un gesto plateale.
Lei a queste cose non era abituata, ma aveva capito di avere a che fare con un tipo un po' fuori dalla norma.
Dopo avere acceso la diciannovesima sigaretta della giornata - discretamente teatrale- Lui disse:
"Quell'uomo aveva un grande bisogno di fare sesso, e in te ha visto un tipo di ragazza che non aveva mai ambito.
Prima.
Sono geloso."
"Vieni qui, dottor Freud!"

"Cosa volevi dire, prima?"
"Prima di cosa?"
"Prima. Quando hai parlato di ambire una persona."
"Prima del sesso?
Ho parlato di sesso: di uno che voleva fare sesso con te.
Anzi, ne hai parlato tu:"
"No, deficiente. Prima hai detto che quella persona che ho incontrato- com'era?- ha visto in me una ragazza che non aveva mai ambito. Cosa vuol dire?"
Lei si era messa a sedere sul letto, e tenendo il lenzuolo con una mano aveva ruotato ad angolo piatto, di modo da avvolgercisi. Adesso lo guardava curiosa, quasi meschina nella sua ricerca di conoscenza.
Perché le donne fanno così tante domande? Non ti danno il tempo di assimilare il frame temporale, di assorbirlo per gustarlo. Sono voraci, e volere tutto subito fa finire il piacere troppo in fretta.
Non gli andava di scoprirsi così, di cominciare a confrontarsi subito.
Ma tant'è, quando vuoi esagerare la battuta metti in conto il rischio di doverti prendere le tue responsabilità, e devi accettare l'approfondimento.
Lo sapeva bene questo, ma da contrappeso fa l'accidia.
Lei guardava curiosa, ed era COSI' BELLA adesso!
"Niente, non voleva dire niente."
"Dai, non fare lo stronzio!
DIMMELO!"
Un pugno sul ginocchio di lui.
"AHI! SEI STUPIDA O COSA?"
"DIMMELO!"
"VAFFANC…"
Cambiare tattica: lei si alza e lo guarda con stizza. "Povero stronzio- le si legge in faccia- non sai riconoscere un bel momento neanche se ti dà dei pugni sulle ginocchia."
Forse è un problema di percezione del tempo a non permetterci di comunicare. Non necessariamente tra sessi diversi, sia chiaro. Tra persone diverse. Lei aveva creato, solo con i suoi movimenti, un fitto intersecarsi di filamenti invisibili nella stanza e ci si sapeva muovere con decisione e sicurezza, ma anche con grazia infinita. Lui in punta di piedi, cercava di calibrare ogni parola, ma ci si impigliava continuamente. Mentre lei danzava completa e leggiadra, lui non riusciva ad intonare una nota armonica a quella precedente.
Ma lei era COSI' BELLA anche da arrabbiata, ed ogni difesa avrebbe ceduto.
"Dai, non fare così! Non mi piace che mi si prenda per il culo. Se proprio vuoi te lo dico, ma non mi va di cominciare un discorso da due ore sulle differenze tra uomo e donna. In questo momento mi sento bene, qui…. Con te.
Se litighiamo mi tocca vedere un film in seconda serata. Non mi va, preferisco io e te, scherzando."
Accidia. Sì, è accidia. Troppo pigro per pensare seguendo uno schema imposto dalla mente. Non mi va di seguire principi come causa ed effetto, atto e potenza. Tutto e tutto insieme nello stesso posto, nello stesso istante. Entropia. No, CAOS.
Danzando, lei gli era già passata attorno più e più volte, e se si avvicinava lui percepiva che lo scrutava fino a dietro gli occhi, aspettando un cavaliere per una figura complicata. Non stava ferma come sembrava, no; stava illuminando la stanza.
"Allora?"
Lui sbuffò, finto annoiato. Stava ANCORA prendendo tempo.
Lei si voltò triste. Sentiva lo sforzo di lui troppo debole.
Improvvisamente parve chiaro a entrambi che i filamenti luminosi si stavano allentando, e lui comprese che non lo avrebbe tollerato.
Si alzò dritto sul letto, scese con un salto e si avviò in cucina, per bere.
"D'accordo!"
Aveva deciso di ballare, ed aveva scelto un ritmo di tango. Per dare spettacolo.
"Io credo che non sia la nebbia a ridurci la visibilità, ma è una nostra precisa scelta.
Quando stai…..Quando sto davanti ad un'altra persona scelgo sempre il modo errato di vederla; di questa persona ci saranno sicuramente aspetti simili ai miei, ed altri opposti. E' questo che vedo quando li guardo. Soppesarli su una bilancia tutta personale, fatta di convinzioni, ma in fondo motivata egoisticamente, ti porta ad un'analisi troppo fredda, lontana. Non so da cosa, ma lontana.
Qualcosa.
Qualcosa che ci attira.
Sentirlo.
Farlo scorrere di più.
Attingervi,
Per far fluire via qualcosa anche da noi."
Non era sicuro della reazione, ma sapeva che si era comportato bene. Il momento di silenzio del pubblico era assicurato fin dall'inizio; ed era ora da godere con tutta la tensione di chi non sa se sta per arrivare il plauso od il brusio.
"Ma non è così facile, non riesce quasi mai.
Suppongo, però, che ogni tanto trovi il modo dentro di te; o forse una persona…. Diversa, magari migliore, ti ci può coinvolgere."
Caschè!
I passi giusti, la magia della musica e un buon bicchiere di whisky avevano fatto il miracolo, e per la terza volta la serata prendeva adesso la giusta direzione.

"Ci pensi, a volte, a quelle teorie strane come la reincarnazione?"
"In che senso strane?"
"Sì, vaccate come il mantra, il karma, il kamasutra, il tantra, la new age e i dischi di Claudio Baglioni . Tutte quelle cose troppo spirituali per avere una dimensione concreta e così mitizzate da voler fondare nuovi stili di vita."
"Sei pazzo!"
"Senz'altro.
Ci pensi?"
"No, a parte Baglioni, le considero cose inutili."
"Eppure hanno un certo fascino. Deve essere la loro semplicità!"
"Guarda che mi hai parlato di kamasutra!"
"Senti, bella, ti posso snocciolare decine di posizioni seduta stante!"
"Buffone!"
"Yeah!"
Subito dopo scese il silenzio.
Possibile che tutto fosse già finito?
Comunicazione ristretta, tre grandi scopate.
Che casino a volersi scoprire subito.
Il ballo è latino e non gradisce troppe volte lo stesso partner.
"Dormiamo un po'?"
L'aveva chiesto lei, ma leggendogli nel pensiero. Si sarebbe forse superato l'imbarazzo accoccolati ad ascoltare il mare.
Subito dopo il vuoto anche nella mente.
Vuoto.
Vuoto.
Vuoto.
Vuoto.
"Cazzate!"
"Cosa c'è?"
"E' già finito tutto? Non abbiamo più niente da dirci? Possibile che sia tutto qui?
In fin dei conti abbiamo solo parlato di nebbia e di uno che ti voleva portare a letto!"
"Ma sei scemo? Perché non pensi a dormire? Io domani devo lavorare al bar."
"Vattene a casa a dormire, allora!
Qui la notte deve essere calda, e non ci si abbiocca a mezzanotte!"
Lei lo guardò ferita. Poi si alzò e, mandandolo a fanculo con il solo uso del dito medio della mano destra, gli disse: "Voglio proprio vedere come fai a scaldare la tua notte adesso che me ne vado io!"
E aveva ragione cazzo!
Aveva rovinato tutto, e non c'era modo di rimediare.
"Aspetta, non te ne andare! Scusami!"
Dito medio.
"Dai lo hai detto anche tu che sono pazzo!"
"Vaffanculo, sei un pazzo furioso!
Non voglio avere niente a che fare con uno COSI' pazzo!"
"Dai, resta!
Per favore."
Lei gli urlo un insulto così forte che fece tremare i vetri.
Poi si precipitò giù per le scale, diretta verso casa.

Si accese con incredibile teatralità l'ultima sigaretta. E venti.
Ma questa volta gli era venuto naturale.
Sono momenti come questo che aumentano la distanza tra le persone.
E' una nostra precisa scelta.
Suppongo, però, che ogni tanto trovi il modo dentro di te; o forse una persona diversa, magari migliore, ti ci può coinvolgere.
Che casino, a volersi scoprire subito!

Cazzate!
La verità è che sei tu quello che ha paura.
Sei ingordo, e lo nascondi pure a te stesso!
Lo sguardo gli cadde sul lenzuolo, scomposto per terra, e, nudo com'era, ci si avvolse dentro.
Poteva sentire ancora il suo odore, poteva chiaramente avvertire di aver rovinato tutto in modo meschino.
Il momento più bello.
Si affacciò alla finestra e la vide.
Era lì sotto, che si aggiustava i capelli disordinati.
Era bellissima.
Aveva paura di parlarle, di chiamarla, di pensarla.
Ma non poteva smettere di guardarla. Accidia. Sì, è accidia!
Era bellissima.
Ma d'improvviso lei alzò il capo guardando dritto davanti a sé: era pronta a partire.
Lui non poteva permetterlo, ma era impotente.
Così allungò una mano verso di lei, verso il basso.
Non so come sia stato, ma sembra che lei lo avesse percepito, perché in quel momento si giro a guardarlo. E lui, vedendole il volto, capì che si doveva avvicinare di più, e si lasciò alle spalle la barriera della finestra.

Qualche tempo dopo, in un bar dei paraggi, uno dei clienti appese una foto.
Ne andava fiero, perché era la più bella fotografia che fosse mai stata scattata.
Ci aveva vinto anche un paio di concorsi.
Ritraeva il momento in cui una ragazza, bella da morire, fu baciata da un angelo triste, subito prima di scomparire.