LAVORO
DOMESTICO
LA
MATERNITA'
A)
LA MATERNITA' DELLE LAVORATRICI DOMESTICHE ITALIANE
Normativa di riferimento: dlgs. 26/3/2001, n. 151 (Testo
Unico delle disposizioni legislative in materia di tutela
e sostegno della maternità e della paternità,
a norma dell'articolo 15 della l. 8 marzo 2000, n. 53);
CCNL Lavoro domestico 8/3/2001, valido fino al 7 marzo 2005;
D.P.R. 31/12/1971, n. 1403 (Disciplina dell'obbligo delle
assicurazioni sociali nei confronti dei lavoratori addetti
ai servizi domestici e familiari, nonché dei lavoratori
addetti a servizi di riassetto e di pulizia dei locali).
-
La lavoratrice non può essere licenziata dall'inizio
della gestazione fino alla cessazione del periodo di astensione
obbligatoria dal lavoro, e cioè fino a tre mesi
dopo il parto, purchè la gravidanza sia intervenuta
durante il rapporto di lavoro (cfr. art. 25, CCNL lavoro
domestico 8/3/2001 e art. 62 dlgs. n. 151/2001).
-
L'unica eccezione al principio sopra indicato consiste
nella "giusta causa", consistente nella realizzazione
da parte della lavoratrice di mancanze gravi che non consentono
la prosecuzione del rapporto, nemmeno in via provvisoria
(art. 25, CCNL lavoro domestico 8/3/2001).
-
La lavoratrice in stato di gravidanza non può lavorare
nei seguenti periodi (art. 25, CCNL lavoro domestico 8/3/2001;
combinato disposto degli artt. 62, 16 e 20 dlgs. n. 151/2001):
1) durante i due mesi precedenti la data presunta del
parto;
2) in alternativa, durante il mese precedente la data
presunta del parto, a condizione che il medico specialista
del Servizio sanitario nazionale, o con esso convenzionato,
e il medico competente ai fini della prevenzione e tutela
della salute nei luoghi di lavoro, attestino che tale
opzione non arrechi pregiudizio alla salute della gestante
e del nascituro. Adottando questa soluzione, la lavoratrice
ha diritto di astenersi dal lavoro durante i quattro mesi
successivi al parto (cfr. infra, punto 4);
3) durante il periodo cha va dalla data presunta a quella
effettiva del parto;
4) durante i tre mesi successivi al parto (o durante i
quattro mesi successivi al parto per il caso che la lavoratrice
abbia scelto di lavorare sino a un mese prima della data
presunta del parto - cfr. supra, punto 2);
5) durante gli ultimi giorni non goduti prima del parto,
qualora il parto avvenga in data anticipata rispetto a
quella presunta. Tali giorni sono aggiunti al periodo
di congedo di maternità dopo il parto.
-
Durante il periodo di assenza obbligatoria la lavoratrice
domestica ha diritto all'indennità di maternità
da parte dell'INPS, a condizione che:
1) nei 24 mesi precedenti il periodo di assenza obbligatoria
risultino versati (o dovuti) 52 contributi settimanali,
anche se relativi a settori diversi da quello del lavoro
domestico;
2) in alternativa, nei 12 mesi anteriori all'inizio dell'assenza
obbligatoria risultino versati (o dovuti) almeno 26 contributi
settimanali, anche in settori diversi da quello del lavoro
domestico (art. 4, D.P.R. 31/12/1971, n. 1403).
L'INPS paga direttamente l'indennità, senza che
il datore di lavoro sia obbligato ad anticipare le somme
per poi chiedere il rimborso (artt. 22 e 62, dlgs. n.
151/2001).
- La lavoratrice domestica non ha diritto all'assenza
facoltativa per maternità, e cioè all'assenza
dalla fine del periodo di astensione obbligatoria fino
a un anno di età del bambino (art. 62, dlgs. n.
151/2001, CCNL Lavoro Domestico 8/3/2001).
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Durante la gravidanza, la lavoratrice ha diritto all'ordinaria
assistenza sanitaria e ospedaliera a carico del Servizio
sanitario nazionale e può anche usufruire, presso
le strutture sanitarie pubbliche o private accreditate,
con esclusione dal costo delle prestazioni erogate, oltre
che delle periodiche visite ostetrico-ginecologiche, delle
prestazioni specialistiche per la tutela della maternità,
in funzione preconcezionale e di prevenzione del rischio
fetale (combinato disposto degli art. 6, comma 3, e 62,
dlgs. n. 151/2001).
B)
LA MATERNITA' DELLE LAVORATRICI DOMESTICHE EXTRACOMUNITARIE
Normativa di riferimento: dlgs. 25 luglio 1998, n. 286 (Testo
Unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione
e norme sulla condizione dello straniero); D.P.R. 31 agosto
1999, n. 394 (Regolamento recante norme di attuazione del
testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina
dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero,
a norma dell'art. 1, comma 6, dlgs. n. 286/1998); dlgs.
26/3/2001, n. 151 (Testo Unico delle disposizioni legislative
in materia di tutela e sostegno della maternità e
della paternità, a norma dell'articolo 15 della l.
8 marzo 2000, n. 53); CCNL Lavoro domestico 8/3/2001, valido
fino al 7 marzo 2005; D.P.R. 31/12/1971, n. 1403 (Disciplina
dell'obbligo delle assicurazioni sociali nei confronti dei
lavoratori addetti ai servizi domestici e familiari, nonché
dei lavoratori addetti a servizi di riassetto e di pulizia
dei locali).
1)
Le lavoratrici domestiche extracomunitarie regolarmente
soggiornanti in Italia (e cioè in regola con le
norme relative all'ingresso e al soggiorno sul territorio
nazionale) o che hanno richiesto il rinnovo del titolo
di soggiorno, godono dello stesso trattamento riservato
alle lavoratrici italiane (art. 2, comma 3, dlgs. n. 286/1998).
Per queste lavoratrici extracomunitarie, pertanto, valgono
tutti i principi in materia di maternità applicabili
alle lavoratrici domestiche italiane.
Le lavoratrici extracomunitarie regolarmente soggiornanti
in Italia (o in attesa di rinnovo del permesso di soggiorno)
hanno l'obbligo di iscrizione al servizio sanitario nazionale.
L'iscrizione determina piena parità rispetto ai
cittadini italiani per quanto attiene all'assistenza erogata
dal Servizio sanitario nazionale a tutela della maternità
(art. 34, dlgs. n. 286/1998).
2)
Le persone extracomunitarie non in regola con le norme
relative all'ingresso e al soggiorno sul territorio nazionale
non possono essere regolarmente assunte.
Pertanto, la normativa nazionale a tutela delle lavoratrici
domestiche non si applica alla donna extracomunitaria
che si trovi in stato di gravidanza mentre presta irregolarmente
servizio come domestica.
La donna che si trovi nelle condizioni suddette non può
però essere espulsa (salvo per motivi di ordine
pubblico o di sicurezza dello Stato) né durante
lo stato di gravidanza, né durante i sei mesi successivi
alla nascita del figlio (art. 19, comma 2, lett. d, dlgs.
n. 286/1998).
La stessa ha diritto a un permesso di soggiorno, per cure
mediche, sino a sei mesi dalla nascita del figlio. Questo
permesso di soggiorno non è rinnovabile (art. 28,
lett. c, D.P.R. n. 394/1999).
Alla stessa sono inoltre assicurate, nei presidi pubblici
e accreditati, a parità di trattamento con i cittadini
italiani, le cure ambulatoriali e ospedaliere urgenti
o comunque essenziali, ancorchè non continuative,
per malattia e infortunio.
In particolare, è in ogni caso garantita la tutela
sociale della gravidanza e della maternità secondo
quanto previsto dalla l. n. 405/1975 (recante l'Istituzione
dei consultori familiari), dalla l. n. 194/1978 (recante
norme per la tutela sociale della maternità e sull'interruzione
volontaria della gravidanza), dal Decreto del Ministro
della sanità 6/3/1995 (recante l'aggiornamento
del D.M. 14/4/1984, che disciplina i Protocolli di accesso
agli esami di laboratorio e di diagnostica strumentale
per le donne in stato di gravidanza) (art. 35, dlgs. n.
286/1998).
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